Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1,29-33)
A tutti capita di arrivare certe giornate a sera dopo innumerevoli attività, incontri con persone, scontri frontali con qualcuno, dopo aver affrontato difficoltà di ogni specie cercare un luogo di pace in cui prendersi in mano la vita, fotografarla quasi dal di fuori e cercare di capirla e di capire come siamo dentro di essa.
Ancor di più dentro una vita cristiana convinta e impegnata, cercare, dopo il caos di certe giornate, la pace di un dialogo con Dio.
Gesù è alla fine della sua prima giornata faticosa, da vero operaio del Regno di Dio, la sua esplicita vocazione sulla terra, e trova necessario tornare alla sorgente della sua esistenza anche terrena: Dio suo Padre.
Sotto traccia appare la sua vittoria su una prima tentazione, come se ne narrerà di Gesù nel deserto, cioè il non lasciarsi incantare da quello che gli dirà Pietro: tutti ti cercano, quasi a incoraggiarlo a mietere gloria e vantaggi dai miracoli compiuti, la tentazione costante di far prevalere i pensieri dell’uomo contro il pensiero di Dio.
La preghiera di Gesù deve essere stata un silenzio o un dialogo drammatico con Dio: Si, perché la preghiera è descritta nella Bibbia come una lotta per non fermarsi mai sul cammino per la libertà; avviene dopo una grande giornata di fatica ed esige di saper uscire fuori dalla stessa fatica.
Il Vangelo dice: uscì in luogo deserto.
Quello di Gesù, quello della sua preghiera è un esodo continuo verso la luce di Dio che illumina ogni notte, che impedisce di cadere nella trappola del pensiero dell’uomo contro il progetto di Dio.
Bello quel salmo che dice: <<Benedico il Signore che mi ha dato consiglio: nella notte ammonisce il mio cuore. Ho sempre il Signore innanzi ai miei occhi: coì con lui alla mia destra, non cadrò. Mi mostrerai il cammino della vita, la pienezza di gioia del tuo volto, le delizio perpetue della tua presenza (salmo 16..)>>
Le preghiere notturne di Gesù non sono le nostre “avemaria” ai piedi del letto prima di coricarci (fosse vero che tutti le facessimo anche queste).
Sono molto di più!
In Gesù sono esperienza di libertà, di gioia incontenibile che sale dal profondo, una luce e una forza necessaria nell’immersione sempre più decisa nella sua missione, che diventa sempre più chiara, si porta dentro la gioia del futuro che lo attira, perché per questo, dice, sono venuto dal Padre.
E’ una scuola per tutti noi la preghiera di Gesù, perché ci indica che l’agire è sempre importante (ed ecco la sua giornata piena di lavoro di predicazione e di accoglienza e la cura delle ferite di ogni persona), ma occorre saper uscire nel deserto, perché in esso Dio ci parla e ci rinnova con la sua parola e fa sgorgare da noi una fonte perenne di acqua viva che non stagnerà mai.
Gesù è l’infaticabile annunciatore della buona novella, va da un villaggio all’altro, guarisce, scaccia demoni, rincuora le persone.
Ma noi sappiamo che il fare ha bisogno di una teoria che lo illumini e lo orienti: Ha bisogno di una carica di speranza indomabile, di una forza superiore che rende possibile anche l’impensato.
Questo rapporto di Gesù col Padre è il cuore e l’anima di tutta la sua vita: Il contatto diretto con il Padre è per Gesù, e lo deve essere sempre anche per noi, il sole che illumina il suo cammino.
Ci domandiamo molto semplicemente, da Cristiani: è questa la nostra preghiera?
È questa paternità di Dio su cui poggiamo tutto il nostro operare?
Dio ce ne faccia dono!
15 Gennaio 2020
+Domenico