Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6,45-52)
Spesso nelle nostre riflessioni sul senso della vita che, grazie a Dio, ci accompagnano sempre perché siamo in cerca di un centro attorno a cui organizzare la nostra esistenza, rimaniamo bloccati sulle nostre certezze, incapaci di fare un salto di qualità, di aprirci al nuovo che la vita ci presenta e che Dio non ci fa mai mancare.
E’ la situazione degli apostoli che vengono invitati da Gesù a prendere il largo con la loro barca, di non attardarsi a stare là dove era avvenuto il miracolo della moltiplicazione dei pani. Gesù sapeva che gli apostoli facevano fatica a capire la portata di quella moltiplicazione dei pani; avrebbero ceduto facilmente a una sorta di autoesaltazione nei confronti della gente che si vedeva pure sfamata materialmente oltre alla gioia di aver incontrato e ascoltato Gesù.
Non era al centro dell’insegnamento di Gesù la meraviglia per una moltiplicazione di pani e pesci, perché al centro ci stava “il fatto dei pani”, parole che vengono ripetute dagli stessi apostoli e che non riescono a capire, cioè il dono totale che Gesù si apprestava a fare della sua stessa vita.
Il fatto dei pani per Gesù era il dono di sé, e quindi il dono che ogni cristiano deve fare di sé per gli altri. Gesù in quel miracolo aveva percepito e riportato alla sua coscienza e alla coscienza degli apostoli il senso della sua vita umana: il sacrificio di sé sulla croce, dono di sé come pane della vita. Ed è bello pensare che Gesù si porta sul monte a pregare in solitudine, per un discernimento profondo e commovente, perché il suo gesto di amore ha conseguenze decisive per la sua vita; avendo amato i suoi li dovrà amare sino alla fine. Il suo amore è destinato a subire le contraffazioni e le deformazioni del nostro cuore umano, incapace di accoglierlo, come non lo hanno capito e accolto i suoi discepoli, Pietro in prima persona.
Gesù si ritira in preghiera e silenzio perché superare queste prove. Poi si porterà sul lago per rimettersi con gli apostoli, che però non lo riconoscono, lo ritengono un fantasma, uno spettro. Non riescono a dare corpo a quel Cristo che non accetta di utilizzare il prodigio del pane per farsi un nome, una fama, una audience più immediata e risolutiva, secondo loro.
Insomma la preghiera di Cristo in quella notte ha mantenuto Gesù in intimità e amore del Padre, ma lo ha reso irriconoscibile ai suoi discepoli, alla loro mente ottusa che è anche la nostra, col nostro cuore tardo che non ci permette di riconoscerlo come il centro della nostra vita e come lo deve essere, cioè un cuore deciso a spendersi per gli altri
9 Gennaio 2020
+Domenico