Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 2,18-22)
Col rimescolamento dei popoli, delle tradizioni e delle religioni cui stiamo assistendo, con la relativizzazione di ogni valore anche quello che ci ha aiutato finora a tenere in piedi la nostra vita, con questa post-modernità liquida in cui sembra che tutto perda forma, si adatti, si squagli ci ritorna spesso la domanda: che significa oggi essere cristiani?
È la domanda dei figli, che crescono con altre abitudini, riferimenti, prospettive, ai genitori.
È la domanda che ciascuno fa alla propria coscienza di fronte alle situazioni nuove e dirompenti e agli interrogativi che esse fanno nascere.
Qualcuno osa dire semplicemente che è meglio non credere in niente, perché pensa che la fede sia vendere la propria umanità a qualche fondamentalismo sottratto all’uso della ragione.
Poi, però, non sa a quale principio ancorare la propria vita.
Erano forse le domande che i discepoli di Giovanni il Battista e la gente che li vedeva così impegnati in una sorta di radicalismo, facevano a Gesù.
La questione era il digiuno, l’affrontare la vita con un impegno personale più definito di fronte a una impressione di leggerezza o di superficialità che sembrava caratterizzare i discepoli di Gesù.
Avere fede, per noi oggi credere in Gesù Cristo, non è forse impegnarsi in una vita che sa sacrificarsi per gli altri, sforzarsi di controllare le passioni, comportarsi correttamente, andare a Messa la domenica, seguire principi morali impegnativi, darsi da fare per la parrocchia, scrivere nelle nostre abitudini una legge di buon comportamento? Digiunare, insomma.
Gesù dice in maniera sconcertante: Si può far diventare il digiuno la cosa più importante quando si fa festa a uno sposo?
La vita cristiana non è prima di tutto ascetica, sforzo titanico di superamento di sé, ma mistica, contemplazione, essere felici in compagnia dello sposo.
Oggi, ci dice papa Francesco, ci ripetono spesso i Vescovi Italiani, dobbiamo metterci di più in contemplazione di Gesù.
Abbiamo ridotto la vita Cristiana a una somma di impegni, al tormento di un’agenda sempre più fitta e abbiamo dimenticato di far festa con lo sposo, di lasciarci affascinare da Lui, di farci conquistare dal suo volto martoriato e risorto, dalla sua umanità, dalla sua bellezza.
Solo dopo questo incanto si scatena e diventa possibile ogni sforzo, ogni digiuno, ogni penitenza, ogni sacrificio finanche il dono della vita.
20 Gennaio 2020
+Domenico