Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 8, 16-18)
Si fa tanto parlare oggi nelle nostre chiese di apertura missionaria: Siamo convinti di avere delle belle ragioni di vivere e non possiamo tenerle per noi.
Non si tratta di fare proselitismo, di aumentare il numero dei cristiani, ma di essere talmente sensibili alla vita di tutti di voler mettere a disposizione di tutti il Vangelo.
Noi lo abbiamo trovato bello, affascinante, impegnativo, ma possibile per cui facciamo di tutto per offrirlo a tutti.
Non diamo per scontato che tutti ormai conoscano il vangelo: Molti infatti quando ne leggono una pagina ne restano scossi.
Significa allora che non è così conosciuto, come noi crediamo!
Molti non hanno più nessun riferimento alla esperienza ecclesiale e l’hanno abbandonata prima di rendersi conto della sua grandezza e bellezza.
Se la fede è una luce, allora non la si deve coprire o spegnere, ma portare a tutti.
Alla sua luce, l’esistenza umana è illuminata e orientata nel suo cammino e la persona non si smarrisce brancolando nel buio come un cieco.
Perché la parola di Dio è la rivelazione che svela ciò che è nascosto e manifesta ciò che è segreto.
E’ la realtà di Dio che si svela, manifestando agli uomini i profondi segreti del cuore di Dio.
E’ una parola di giudizio, perché alla sua luce l’uomo comprende se stesso e saranno svelati i pensieri di molti cuori, come si dice ancora nel vangelo.
Se questo è vero pensiamo a come la predicazione cristiana è approssimata o svalutata nel cuore dei fedeli: E’ un suono confuso privo di ogni armonia, una parola priva di credibilità.
Noi siamo tutti chiamati invece a pronunciare la parola di Dio in maniera che sotto la sua azione il mondo cambierà e si rinnoverà: Sarà la parola di una nuova giustizia, nella verità, la parola che annuncia la pace e che provoca serenità e gioia.
La parola di Dio è come un messaggio di amore rivolto a qualcuno, una voce viva cui si deve dare risposta: E’ un talento preziosissimo che non dobbiamo sotterrare, ma portare a tutti, perché fruttifichi.
Dice la sacra scrittura: la mia parola non tornerà a me senza aver provocato ciò per cui l’ho mandata.
Come si fa ad essere così incoscienti di sotterrare una forza e una energia che ha in sé ogni capacità di consolare, di convertire, di cambiare, di rasserenare …
Occorre certo esserne profondamente innamorati perché la apprezziamo tanto e la facciamo traboccare oltre che dalla nostra voce, anche dalla nostra esistenza, nei nostri rapporti, nel mondo delle nostre relazioni, oggi ancor più ampliate con tutti i nuoi mezzi di comunicazione, i social, le immagini.
Non siamo ai tempi in cui si poteva scrivere la parola solo su pergamene e ne dobbiamo essere ciascuno di noi una originale pergamena.
30 Gennaio 2020
+Domenico