Ci vuole una roccia, non la sabbia

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 7,21.24-27

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

Audio della riflessione.

Si continua a dire che oggi mancano i valori, mancano i riferimenti, i giovani non hanno nessuna certezza cui aggrapparsi, ciascuno naviga a vista, senza bussola, senza sapere dove sta andando. Mai come oggi si sente la necessità di ancorare l’esistenza a qualcosa di solido, di incrollabile, a qualcosa che ti dà sicurezza.  

Vuoi affrontare la vita di famiglia, vuoi affrontare un nuovo lavoro, ti vuoi impegnare in una attività sociale, ma vuoi sapere su che basi solide. Quando si applicano queste ansie al mondo economico, alla vita fisica, agli interessi della produzione si esce il prima possibile dall’incertezza. Le banche si abbarbicano a principi solidi di credito, non si possono permettere avventure, anche se qualcuno le tenta ingannando tutti. Nella conduzione delle nostre piccole o grandi economie domestiche si cercano punti solidi, lavori sicuri, impegno di piccoli o grandi capitali con tanta oculatezza e spesso si sperimenta il fallimento, manca il lavoro, vengono meno le solidarietà.  

E nella vita spirituale? Purtroppo, ci adattiamo a tutto, seguiamo la moda, ci facciamo ingannare dalle pubblicità, da stili di vita ingannevoli, i classici specchietti per le allodole. Il mondo dei mass media spesso è complice a ragion veduta, distribuisce ricette di felicità insospettabili, ti fa balenare davanti agli occhi una falsa felicità.  

Gesù ha una immagine che stigmatizza molto bene questa situazione: stiamo costruendo la casa sulla sabbia. Stiamo costruendo la nostra vita sul niente, sull’effimero, sull’inconsistenza, sui disvalori, sull’inganno. Non regge, non è possibile avere futuro. Puoi stare a galla in tempi normali, forse, ma basta una piccola difficoltà che tutto crolla. E siamo sufficientemente smagati per vedere quanto maggiori sono i tempi di burrasca nella vita che i tempi di tranquillità. Sembriamo gente che si mette in viaggio con un bel cielo sereno e crede che sia sempre così, non si ricorda del vento, della pioggia, del freddo, della bufera. Crede sufficiente la solita maglietta, affronta l’inverno in maniche di camicia. 

La nostra vita va fondata sulla roccia, non può rischiare di franare per il primo colpo di vento. E la roccia, i valori, il riferimento, la sicurezza è Gesù, è la sua parola, messa in pratica. Avvento è anche tempo di costruzione di fondamenta solide. È fondare la vita su Gesù. Se facciamo questo stiamo sicuri che la roccia che è Dio non cederà. Il suo amore è per sempre. Dio non ci abbandona mai. 

Oggi in Lombardia veneriamo sant’Ambrogio, grande santo, che ha dato il volto e il rito alla Chiesa di Milano e segnato della sua dottrina tutta la Lombardia, dottore della chiesa, grande punto di riferimento della fede per cristiani e no. Il Signore si è avvalso della sua predicazione per fare di Agostino un grande pensatore cristiano, un modello di conversione e una perla della chiesa.  

07 Dicembre
+Domenico

La processione dei dolori cerca Lui ed esplode la vita 

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 15, 29-37)

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

Audio della riflessione.

Ci sono delle giornate in cui ci prende un grande sconforto. Sembra che il male si accanisca sempre più sulle nostre vite. Ci sembrava di avere messo in fila tanti bei gesti, di avere impostato tante buone attività, di aver creato anche consenso attorno a una visione di vita bella, solidale, pulita e invece torna la delinquenza, il male più efferato. Le notizie dei telegiornali sono una sequenza di fatti disgustosi, di ingiustizie insuperabili e di comportamenti impazziti di odio, di vendetta, di cattiveria.  

Ma sarà sempre così la vita dell’uomo? Siamo tutte belve che si accaniscono ‘una contro l’altra? È possibile immaginare una vita diversa o chi lavora per la bontà sarà continuamente sconfitto? Lo stesso senso di impotenza lo sperimentiamo anche in noi, nella nostra vita interiore, nelle nostre vite di coppia, di famiglia, nelle relazioni tra amici.  

Quando passa Gesù tutta la sofferenza esplode, gli si accalca contro, lo sommerge: ciechi, zoppi, storpi, malati, indemoniati, violenti e arrabbiati, approfittatori e pazzi: tutti si contendono la sua Parola, il suo tocco, i suoi sguardi. Avvertono che lui è la salvezza, lui è la possibilità di tornare ancora a vivere. E Gesù prova compassione, non passa sulle nostre sofferenze perché lui deve predicare, deve dire cose più importanti, ha i suoi progetti, ha un fine già stabilito da sempre che non gli permette di accorgersi di noi. Lui si vuole accorgere di noi.  

Il suo progetto è la nostra felicità, il suo scopo è condividere con questa nostra umanità il desiderio di bene e la constatazione di essere malvagi, le malattie e la voglia di essere guariti, le infermità che tolgono la gioia di vivere e la speranza di tornare a stare in compagnia di tutti. Ha compassione di te, di me, di tutti quelli che desiderano vivere, ma non ce la fanno per la loro tragica situazione. Gesù sente compassione ancora oggi di chi sta da sempre armato fino ai denti per sopravvivere, di chi non conosce affetti e comprensione, di chi ha scritto nelle sue carni il dolore di una malattia e dona salvezza e speranza.  

Il Signore asciugherà le lacrime da ogni volto, eliminerà la morte per sempre. Potremo dire tutti: il Signore ci ha veramente voluto bene, abbiamo sperato in lui e ci ha esaudito. Il Signore in cui abbiamo sperato è Gesù.  

Dio non ci abbandona mai. 

06 Dicembre
+Domenico

Chi è tagliato fuori, gli sta ancora più a cuore

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10, 21-24

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Audio della riflessione.

C’è tanta gente che è tagliata fuori dalla vita, che non riesce più a mettersi in corsa. Tutti gli altri hanno trovato lavoro, degli affetti stabili, si sono fatti una famiglia, hanno raggiunto la pace interiore; sono pure intelligenti; fortunati si dice. Invece qualcuno non è riuscito a stare al passo, è caduto; una sbandata, un giro di amici, una debolezza su cui si sono accanite tutte le sfortune, una leggerezza diventata abitudine e resta indietro; tenta di risalire, si sforza di riprendere la corsa, ma c’è sempre qualche inciampo.  

In alcune società molti diventano barboni, altri incappano negli usurai, spesso ci pensa la mala vita a incatenare e a togliere ogni voglia di riscatto. Gesù dice che è venuto proprio per questi e ringrazia Dio perché ha rivelato la bellezza e il senso della vita proprio a questi. Non sono i potenti che gli danno gloria, non sono gli intelligenti, i grandi della terra, i dotti autosufficienti, ma i senza niente, quelli che hanno fame e sete, quelli che in cuor loro desiderano una vita pulita e non ce la fanno e mettono la loro fiducia solo in Dio.  

Vedere e ascoltare sono i segreti di un incontro con Gesù. Occorre avere il coraggio di vederlo all’opera nella storia e ascoltare la sua Parola, sentire da lui chi essere nella vita, ma ancor prima ascoltare la Parola che descrive la grandezza della sua bontà. Il povero ha bisogno di tutto, ma al di sopra di ogni cosa ha bisogno di sapere che nella sua vita c’è una meta, che oltre le sue sofferenze c’è una salvezza, che non è vero che per essere liberi occorre disfarsi di questa nostra esistenza, perché in questa nostra sofferenza si è inscritto il Salvatore, il Signore. Avvento è aspettare e essere certi di una presenza; è sapere che nelle nostre storie è stato seminato un principio di verità e di felicità e attendere con fiducia che si sviluppi. 

I poveri della terra sono i beati. La salvezza, la felicità della vita è svincolata da privilegi, da prenotazione di posti, da tribune d’onore, da prime file. Non è un colpo impazzito di fortuna che a caso si colloca in chi non sa attendere e sperare, non la possiede la mala vita, nemmeno il giro delle felicità artificiali. È Gesù che raggiunge i tagliati fuori, che si aprono a Lui con tutta la fiducia che riescono ad esprimere. Per questo diventa proprio vero che Dio non abbandona nessuno mai. 

05 Dicembre
+Domenico

Il centurione, deciso, spontaneo, uno che sa stare al suo posto  

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8,5-11)

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».
Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

Audio della riflessione.

Lui è un militare. Sa che cosa significa comandare e obbedire. Gli hanno sempre detto che lui non deve pensare, sono i suoi superiori che pensano per lui. Lui deve eseguire. Ci mancherebbe anche che i soldati si mettessero a votare su come difendersi o attaccare, su che cosa è necessario fare per conquistare una postazione invece che un’altra. Io dico a uno fa questo e lui lo fa, a un altro scatta e vieni qui e lui corre. Ho obbedito anch’io per tanti anni e ora so comandare.  

Ma il centurione ha un cuore, ha una famiglia, ha un servo, forse un figlio (a seconda delle traduzioni della parola greca che significa l’uno o l’altro) che gli muore. La vita non è così schematica: al cuore non si comanda, agli affetti non si può dire di tacere, a una morte non si può reagire attaccando o difendendo, comandando o distruggendo. Il tuo cuore è a pezzi e non c’è più niente che puoi fare. Puoi rendere la tua faccia dura come la pietra, ma il tuo cuore sanguina. Allora il centurione cerca al di fuori della sua sicurezza una speranza. Ha visto Gesù tante volte, lo ha dovuto pedinare per lavoro, spesso lo hanno mandato a sedare tumulti, a fare deterrenza, perché dove passava Lui la vita non procedeva troppo tranquilla. Suscitava speranze là dove c’era assuefazione e la speranza mette movimento, attiva le coscienze, turba la quiete del dormitorio anche nella lontana provincia di Palestina.  

Il centurione doveva vigilare, sedare, contenere. Ma la speranza che Gesù gli faceva nascere in cuore era grande anche per lui. Abituato a comandare e a mettere sull’attenti, a dirimere le questioni con la forza, a puntare tutto sulla strategia, sulla repressione, sul potere e spesso la violenza, il terrore, la paura, si trovava davanti un uomo, Gesù, inerme, dolce, calmo, sorridente eppure persuasivo, ascoltato, seguito, ammirato, osannato, soprattutto amato.  

Per questo appunto quando vede il suo servo in pericolo di vita pensa immediatamente a Gesù e va da lui. Non fa più il calmiere di tumulti, ma si mette umilmente in fila e chiede: Se vuoi, puoi guarirmi il servo, se vuoi puoi ridare pace a questo mio cuore, se vuoi, so che a te non è impossibile niente. Hai una forza nel tuo mondo come io credo di avere con i miei soldati, sei una sicurezza per me come io con il mio lavoro lo voglio essere per gli altri. Ho studiato e insegnato tante strategie, ma davanti a questa morte falliscono tutte, non mi dicono più niente. Ho qualcosa nella mia travagliata esistenza che non posso controllare, solo tu hai la chiave della mia vita. 

Mi basta una tua parola, non sono degno di Averti a casa mia. Ti metto a nudo il mio cuore, è tuo: sollevalo, dagli speranza, fallo cantare ancora d’amore per mio figlio.  

E Gesù ne legge in profondità l’abbandono fiducioso. Tuo figlio vive, il tuo servo è guarito, la tua vita può tornare a cantare a partire dalla fede profonda che hai. Quando ti senti crescere dentro questa sete sai ora dove trovare la sorgente, lascia perdere le tattiche di mimetizzazione, abbandona le cisterne screpolate e le paludi, e lascia sgorgare questa sorgente limpida che il mio Spirito fa nascere dentro di te. 

04 Dicembre
+Domenico

Vigilate!

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 13,33-37)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Audio della riflessione

Si può stare tutto il giorno e tirare a sera, adattandosi a quel che capita, senza aspettarsi niente dalla vita, dalle persone che incontriamo. Si può stare tutta la vita a subire gli eventi, a lamentarsi di ciò che non va bene, e ce n’è sempre troppo. Si può vivere una vita di famiglia sulla ruota dell’abitudine, da automi, come un pacco postale, su cui sta scritta la destinazione e che inesorabilmente volenti o nolenti giunge alla sua meta, sballottato qua e là, preso in mano da tutti e scaricato da tutti.  

Una vita di questo genere la chiamiamo appunto destino. Ma una vita così non la fa nemmeno un anziano, in casa di riposo che dà ogni giorno nuovo cui apre gli occhi si aspetta qualcosa: anche solo una buona tazza di caffè, magari un sorriso. Non la vive come un cieco destino nemmeno un malato, che ha scritto nella sua carne e nei suoi orari la routine più sconfortante: misura della temperatura ad ore impossibili, pulizia della sala e finestre spalancate, visita dei medici, iniezioni, flebo, visita parenti, pasti contro il muro, luci che si abbassano; oppure un carcerato: sveglia senza impegno, sole a scacchi tutto il giorno, ora d’aria, rumori secchi di chiavi, maledizioni dei vicini, rancio…… 

Eppure, l’ammalato ad ogni giorno che passa attende la salute e il carcerato la libertà. Il loro corpo si inarca in attesa di qualcosa, di un dono, di un nuovo futuro. 

Ebbene così è la vita del cristiano: non un freddo orologio che segna il tempo che passa, non una lancetta che torna sempre sui suoi giri, non un contatore digitale che ripete sempre le stesse cifre, ma una sentinella che aspetta l’aurora, una vita protesa ad aspettare sempre qualcosa di nuovo. “State attenti vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso”. Ricordo la tensione delle prime volte che durante la naia le reclute dovevano fare veglia sulle altane della caserma o dei luoghi di esercitazione in Sardegna. La sentinella non dà niente per scontato, non cede all’abitudine non si lascia intorpidire gli occhi dal “tanto non cambia niente”, ha l’occhio attento per vedere, la preoccupazione di difendere, in attesa di avere sempre nella vita il cuore aperto ad accogliere.  

È una mamma che sa aspettarsi dai figli il bene massimo che sempre spera per loro, è il giovane che non si adatta a tenere i piedi per terra, tanto il futuro gli pare scippato dagli adulti; è la ragazza che aspetta dal suo ragazzo i sentimenti teneri di un amore e non le pretese di un egoismo sottile e camuffato.  

È il cristiano che sa leggere in tutti gli avvenimenti una parola, un messaggio, un invito, il passaggio di Dio. Sa vedere più lontano, oltre le lacrime che spesso ci appannano la vista, sa sperare pienezza di vita per gli altri e per sé. 

È una sentinella del mattino, come desiderava e diceva spesso s. Giovanni Paolo II che fossero tutti i giovani, e non dei registratori di cassa. Vigilate. 

03 Dicembre
+ Domenico

Ci resta sempre di sognare e pregare

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21,34-36)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.
Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Audio della riflessione

Ci prende spesso la paura: la paura di perdere il posto di lavoro e di ricominciare a girare e cercare; paura di perdere l’amore della nostra vita, perché niente è più sicuro, anche a sessant’anni uno vuol cambiare, crede che i sentimenti si possano vendere e mettere all’asta; paura perché non abbiamo la coscienza a posto e non riusciamo a toglierci il rimorso del male commesso; paura perché vediamo un futuro nero per le giovani generazioni…  

Non temete: c’è uno spazio di grande libertà che Dio ci regala. Non siamo abbandonati, ma cercati e inseguiti dall’amore di Dio. Ma come sempre nella vita non puoi stare con le mani in mano a subire gli eventi, ad adattarti a tutto, a lasciarti definire la vita dalla pubblicità o dall’opinione della piazza, a seguire la corrente; devi riscoprire la bellezza e la forza della tua stessa umanità.  

Hai un capitale di bontà che nemmeno tu conosci, hai una capacità di sognare vita bella e felice, che spesso non valorizzi; hai nel cuore un desiderio di infinito che credi sia irrealizzabile. Invece Gesù dice che occorre stare svegli sempre nella vita. Occorre fare da sentinelle, essere gente che continua a guardare all’orizzonte, che cerca posti sempre più alti per allargarlo, per intuire che Dio è sempre alle porte, è qui; occorre avere sentimenti di attesa, non di sconforto.  

C’è una azione che sconfigge la paura e tiene desta l’attesa: la preghiera. Dice Gesù che occorre pregare sempre, senza stancarsi. Pregare è affidarsi, è sapere che Dio non manca mai agli appuntamenti della vita e della storia, che Dio scava nella nostra esistenza sete di lui, bontà, sentimenti di amore e concordia, sprazzi di speranza e di luce nel buio che spesso ci assale. Tutti i cristiani che hanno subito persecuzioni hanno trovato nella preghiera la forza. È come se nel buio si accenda una luce, nel dolore insopportabile ti nasca una forza, nella nebbia ti si affianchi un amico che ti guida. 

Proprio perché Dio ci ha creati e non ci ha buttati nel mondo a caso, noi lo attendiamo come felicità vera della vita. Non siamo nella solita fila davanti a uno sportello o a una porta per entrare ad accodarsi a un’altra fila e a un’altra ancora. Arrivare a fare il check-in e poi sentirti dire che l’aeroporto chiude. La nostra è una strada difficile, ma sicura che ci porta a Dio e lui su questa strada si fa incontrare. 
Per me Dio non ci abbandona mai! 

02 Dicembre
+ Domenico

Dio non fa mai mancare i segni del suo regno che viene

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21,29-33)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: 
«Osservate la pianta di fico e tutti gli alberi: quando già germogliano, capite voi stessi, guardandoli, che ormai l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno».

Audio della riflessione

La nostra vita è affidata ai segni. Ne hai bisogno quando giri per le strade per sapere la direzione giusta, ti occorrono per intenderti con qualcuno sul da farsi, sono necessari per tradurre i pensieri in uno scritto e comunicarli agli altri, diventano utili a un imprenditore per capire come orientare i suoi capitali, stai ad ascoltare le previsioni del tempo prima di metterti in viaggio. Qualcuno ti manda segni sbagliati per imbrogliarti e devi imparare a difenderti e a farti da solo una tua lettura. Aguzzi l’intelligenza, fai confronti, metti in sequenza vari indizi e poi rischi una decisione. Avessimo conoscenza di alcuni segni inequivocabili per prevenire un terremoto! Potessimo leggere in tempo i segni premonitori di tutte le malattie! Fosse possibile sapere sempre quando la morte è alle porte! Riuscissimo a intercettare i virus che mettono in ginocchio l’umanità con pandemie devastanti di cui siamo sempre succubi! 

Gesù ci dice che esiste una serie di segni anche spirituali per orientare la nostra esistenza alla pienezza che Lui sogna per noi. Ci invita a leggere i segni dei tempi della salvezza, cioè a guardare che cosa nel mondo viene alla luce come segno della sua presenza salvatrice, a vedere la direzione da prendere entro le complicazioni della vita umana per sviluppare e contribuire all’avvento di un mondo più giusto. Cambiano le stagioni della natura; si avverte l’avvicinarsi della primavera o dell’autunno e ci si attrezza di conseguenza; la vita degli uomini esprime una sete di salvezza e in quella sete il cristiano deve collocare le sue energie.  Ciò che l’uomo vede come male, dal credente è visto come principio di speranza. La croce di Gesù è il legno in cui germina il frutto della storia; è la vicinanza del Figlio dell’uomo ad ogni uomo. Lì la nostra terra dà il suo frutto, il fico sterile diventa fecondo, le sue foglie invece di coprire la sua nudità servono a guarire tutte le nazioni. 

Oggi più di ieri si è sensibili soprattutto alla pace, che è giustizia per una vera libertà e che ha bisogno di grande speranza. Il cristiano allora lavora per la pace vera, Toglie dal suo vocabolario la violenza e la barbarie, ma anche la vendetta e l’annientamento; offre la speranza viva che gli mette a disposizione il vangelo che è fatto di dialogo, di difesa, ma anche di perdono. I segni dei tempi sono una sorta di chiamata di Dio a orientare tutte le nostre energie nella direzione dello sviluppo del suo regno che solo lui determina e orienta. La pandemia è stata, e purtroppo lo è ancora, un segno continuo della nostra inconsistenza, del nostro egoismo, del nostro bisogno di un Dio che ci obbliga a liberarci tutti insieme nel massimo della solidarietà. Le guerre di oggi mettono a nudo i rapporti internazionali, basati solo sugli interessi delle parti 

Anche in ogni vita Dio distribuisce dei segni per far capire la direzione giusta della felicità di ciascuno. Ogni uomo e donna deve intercettare questi segni per decidere come orientare la sua vita, come rispondere a questa chiamata personale. Essere capaci di leggere i segni giusti e non farsi incantare da quelli sbagliati è una virtù da acquistare e da chiedere con insistenza e da perseguire con speranza. La preghiera e la carità ne sono due mezzi potenti.

01 Dicembre
+ Domenico

Subito e senza tentennamenti

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 4, 18-22)

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Audio della riflessione.

Si può stare giorni e giorni ad aspettare che la vita si risolva da sola, si può pensare che non c’è mai niente di nuovo sotto il sole e adattarsi a sopravvivere, si può invece tendere la vita a tutto quello che la realtà ci propone e cercare di capirne il mistero. Talvolta è un amico, talvolta una situazione, spesso è una chiamata precisa che ti si impone. Così è capitato ad Andrea il fratello di Simone, mentre stavano pescando nel lago di Tiberiade. Vita dura: tensione, attesa, delusione, sorpresa erano i sentimenti che si susseguivano ogni giorno nel loro lavoro. Gesù li aveva osservati tante volte e aveva capito che erano gente decisa, rotta alla fatica, resistente e li ha chiamati perentoriamente come spesso faceva Lui. Seguitemi. Non ha detto “vi andrebbe di.. che cosa pensate se… chissà che possa interessarvi..” Ha detto: seguitemi, vi farò pescatori di uomini. Non siete fatti per stare a consumare la vita su queste barche, dentro questo lago, a gettare e ritirare reti. Voi siete fatti per un piano più grande, il piano di Dio che vi vuole decisi a coinvolgere gli uomini nella sua missione. Aveva visto bene Gesù, aveva intuito che ci sono uomini che si lasciano prendere da ideali alti, da missioni impossibili. Gesù quando chiama a collaborare chiede il massimo, mai il minimo, anche se sa rispettare i tempi di crescita. Andrea risponde immediatamente con un avverbio: subito, una decisione senza ripensamenti: lasciate le reti e un programma: lo seguirono. Gli andarono dietro, stettero con lui, si misero a condividere i suoi sogni oltre che i suoi passi. La vita è così; intercetta una chiamata e si butta a seguirla. Il cammino che faranno sarà lungo e faticoso, non sempre lineare. Difficoltà, scoraggiamenti, incomprensioni, gelosie, dubbi, domande saranno pane quotidiano, ma cambieranno la loro vita. Andrea si immedesimerà nella missione di Gesù, porterà a lui altre persone, sarà attivo nella moltiplicazione dei pani, quando ha portato a Gesù il ragazzo con i cinque pani e due pesci. Darà la vita per Gesù. Era stato lui a portare a Gesù il fratello Simone, aveva intuito che su Gesù si poteva scommettere. E gli aveva messo tra le mani la vita. Quel pomeriggio era stato un gran pomeriggio, quella sera sul lago non c’era stata incertezza, calcolo, pronostici o tergiversazioni, ma decisione e fiducia, generosità e abbandono nella mani di Dio che avrebbe sicuramente sempre riempito la sua vita senza mai abbandonarlo anche nel dono totale di sé su una croce decussata come sempre viene rappresentata la morte di Sant’Andrea. 

In noi tutti c’è una chiamata nella vita. Non siamo fatti con lo stampino, ma in maniera originale; nessuno è generico, non siamo clonati, lo Spirito ci aiuta a vedere ciò per cui siamo nati e così costruire la nostra risposta originale. Andrea questa risposta l’ha data. E’ finito come il maestro su una croce, ma come il maestro è nelle braccia di Dio Padre. La sua fede è stata una scuola per tanti uomini e donne, per interi continenti. IAndrea andò incontro alla sua croce con questa splendida invocazione sulle labbra: «Salve Croce, santificata dal corpo di Gesù e impreziosita dalle gemme del suo sangue… Vengo a te pieno di sicurezza e di gioia, affinché tu riceva il discepolo di Colui che su di te è morto. Croce buona, a lungo desiderata, che le membra del Signore hanno rivestito di tanta bellezza! Da sempre io ti ho amata e ho desiderato di abbracciarti… Accoglimi e portami dal mio Maestro».

30 Novembre
+Domenico

Esiste una cattiveria senza confini verso molti cristiani nel mondo

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 12-19)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 
«Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. 
Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

Audio della riflessione.

Abbiamo tutti letto fin dai primi anni di catechismo di martiri, di gente che ha dato la sua vita per testimoniare la fede in Dio, l’amore di Gesù Cristo per tutti gli uomini, la conduzione di una vita integra nei suoi valori. I primi tempi della chiesa furono tempi di testimonianze fino al sangue. 

Oggi però non è cambiato molto. Siamo costretti a vedere ancora il dilagare di una cattiveria senza confini. Cristiani vengono uccisi solo perché sono cristiani. Esistono piani di sterminio calcolati a tavolino e attuati senza pietà, vengono rase al suolo chiese, cancellati tutti i segni di una fede anche millenaria, per far scomparire ogni traccia di ricerca di Dio, per avere una piazza su cui fare i propri affari senza nessuno che metta un seme di dubbio nella cattiveria e nell’ingiustizia che copre gli interessi di una dominazione assoluta. 

E assistiamo anche a un coraggio indomabile, a persone che sanno perdere tutto, per salvare la propria fede in Dio, che non è un fatto intimistico, ma deve essere conosciuto da tutti e provocare cambiamenti di vita, avviare cammini di bontà. E’ il mistero della grandezza di Dio. Vi perseguiteranno, metteranno le mani su di voi, vi trascineranno in tribunale, vi giudicheranno, non sapranno guardarvi negli occhi, crederanno di farvi paura. 

Ma io sarò sempre lì con voi. Quel Gesù che hanno messo in croce duemila anni fa è sempre di nuovo portato al supplizio nelle vite dei cristiani. E questi hanno una forza indomabile. Vi metto io in bocca le parole, vi do io la forza di sopportare l’esilio, il nascondimento, la perdita dei vostri diritti, la lacerazione dei vostri legami di affetto. 

E’ un mistero di dolore che noi cristiani benestanti e benpensanti facciamo fatica a capire. A noi l’essere cristiani non costa niente, ci stiamo adattando a tutto, viviamo di compromessi, abbiamo addomesticato il vangelo e forse lo usiamo per coprire la nostra ignavia e infedeltà. Il nostro è sempre tempo in cui il vangelo ci porta a riflettere sulle realtà ultime, sul giudizio, sulla tenuta della nostra fede. Ci è chiesto oggi un minimo: la solidarietà, il sentirci con questi nuovi martiri che rinforzano la nostra fede, un corpo solo, il corpo martoriato di Cristo, destinato sempre alla risurrezione, unito nella preghiera e nella speranza, capaci di gratitudine sempre per ciascuno di loro, di interiorizzazione della loro fede.

29 Novembre
+Domenico

Viviamo un’attesa operosa del Signore che verrà

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 5-11)

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

Audio della riflessione.

Ci facciamo spesso domande sul futuro della terra, dell’universo, della vita del mondo. Che sarà di noi? Come continuerà a vivere questo mondo con lo scempio che ne stiamo facendo? Che ci sarà alla fine del mondo? I primi cristiani credevano che dopo la venuta di Cristo era stata detta l’ultima vera parola e che quindi il mondo sarebbe potuto finire. 

Gesù viveva in questa cultura, ma continuamente alzava gli uomini a vette più alte, a tempi più larghi soprattutto all’atteggiamento da avere nei confronti del futuro: attesa, vigilanza, occhio limpido, speranza. Non è nelle nostre possibilità sapere giorno e ora, ma nella nostra coscienza vivere una attesa operosa del Signore che verrà. Una verità cristiana indiscussa è che Gesù alla fine dei tempi tornerà su questa terra e i primi cristiani continuavano a invocarlo: vieni Signore Gesù. Non era voglia di farla finita, desiderio di fuggire dalla difficoltà presenti, ma orientamento di tutta la storia a Dio, al fine ultimo, al compimento. 

Non siamo a questo mondo a caso, la vita non è una ruota che gira sempre su se stessa. Vivere significa essere pellegrini verso una meta e occorre sempre averla davanti per correggere la direzione del cammino, per dare slancio e forza per superare le fatiche, per motivare la solidarietà di tutti coloro che sono incamminati. Una qualità che non bisogna mai perdere è quella dell’occhio vigile, dell’attesa, del riferimento al futuro e non del ritorno al passato. 

Dio ci sta davanti e noi ci prepariamo all’incontro con Lui. La vita ha un fine e spesso occorre serrare i pugni per non perdere il desiderio di una meta. Siamo come in una corsa verso un traguardo che esige un colpo di reni. La vita è sempre così, non ci si può adagiare mai. E’ così per il lavoro, è così per la famiglia, è così per la vita di coppia. Spesso roviniamo le cose più belle della vita perché crediamo di possederle, invece vanno sempre conquistate. La fede è un dono, ma va sempre accolto come nuovo. Non lasciamoci incantare dalle sirene, altrimenti non arriviamo da nessuna parte, non crediamo a tutte le semplificazioni e a tutte le scorciatoie della vita, la strada è Gesù, lui dobbiamo seguire perché Dio in Lui non ci abbandona mai. E’ sorprendente sapere che verrà ancora sulla terra a regalarci il paradiso, a far terminare la sofferenza, a far trionfare la giustizia, ma soprattutto ad accoglierci nella sua infinita misericordia.

28 Novembre
+Domenico