Luca 1,63-64: <<63 Egli chiese una tavoletta, e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati. 64 In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.>>
Quando vivi degli avvenimenti intensi sembra che il tempo si fermi: l’attesa si fa spasmodica, conti i giorni … le ore … i minuti … poi ti guardi un attimo indietro e vedi che il tempo è passato, che gli avvenimenti procedono con una certa inesorabilità.
La vita che è iniziata si radica, continua, ha i suoi ritmi che paiono lenti, ma che procedono … però … inesorabili.
E così avvenne anche per Elisabetta: la sorpresa, la vergogna di vedersi incinta alla sua età, la consolazione di avere Maria a farle compagnia, il grande evento che in Lei si sta compiendo …
Tutto continua e nessuno più ferma la nuova storia, e viene il giorno in cui questo Giovanni nasce: le meraviglie, le incredulità, la sorpresa che pure ciascuno viveva nella sua interiorità prendono fuoco, perché ora Giovanni è lì, il suo pianto è vero, il suo corpo se lo coccola sua madre, se lo mangiano con gli occhi tutti!
Zaccaria è muto, è un padre ancora senza parole, gli ripassa nella mente tutta la sequenza del Tempio, della promessa, tutte le attenzioni di questi nove mesi.
Elisabetta si fa aiutare … Maria dopo tre mesi ritorna a casa sua.
Ora la storia di Dio continua in Lei, anch’essa ha bisogno di rientrare nella sua intimità a custodire il futuro dell’umanità.
Il bambino di Elisabetta è nato e arriva anche il giorno della Legge, il giorno della circoncisione: Questo figlio fa parte di un popolo, non nasce in un deserto di relazioni e di storia, è dentro un nobile casato sia per parte di Zaccaria che di Elisabetta.
Di nomi da ereditare ne ha tanti e tutti nobili, tutti capaci di rievocare gesta, ruoli elevati, funzioni eminenti: A cominciare dai capostipiti, Abia per Zaccaria e Aronne per Elisabetta.
Ma il bambino è destinato a far scoppiare il futuro, non a clonare il passato.
“Chiedevano con cenni a suo padre”… i muti ora sono tutti, come si fa di solito con chi non parla, con chi deve esprimersi a cenni.
Pensano forse che Zaccaria sia sordo e lo seppelliscono nell’isolamento, lo privano di qualsiasi normalità …
… e Zaccaria esprime ancora per l’ultima volta la sua tensione di non essere capace di dire e scrive: Giovanni sarà il suo nome.
Lui deve annunciare la novità assoluta, definitiva per l’umanità: non sarà cultore del tempio, non si metterà in fila come tutti a ripetere un passato anche glorioso, non farà come suo padre i turni settimanali dell’offerta dell’incenso, intuirà invece e indicherà con forza la venuta del Salvatore, brucerà di ardore per l’attesa del compimento.
Zaccaria torna a parlare, e la gente, noi, a riflettere; a domandarci:
ma Dio che vuole da noi?
Che vuole da noi Lui, che non ci abbandona mai?