Perdono VERO, non terapia contro il rimorso

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 1, 29-34)

Quante volte vorremmo che il male da noi fatto ad una persona  amata non fosse mai stato fatto.

Abbiamo sbagliato, ci rendiamo conto che tutto è capitato in piena coscienza, ma entro una visione sbagliata della vita, in un soprassalto di ira, di cattiveria.

E le conseguenze rimangono, spesso sono irrecuperabili.

Pensi a chi ha ammazzato per odio o per rubare, per idee politiche o per affari, ma anche a noi che grazie a Dio non uccidiamo, ma ci sentiamo spesso egoisti e cattivi, stracciamo affetti e sentimenti, vite e dedizioni.  

Potremo ancora ritornare innocenti?

Molti credono che l’unica possibilità sia il castigo, l’occhio per occhio, la vendetta.

Se anche la giustizia deve fare il suo corso, resta sempre un cuore ferito, una vita spenta, un’angoscia mortale.

“Peccato” chiamiamo noi cristiani  questa colpa che oltre a distruggere sentimenti, legami e vita distrugge lo spirito, l’anima; spegne speranza e cancella l’innocenza. 

Si alza un grido tra la folla al di là del Giordano.

E Giovanni il Battista, il battezzatore che vede Gesù e lo indica dicendo: Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo. 

E’ il gesto che ad ogni Messa viene preposto alla comunione: ecco l’agnello di Dio.

Non è un ricordo, ma una storia che si ripete ad ogni celebrazione eucaristica. 

È lui che ha la possibilità di sradicare dal cuore il peccato, di ridare l’innocenza perduta.

I tuoi peccati se anche fossero come scarlatto diventeranno bianchi come la neve.

Non è una medicina psicologica per far passare il senso di colpa, o una terapia contro il rimorso: È Dio l’unico che sa ricucire le ferite che il male provoca in noi, è lui che va oltre ogni riparazione, ogni castigo, è Lui che cambia il male della nostra vita nella prima tappa della rinascita. 

Gli ebrei nell’Antico Testamento credevano di potersi liberare dal male con questo rito: veniva preparato un capro da ammazzare e sgozzare.

Il rito consisteva nello stendere le mani  sul  capro per scaricare su di esso ogni colpa, ogni peccato, un capro da far cacciare nel deserto lontano da tutti caricato dei loro peccati. 

Toccò in forma definitiva fare il capro espiatorio proprio a Gesù. Infatti fu cacciato fuori dalle mura di Gerusalemme sul Golgota, crocifisso e ucciso. 

Dal primo Natale e sempre anche oggi invece è nessun capro, ma lo stesso Gesù che prende su di sé il nostro male, il cumulo dei nostri odi, delle nostre cattiverie infinite e ci ridona salvezza, serenità e innocenza. 

19 Gennaio 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

Un commento su “Perdono VERO, non terapia contro il rimorso”

  1. Leggendo “riflessioni” come questa … e magari “condividendola su Facebook”, vi sarà capitato sicuramente qualche volta che poi arriva qualcuno di quelli che ritiene di poter vantare un “credito in materia” presso di voi … e mette prontamente il “like” … come a dire “Bravo, questo è quello che TU dovresti fare con me”.

    Ecco, queste riflessioni, a prima lettura, possono fare questo effetto, e forse è anche sano che lo facciano … poi dopo una seconda, terza, quarta rilettura … magari dopo aver invocato dello Spirito Santo … ci può capitare di capire che ci troviamo proprio dal lato opposto della “barricata” … ed in alcuni casi può volerci qualche pacchetto di fazzoletti, quando si riceve il dono che ci cadano le scaglie dagli occhi come a San Paolo, che “tornò a vedere” per intervento Divino e nel momento opportuno, non certo come e quando e perché vogliamo noi, possibilmente all’istante, magari nell’istante esatto che il nostro “interlocutore” vede il nostro “like”.

    Preghiamo per il “fratello che non comprende”, preghiamo per lui, per le sue ferite, per la sua conversione … e se poi lo Spirito Santo ci fa intuire che a doverci convertire siamo proprio noi, o quantomeno “prima noi” … allora potete star certi che abbiamo ricevuto un dono proprio grosso …

    Ave Maria!

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