Ave Maria!

Carissimi,
mi chiamo Marco Piagentini e vi scrivo da Medjugorje, dove sono arrivato da due giorni, poco prima che inizi la 35° edizione del Festival dei Giovani, un evento capace di radunare decine di migliaia di giovani dai cinque continenti per un intenso programma di preghiera di cinque giorni.

Chi segue questo servizio ha avuto modo sicuramente di conoscere il mio “volto”: appare a posto di quello di “Don Domenico” tutte quelle volte in cui mi dimentico di cambiare l’autore del post : sono infatti l’ideatore di questo “blog” dove sono pubblicate le sue riflessioni quotidiane sul Vangelo, che erano già trasmesse telematicamente da anni attraverso un’altro sito che era raggiungibile attraverso un particolare tipo di QR code di forma “circolare”.

Conoscendo Mons. Sigalini dal 2015 mi permisi di far notare che quella particolare forma di servizio telematico era ormai desueta, che permetteva una fruizione “solo quotidiana” delle riflessioni, senza alcun archivio storico, e quindi come esperto in materia di informatica mi proposi di “ristrutturare” il servizio stesso mediante una tecnologia più attuale che, in aggiunta, permetteva una consultazione storica di tutte le riflessioni, con l’obiettivo di inserirvi, con il tempo, l’intero archivio del suo magistero episcopale, risalendo indietro nel tempo.

A distanza di quattro anni e 8 mesi dall’inizio della nuova forma di servizio telematico attraverso il sito domenico.sigalini.eu, sono presenti in “archivio” 1730 riflessioni, di cui solo una a mio nome (questa) e TUTTE le altre a nome di Mons. Sigalini.

Questo è uno dei tanti motivi che mi hanno spinto a fare questo post esplicitamente a mio nome, perchè evidentemente questa “linea editoriale” si discosta integralmente da quanto ci eravamo proposti nella seguente “pagina” in cui si descriveva più sinteticamente quanto sopra esposto

In ogni caso, in data 1 Agosto 2024 l’attuale servizio viene sospeso per una semplice “pausa di riflessione” come è in genere “comune” in tempo di vacanza per molti servizi, di natura telematica o non: dal 2019 il servizio è cresciuto, ora vi sottende un vero e proprio gruppo di lavoro che permette la pubblicazione di questi contenuti anche attraverso delle emittenti radiofoniche E televisive, e vedo che tale gruppo ha veramente bisogno di un sereno momento di riposto e di riflessione.

Anche come studente di teologia, sono ben consapevole che il Vangelo è un argomento che non può andare “in Vacanza”, ma anche sul Vangelo, in tempo di Vacanza, si può riflettere con tempi più larghi, perchè porti più frutto.

Questa è quindi l’occasione per iniziare a fruire di questo servizio anche in senso storico: siamo già nei “primi vespri” del “persono di Assisi”, e quale occasione migliore per riascoltare i post del 2020, del 2021, del 2022, e del 2023: ve li “raccomando” in questa semplicissima lista:

Proprio così : consultare l’archivio passato delle riflessioni è veramente semplice: basta aggiungere all’indirizzo https://domenico.sigalini.eu l’anno, il mese e il giorno … era infatti previsto di inserie l’intero archivio di riflessioni, che Don Domenico redige su Microsoft Word da prima del 2000, come ad esempio questa riflessione del 1 Gennaio 2006!

Siccome esiste la probabilità che il periodo di “Vacanze” sia particolarmente prolungato, vi segnalo direttamente l’archivio di riflessioni per il mese di Agosto degli anni passati

Come vedete, è ancora più semplice, ma è persino possibile consultare l’archivio per “Evangelista” e per “Versetto”, in questo modo:

Piuttosto che, ad esempio

Per consultare tutte le riflession su “Matteo 13” dell’intero archivio, come avviene per tanti servizi telematici sul Vangelo, e come non mi risulta possa avvenire per alcun archivio telematico di magistero episcopale.

Mi auguro che questa “pausa di riflessione” possa aiutare tutto il gruppo dei “Collaboratori della gioia altrui” a far vero tesoro di quanto “seminato” in questi quasi cinque anni di servizio.

1 Agosto 2024
Marco

P.S. Questo “post” si autodistruggerà fra qualche giorno … a meno che non vi sia una qualche forma di ravvedimento che lo riconosca come un testo fra quelli che “dovevano” costitutivamente far parte di questo servizio.

Cercatori appassionati, scopritori felici e compratori decisi: questi sono i cristiani

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,44-46)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 
Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Audio della riflessione

Ci aiuta sant’Ignazio di Loyola oggi – il fondatore dei Gesuiti: una figura di cristiano che ha illuminato e forgiato la vita, la mentalità, la razionalità e la spiritualità di papa Francesco – a far diventare queste due belle immagini del Regno di Dio che ci propone il Vangelo di Matteo: un tesoro da snidare e acquisire e una perla preziosa da comperare.

Scoprire qualcosa per cui valga la pena di vivere è la cosa più bella che può capitare a una persona ed è la cosa necessaria che dà a tutti la forza per affrontare il rischioso mestiere di vivere.

Sant’Ignazio l’ha scoperto dopo una vita vissuta nell’incoscienza del grande dono che Dio è per l’umanità di tutti e di ciascuno: tante vite sono annoiate perché godono di un massimo di possibilità da realizzare, ma non hanno una molla interiore per decidersi … e questa scatta nell’uomo quando è folgorato dalla verità. 

Il problema non è solo essere liberi, ma essere veri, cioè essere “posseduti” da uno sguardo bello sulla vita da far scattare dedizione assoluta a una causa e in essa incanalare tutte le energie possibili, comprese quelle nuove che si innescano proprio per la soddisfazione di aver trovato qualcosa di bello che ti incanta: è così dello sportivo, del ricercatore, dell’innamorato …

Gesù è stato così nella sua vita: è stato un uomo in cui sono letteralmente scoppiati ideali alti e per questi ha dato la sua vita … e paragona l’uomo a un cercatore di tesori, a un appassionato di cose belle, sorprendenti, capaci di creare felicità.

Non smettere di cercare nella vita: devi stanare da essa i tesori che Dio vi ha messo … solo così sarai felice! I primi cristiani hanno dato la vita per la fede che avevano trovato e che aveva riempito la loro esistenza.

Quando il cercatore di tesori – non il classico tombarolo, come capita da noi – intuisce che in un luogo c’è qualcosa di grande valore, fa di tutto per venirne in possesso! Il Vangelo dice: “vende tutto quel che ha e compra il campo in cui sa di trovare il tesoro” e questo lo fa non con tensione, con avidità, con la furbizia dell’inganno, ma pieno di gioia!

La bellezza per cui siamo creati da una forza di attrazione incoercibile in noi! Così fa l’intenditore di perle … trova, mette in salvo, vende tutto e compera con un atteggiamento: pieno di gioia!

La vita cristiana è gioia soprattutto contro tutta la gente che ci crede rassegnati: Lo fossero tutti come lo sono stati questi cercatori

Di queste esperienze di assoluta dedizione nella gioia è fatto il Regno di Dio: la vita cristiana non è la concentrazione degli scontenti, dei musoni, degli arrabbiati o dei delusi della vita, ma è un popolo gioioso che sa di avere davanti grandi mete capaci di dare felicità e ad esse orienta tutta la sua esistenza, in essa pone i suoi pensieri, per essa costruisce nuove relazioni: non si stanca di comunicare quel che ha trovato, di coinvolgere ogni persona che incontra e condivide con lui passione per il Regno di Dio e chiama tutti a fare festa, la festa della vita.

31 Luglio 2024
+Domenico

Assieme, ma per cambiare

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 41-43) dal Vangelo del giorno (Mt 13, 36-43)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».

L’esperienza di dover convivere nel mondo con molte impostazioni di vita diverse … è un dato di fatto comune ai più piccoli centri, come alle grandi città: la mescolanza di popoli ci ha abituato a vedere modi diversi di vivere, di credere, di fare famiglia, di educare, di pregare …

C’è però da sempre un’altra convivenza che non solo sta all’esterno di noi, ma si colloca pure nella coscienza: la compresenza del bene e del male, di buoni e cattivi, di gente che si comporta onestamente e di gente che offende, estorce, danneggia, fa il male.

Non si tratta di giudicare le persone, ma di fotografare la grande pervasività del male nel mondo!

Zizzania – la chiama Gesù Cristo nelle sue parabole – è talmente radicata nella vita che se la togli, ti strappa via anche il bene! L’estirpazione è una operazione talmente difficile e delicata che non ti permette di avere attenzione a tutto il bene che c’è attorno: quanti di noi proprio a contatto con il male hanno imparato a cambiare il proprio comportamento, a diventare più decisi nel bene … quante persone accostate con pazienza e cuore fermo nella verità, hanno trovato la strada della conversione.

E’ soltanto Lui, Gesù, il giudice che premia e castiga! A noi compete aspettare, lasciare fare … lasciar fare a Lui, il che non significa che ci va bene tutto, che dobbiamo soccombere ai malvagi, agli ingiusti, ma che dobbiamo tenere talmente alta la nostra giustizia e la nostra bontà, da sconfiggere soltanto così il male.

Dio offre conversione attraverso la sopportazione e il comportamento dei buoni, attraverso la loro coscienza retta e l’aiuto a tutti per vedere dove sta il bene : occorre lasciare tempo perché il mondo riesca a decidersi di cambiare!

Anche in casa capita spesso così con i figli, con il marito o la moglie, ne guadagna al bene di più la comprensione, la dolcezza, la pazienza che l’urlo, il castigo, la piazzata.

Non è così purtroppo nei rapporti pubblici, dove segnare a dito, gridare allo scandalo sembra sempre più giusto che aiutare a cambiare.

Essere misericordiosi con i cattivi è collaborare al lavoro di Dio nel mondo!

Alla fine due grandi fuochi illumineranno la scena: quello che brucia il male e quello che farà risplendere il bene! Sarà sempre più grande quello del bene.

Iniziamo un mese Agosto che ci vede in molti riposare, prendersi cura della propria salute e speriamo anche della propria interiorità.

Possiamo portare il Vangelo sotto l’ombrellone o sui monti per rinfrescare ogni giorno l’anima, vivere momenti di solidarietà con chi non può permettersi vacanza, dialogare con chi è solo, non abbandonare la nostra tenacia nel vivere virtuosamente sempre, anche lontano dagli affetti e dai doveri della vita quotidiana.

30 Luglio 2024
+Domenico

Le confidenze di Marta

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10,38-42)

Lettura del Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò.
Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.
Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Audio della riflessione

“Ma credete proprio che io fossi così sciocca da pensare di più a un piatto di capretto arrosto che a Gesù? Quando ritornava da quel covo di vipere che era Gerusalemme, la mia gioia saliva alle stelle … e che facevo? Tutto quello che fa ogni mamma! Ti vedo calato di peso, che hai? Mangia. Hai dormito stanotte? E in questi giorni ti hanno ascoltato? Hai trovato un posto tranquillo per riprendere forze? Ma questa tosse è un po’ che ce l’hai? Non mi piace proprio … E io che dovevo fare? Dimenticavo me stessa, la mia stessa anima per occuparmi di Lui. Sì, forse ero troppo ingombrante, occupavo io tutta la scena, quasi non lo lasciavo parlare. Temevo che un giorno o l’altro non sarebbe più tornato da Gerusalemme: si era fatto troppi nemici! Mia sorella Maria è sempre stata una sognatrice. Lei lo aspettava, ma non sapeva neanche prendergli il mantello e scuoterne la polvere: le si riempivano subito gli occhi di lui! non diceva né faceva niente, le bastava stare a guardarlo e lasciarlo parlare. Ne era innamorata pazza. Un giorno ha sperperato un capitale di profumo costosissimo per ungergli i piedi: non si accontentava di lavarglieli, non si curava di ciò che diceva la gente … anche lei come me aveva paura che prima o poi non sarebbe più tornato. E l’ha proprio indovinata perché poco dopo non avremmo potuto nemmeno accostarne il cadavere, quel giorno nefasto di Parasceve. A me faceva rabbia questa sua calma, per lei i mestieri di casa si fanno da soli.  Lei rimane incantata … ma se non ci fossi io! E quando è morto Lazzaro? Sono stata io a reagire subito, a correre incontro a Gesù: li era rimasta in casa, senza forze, senza speranza. Era stata ferita nell’amore: quei 4 giorni di sepoltura, avevano sepolto anche la sua forza di reagire! Quando Gesù ha visto me mi ha subito detto di affidarmi a Lui e io l’ho fatto. Lui era la forza che mi aveva sempre tenuto in piedi. Ancora una volta era riuscito a tornare da Gerusalemme, e mi ha subito detto di chiamare Maria. Sono stata io a dirle “il maestro ti chiama”, Mi faceva pena. E Gesù ci ha restituito Lazzaro, ma con quel dono che ha fatto a noi si è firmato la sua condanna: Non lo avremmo più visto dopo quel giorno! Abbiamo pianto tanto assieme quando ci hanno riferito come ce lo hanno ammazzato a Gerusalemme. Era il centro della nostra vita. Io mi affannavo ancora per la casa, ma per chi? Maria restava muta, ma per chi?”

Non so se questo dialogo con Marta ci aiuta a sciogliere i nostri tormentoni; contemplazione o azione?

Sicuramente c’è un insegnamento inequivocabile: tanto l’azione che la contemplazione devono avere al centro Lui, Gesù! Nessuno deve occupare la scena, è solo Lui che la riempie tutta.

Noi con le nostre caratteristiche umane, le nostre doti, i nostri modi di essere gli faremo un posto, quello centrale, ma con qualità diverse: l’importante è che Lui sia il centro! È lo Spirito che delinea in noi in maniera originale per ciascuno i tratti della sua umanità, ci conforma a Lui in termini assolutamente originali, a seconda della nostra storia, la nostra docilità … Lo Spirito vince le nostre resistenze, orienta i nostri progetti a Lui.

Si può stare ad agire riempiendo noi la scena o si può stare a contemplare per trattenere: si deve invece sempre agire e contemplare per amore.

Una azione che non ha al centro Gesù ha il fiato corto! Una contemplazione che si ripiega su se stessa diventa subito sterile anche per chi la vive.

La parte migliore da scegliere è Lui e questo ce lo dobbiamo sempre rinnovare nella coscienza, nei segni, nei gesti, nel nostro programma, nei pensieri, nelle preoccupazioni, nelle stesse nostre strutture.

29 Luglio 2024
+Domenico

Il primo segno di Gesù, pane di vita è la scorta di un ragazzo per la sua fame

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,1-15 )

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Audio della riflessione

Riesco abbastanza facilmente ad immaginare la spontaneità, la concretezza e la generosità di quel ragazzo mescolato alla gente con una bisaccia piena di pane e qualche pesce. È tra la folla che segue incantata Gesù. È troppo bello quello che dice, ci si trova troppo bene ad ascoltare parole che ti scendono nel cuore e te lo fanno vibrare. Lui, il ragazzo ne ha sentito parlare: ha una vita davanti, va tutti i sabati in sinagoga a ripetere e cantare versetti, qualcuno ogni tanto lo prende e lo molla con qualche lavoro.

Ma ha sentito parlare di Gesù. È uno che parla chiaro, che va giù duro, che non fa la solite raccomandazioni di galateo. Lo voglio sentire anch’io, voglio vederlo anch’io, voglio partecipare alla festa dell’esserci. E va, diremmo noi oggi, se non fosse irriverente, al suo grande concerto rock, all’incontro con qualcuno che lo infiamma, che lo fa sentire vivo. La quotidianità ritornerà ancora, non c’è dubbio: la ricerca di lavoro, il tirare a campare, lo stare a raccontarsi, il sentirsi addosso gli adulti con le loro infinite raccomandazioni… ma lasciatemi andare.

E parte, ma nella sua concretezza si prende una scorta di pane e due sardine forse. Sa che gli viene un buco nello stomaco, una fame da morire certe volte, soprattutto quando la vita va a cento.

Ascolta Gesù che parla, si mescola alla gente e gli viene fame; apre la sua bisaccia: è il momento in cui tra gli apostoli si diffonde il panico. Gesù li provoca: occorre dare da mangiare a questa gente. Sì e noi che ci facciamo, dice il solito disincantato e concreto Filippo. L’unico che sta bene è questo ragazzetto qui, più saggio di tanti adulti, si sta mangiando i suoi panini. Immagino questo ragazzo, colpito dalla requisizione dei suoi panini, che forse, entusiasta di Gesù, non la ritiene un furto, ma un favore da fare a Gesù.

Il vangelo non racconta che cosa è successo in quel momento. Sta di fatto che quei cinque pani e quelle sardine arrivano a Gesù: il ragazzo nella sua concretezza, semplicità e generosità mette a disposizione. E tutti mangiano, e tutti si saziano, e tutti si scatenano e si scaldano. Erano solo la scorta di un ragazzo per la sua avventura in cerca di vita, diventano il segno di un pane insaziabile, che è Gesù.

Mi pare molto bello che una prima immagine del pane eucaristico sia proprio stata provocata dalla scorta per la fame di incontro e di ascolto di Gesù di questo ragazzo pieno di voglia di vivere. Erano una debolezza di fronte al problema, sono diventati per Gesù la forza, la prima centralità data a un segno che poi Gesù all’ultima cena realizzerà come suo corpo e suo sangue.

28 Luglio 2024
+Domenico

Tolleranti e pazienti perché cristiani, come vuole il Maestro

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 24-30)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo:
«Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.
Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”.
E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio”».

Audio della riflessione

Il mondo è sempre mescolato di bene e di male, di gente saggia e di gente stolta, di santi e di peccatori, di onesti e disonesti. Si impone al cristiano come ci si deve collocare entro questa miscela di bene e di male. Nessuno ha dubbi che ci si debba sempre sporgere verso il bene, sceglierlo, farlo diventare lo scopo di ogni nostra azione, verso la verità e non la menzogna, verso il grano buono e non la zizzania, la  gramigna, l’erba che intossica.

Gesù al riguardo ci presenta una parabola chi riempie di consolazione e di speranza. Il Signore è buono e paziente e misericordioso e io non posso essere diverso dal mio Signore. La bontà di Dio ci rende buoni e comprensivi verso gli altri.  L’intolleranza non è evangelica. Questa parabola, che ci indica di non sradicare con impazienza il male, ma di farsi forti nel convivere lasciando a Dio il compito di estirpare, è un forte insegnamento sulla pazienza di Dio, quella pazienza che tanto scandalizza certa gente rigida, intollerante.

Ma Dio non è così, e nulla è più tollerante e paziente dell’amore che cerca il bene dell’amato. Dio ama tutti e pazienta aspettando che i cattivi si convertano. Solo alla finale resa dei conti, al raccolto, non sarà possibile confondere insieme buon grano e gramigna; ma certo questo non per colpa di Dio. Nei nostri rapporti con gli altri verso i quali abbiamo delle responsabilità, se persistono nel male, possiamo dire che ciò sia non per colpa nostra? Dio pazienta anche con noi.

E allora Signore tu che sei entrato nella gloria attraverso molte sofferenze soccorri sempre, anche noi, la stessa tua chiesa che ti invoca nella tribolazione, donaci sempre quella marcia in più che ci permette di amare il peccatore, di convivere con lui con la pazienza, che tu hai con me e con la tua chiesa e nello stesso tempo di essere fedeli fino alla morte alla verità che tu solo ci doni.

Ricorderò sempre con molta gratitudine un cenno alla parabola della zizzania  che papa Benedetto disse ai giovani a Colonia: sono contento che Gesù abbia detto di lasciare crescere la zizzania fino alla mietitura perchè allora posso vivere anch’io nella Chiesa.

27 Luglio 2024
+Domenico

Tanti ti aiutano, ma non senza di te

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 18-23)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».

Audio della riflessione

La vita è sempre una grande semina: ogni persona è un grande campo nel quale tutti seminano, tutti depositano qualcosa, tutti lasciano un ricordo, un segno, un’onda, un’increspatura, un messaggio.

Già lo stesso nostro corpo è trapassato da milioni di “particelle siderali”: Molte di queste presenze lasciano un segno, e noi possiamo ritenerci frutto di moltissimi elementi, di una miriade di provocazioni, che sono alla fine vocazioni, chiamate, che attendono la nostra risposta creativa!

La nostra vita non si fa da sola: tutti possono tentare di scriverci la propria impronta, ma siamo noi con la nostra libertà che la accogliamo o rifiutiamo, la coloriamo con la nostra originalità: E’ il mistero della libertà.

Tanti ti possono aiutare e costruire, ma non senza di te.

Così di fronte al seme possiamo essere terreno sassoso che  non permette radici; quante parole cariche di futuro sono state dette invano su di noi, perché non abbiamo permesso loro di diventare vita! Sono stati i nostri genitori, i nostri preti, i nostri insegnanti, gli stessi amici che ci volevano bene: non sapevano che eravamo sassi, pietre senza vita e abbiamo buttato tutto al vento!

Altre volte abbiamo pure ascoltato, ma eravamo troppo preoccupati di noi, avevamo in cuore troppe passioni che ci hanno soffocato in gola un grido di libertà o nello stesso cuore un sentimento pulito: deboli e distratti, incostanti e superficiali.

E invece grazie a Dio siamo anche stati capaci di ascolto, di accoglienza, di desiderio di bene: abbiamo accolto i doni di Dio, ci siamo lasciati condurre, abbiamo dato ascolto a insegnamenti, sempre giocando la nostra libertà.

La vita non è mai solo una scelta tra il bene e il male, quasi che una volta fatta sia automatica la crescita: è sempre  scegliere il meglio.

La parola di Dio accolta può produrre il trenta, il sessanta, il cento per uno: sono cifre sproporzionate rispetto al raccolto, ma qui Gesù spinge al massimo l’attenzione al raccolto che sarà sempre sproporzionato alla nostra partecipazione, perchè Dio la sovrabbonderà.

Qui si gioca ogni giorno l’intensità del nostro amore, la pienezza dei nostri desideri, la libertà dell’ascolto e del dono: solo così manteniamo la bellezza della nostra dignità umana che non è mai riducibile a pacchetti, a misure standard! Solo così  la Parola di Dio tiene viva la speranza di una vita piena enl Signore.

I Santi Gioacchino e Anna, protettori di tutti i nonni e nonne ci siano sempre intercessori presso il nipote Gesù.

26 Luglio 2024
+Domenico

Il regno di Dio, ha i suoi ministeri e ministri: chi devono essere?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 20-28)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: «Che cosa vuoi?». Gli rispose: «Di’ che questi miei due figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno». Rispose Gesù: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?». Gli dicono: «Lo possiamo». Ed egli disse loro: «Il mio calice, lo berrete; però sedere alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concederlo: è per coloro per i quali il Padre mio lo ha preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, si sdegnarono con i due fratelli. Ma Gesù li chiamò a sé e disse: «Voi sapete che i governanti delle nazioni dòminano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Audio della riflessione

E’ molto interessante vedere nelle varie campagne elettorali la corsa al seggio, a vincere le elezioni. E’ giusto, è necessario avere chi governa, chi si mette a fare leggi, a interpretare le necessità della gente, a dare sicurezza alla vita pubblica, a costruire uno stato di diritto contro le sopraffazioni, spendersi per il bene comune, affrontare con coraggio tutto quello che occorre per far convergere le energie delle persone al bene di tutti, ma forse la nostra vita pubblica ci dà anche tanti esempi di una politica non disinteressata, di corsa al potere senza ideali, se non quelli del proprio tornaconto, dell’affermazione di una ideologia indipendentemente dai veri problemi delle persone. La stessa cosa può capitare nella chiesa, nella stessa parrocchia. La corsa ai posti di prestigio, ad esposizione continua per primeggiare è di tutte le strutture.

Così si stava comportando anche il gruppetto degli apostoli che da alcuni anni seguivano con continuità Gesù Cristo. Ha parlato di regno, di nuovo mondo, di una società in cui avrà il sopravvento la bontà, i discepoli si sono scaldati il cuore, ma è cresciuto anche l’interesse a occupare qualche sedia in questo famoso regno di Dio.

 E’ meglio portarsi avanti, pensa la mamma dei figli di Zebedeo. Se non ci penso io al futuro di questi figli, loro se ne stanno lì buoni buoni a far niente, tanto ci sono sempre io che li mantengo. Questi miei figli ti stanno dietro dall’inizio, gli vorrai trovare un posto buono, garantito, sicuro, di livello? Gesù avrà sorriso per questo intervento materno per il futuro dei figli,  che anche oggi fanno molte mamme per i loro.

La risposta però è deludente per le mire di questa povera mamma. Sì ci sono due posti molto importanti, molto in evidenza: accanto alla croce. Il Regno di Dio è fatto diversamente: il più grande è servo di tutti, il più importante si deve fare schiavo degli altri. Il papa ha come titolo “servo dei servi”. Le parole si possono sprecare, ma il vangelo è chiaro: seguire Cristo vuol dire farsi servo come lui, dichiararsi disponibile agli altri come Lui,  caricarsi di sofferenze non nostre, non meritate, per alleviare quelle degli altri come Lui. Solo così possiamo sperare in un mondo diverso, possiamo offrire speranza a tutti. Lo vogliamo augurare a tutti quelli che stanno in politica e che si stracciamo per farsi votare che poi puntano sul numero di voti ottenuto, come può essere giusto, ma forse è più importante che pensino di più alla responsabilità di fronte alla vita pubblica e a tutte le persone, soprattutto i meno abbienti, i più svantaggiati.

25 Luglio 2024
+Domenico

Parola a piene mani

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13,1-9)

Lettura del Vangelo secondo Matteo

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

Il fatto più sconvolgente che la comunità dei credenti in Cristo professa è che Dio ha parlato agli uomini, che Dio è andato oltre i nostri pensieri, le nostre congetture, le nostre pur intelligenti e appassionate ricerche intellettuali, filosofiche, scientifiche e si è messo in dialogo con gli uomini.

L’uomo lo ha cercato, ma Dio lo ha preceduto: ha voluto stabilire una relazione personale, non solo, ma  nella pienezza dei tempi dopo aver inventato tutte le forme più belle di dialogo, dopo aver cercato tutte le parole possibili per dirsi agli uomini, alla fine ha detto la parola definitiva, che sta al centro di tutto e che è Gesù Cristo. Questa è la Parola che forma la chiesa, che la configura nella sua essenza, che la fa essere, che è convocazione santa, che è dono di Dio e la fa sposa.

Lui prima di tutto è quel seme caduto in terra per la generosità senza misura del seminatore e che per rispettare la nostra libertà si sente soffocare tra le spine o tra le pietre delle nostre vite, nella nostra indifferenza o nella nostra sete vera di ascolto di accoglienza. E’ Lui che prova i nostri cuori e li vaglia, che stana dalle nostre pigrizie le percentuali del frutto, dandoci un cuore buono e perfetto e la perseveranza.

Per questo la chiesa sempre ritorna alla Parola se vuol rinnovarsi, se vuol ricomprendere a che cosa Dio la chiama e che cosa vuole da Lei per la storia degli uomini. Gesù il Cristo è sempre  al centro della vita della chiesa, Lui come figlio di Dio e come Parola definitiva; per questo le scritture devono essere sempre alla portata di ogni gesto della chiesa, dei suoi riti e sacramenti, delle sue assemblee e liturgie, della vita quotidiana dei fedeli, del loro cammino di crescita spirituale.

Ogni giorno della nostra vita ha bisogno della sua Parola, ogni nostra situazione ha sete dei suoi pensieri, ogni tenebra che ci avvolge, perché spesso non riusciamo a capire che cosa ci capita nella nostra vita, invoca la sua luce. Ogni nostro dolore ha desiderio di essere consolato dalla sua Parola e ogni nostra speranza attende sempre un seme nuovo di vita, un cielo che possa aprirsi sempre su di noi e sulle nostre fatiche.

24 Luglio 2024
+Domenico

Non stacchiamo mai i rami dalla pianta

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 15, 1-8)

Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Audio della riflessione

Spesso ci sembra che manche qualcosa alla nostra esistenza quotidiana: ho un comportamento corretto, una vita regolare, mi par di essere onesto nel lavoro, pago pure le tasse, che non è cosa da poco, non mi lascio impelagare in avventure strane … duante la pandemia non mi sono mai scoraggiato … eppure hai l’impressione che manchi un perno: ti pare di girare a vuoto di sentirti sterile, scontato, di non produrre bontà.

La spia che c’è qualcosa che non funziona, e che è diventata la malattia del secolo, è che perdi spesso la pazienza, che troppe volte t’arrabbi, magari urli, perdi le staffe, vola qualche parola di troppo … credi di avere in mano tu la vita e quando ti sfugge t’arrabbi per cambiarle il corso … e invece resta come prima, con qualche coccio da ricomporre.

Ma noi siamo tralci, non siamo la vite! Noi siamo rami, non siamo la pianta!

“senza di me” – dice Gesù – “non potete far nulla”.

Non abbiamo in noi il principio del  nostro essere: siamo un mistero a noi stessi, non riusciamo a trovare ragioni sufficienti di vita se non in una relazione, nella percezione di una linfa che scorre dentro di noi e che ha la sorgente fuori di noi.

Io sono la vita, voi i tralci: se rimanete in me, farete frutti, la vita non sarà vuota.

Rimanere è un verbo che la nostra esistenza moderna non conosce più: oggi si esige il fare, l’organizzare, telefonare, far sapere, gestire, costruire, riunire, coordinare tabelle, confronti, avere sempre campo per il cellulare …

… e Gesù dice “rimanete, datevi una calmata  ritrovate la bussola, il centro; tendete l’orecchio  alla Parola, a una buona notizia, al vangelo. Non occorre perdere la pazienza. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato”.

Pianta e rami, vite e tralci, sorgente e ruscello, sono abbinamenti che non possono stare slegati: non scorre acqua se il ruscello non è legato a una fonte viva, non scorre vita se un ramo non è attaccato alla pianta, non c’è possibilità di dare un grappolo se un tralcio vien staccato dalla vite. Non c’è bontà nell’uomo se non sta attaccato al sommo bene; non c’è amore nell’uomo se non sta attaccato alla sorgente dell’amore che è Dio.

Il mondo è tutto una serie di interazioni, di collegamenti, di fili che non legano, ma fanno circolare vita.

La nostra autosufficienza vorrebbe che tutto partisse da noi: noi siamo la bontà, e non ci accorgiamo che da soli sappiamo soltanto essere cattivi; noi siamo la gioia e non ci accorgiamo che ci caratterizza di più la noia; noi passiamo per generosi, invece ci caratterizza di più l’egoismo.

Abbiamo perso la strada della sorgente: dobbiamo risalire il fiume della vita e avere il coraggio di ritrovarne la fonte.

Ecco perché tanti santi non smettevano di pregare: stavano sempre in contemplazione e in contatto diretto con la sorgente; avevano la coscienza che solo guardando a Dio intensamente ne potevano accogliere il dono.

Abbiamo tanti mezzi per risalire alla fonte: la preghiera, l’ascolto della Parola, la liturgia, la contemplazione delle opere di Dio, la stessa accoglienza del povero.

Quante persone si sono ritrovate piene di vita perché hanno avuto il coraggio di stare con i poveri, di amarli e li hanno visti come sorgenti da cui scaturiva l’amore di Dio.

Quando sperimentiamo aridità, vuol dire che il tralcio si è staccato dalla vite: significa che non comunichiamo più con Dio, ci siamo riempiti troppo di noi, abbiamo sostituito la sorgente con pozzanghere, per comodità, per abbassamento del gusto del vero e del bene.

Vivere la vita di grazia non è un automatismo, ma una apertura costante alla luce di Dio, una decisione radicale di stare dalla sua parte, di lasciarci invadere dal suo stile di vita, dalla sua grazia.

Non solo, ma non riusciamo nemmeno a immaginare quanto bene Dio può far nascere dalla nostra debolezza, dalla nostra incapacità, dalla nostra stessa malattia, dalla povertà.

Dio, il suo regno lo costruisce con le nostre fragilità: con queste sa ridare vita ad ogni morte del cuore e dello spirito, del mondo e delle sue strutture.

23 Luglio 2024
+Domenico