Subito lo seguì, scattò, volò

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 5, 27-32)

<<Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: “Seguimi! ”. Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.>>

Sentirti prospettare davanti una scelta di vita chiara, decisa cui puoi rispondere risoluto, senza tentennamenti è bello.

Purtroppo invece tante nostre vite si devono trovare la strada nell’incertezza, devono vivere di tentativi, prove, ripensamenti, approssimazioni: Ne imbocchi una che sembra la più adatta e non t’accorgi che è un vicolo cieco, hai fatto tanti sogni, ti han promesso che si sarebbero realizzati se avessi seguito quella strada, se avessi scelto quella facoltà, quegli studi, quella professione, poi alla resa dei conti non conta più niente, è cambiato il contesto, sono diverse le aspettative della società.  

Chi ti ha consigliato e ti ha messo in cuore prospettive di futuro o faceva i suoi interessi e gli servivi soltanto o non si portava dentro le risposte alle promesse che faceva.

Gesù invece sa guardare nel cuore degli uomini e vede che sono fatti per cose grandi e osa stanarli dai loro loculi, osa tirar fuori anche noi dal nostro piccolo orizzonte autosufficiente che è sicuro solo di accontentare non di esaltare e portare a piena realizzazione. 

E’ così quando passa davanti al banco delle imposte.

Lì c’è gente che conta i soldi, che li riscuote, che li sa far fruttare, li impiega, li gira, fa bonifici, costruisce piani di finanziamento, accontenta e spreme. Il guadagno è sicuro.

E’ proprio un bel lavoro: comodo, pure onesto, se non fosse per quel rapporto con i romani, gli occupanti che vivono da parassiti.

Una vita può ben essere impostata così: 9-12, 15-18. Che vuoi di più?

Mi resta anche del tempo libero.

Ma il cuore vaga altrove, il pensiero si porta ogni giorno  su domande destabilizzanti:

  • Ma è proprio qui tutta la mia vita?
  • Sono venuto al mondo per stare dietro a un banco a contare e a far quattrini?
  • La forza che mi sento dentro, la voglia di spaccare il mondo, il desiderio di pienezza si può arenare su questi registri o chiudere in questa cassaforte? 

Gesù legge quello che bolle in questa vita, è Lui che ne conosce il segreto, che ci ha messo un desiderio incolmabile di bontà e lo chiama: perentorio, deciso, senza lasciare dubbi.

Non è: potresti riflettere, fare un bilancio tra entrate e uscite nel registro della tua vita. Non ti sembra che forse potresti… Non c’è nessun condizionale.

C’è un imperativo: seguimi, vienimi dietro, stammi attaccato, lascia tutto e cambia, vieni,. Quei soldi che conti non ti fanno felice, quella cassaforte che custodisci, sta blindando anche la tua vita, sta chiudendoci dentro anche i tuoi sentimenti. Seguimi.  

E Levi lasciando tutto si alzò e lo seguì.

E non si pentì mai di avere deciso di stare dalla sua parte.

Si è messo a girare il mondo per dire a tutti che Dio non ci abbandona mai neanche nello scegliere la nostra strada. 

29 Febbraio 2020
+Domenico

Tocchiamo con mano il futuro di Dio sempre alle sue nozze

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 9, 14-15)

<<Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano? ”. E Gesù disse loro: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno.>>

Essere cristiani è sbilanciarsi dalla parte della severità della vita, della austerità dei comportamenti, della mortificazione delle espressività umane o è scegliere la gioia, la serenità, la letizia come stato normale di vita?

Credere in Gesù che ci invita a prendere sulle spalle la nostra croce è vivere di lutti e digiuni oppure è essere capaci di fare festa, gioire anche con gli occhi velati di pianto, avere nel cuore una grande speranza che dà sollievo alle immancabili sofferenze dell’esistenza?

E’ essere destinati alla mortificazione o è far esplodere la bellezza del vivere in una umanità aperta al futuro bello e beato di Dio?  

I discepoli di Giovanni, dopo le sfuriate e le invettive che si erano sentititi addosso nel deserto, alla sequela della sua austerità avevano cominciato a girare per la Palestina per richiamare a tutti la severità di una nuova impostazione di vita.

Occorreva dare una svolta a una vita segnata dalla falsità e dalle abitudini mortificanti di una religione che rischiava di essere senza Dio. Gesù inizia da lì, ma il suo messaggio è di gioia e di felicità.

Lui sa che cosa ha depositato Iddio nel cuore dell’uomo, lui conosce le potenzialità di una umanità riportata al disegno del Creatore e lancia i suoi discepoli sulla prospettiva di una vita nuova.

Dirà sulla montagna per otto volte: beati, beati, felici. 

 Il segreto della fede cristiana sta nel sentirsi accolti da Dio come figli, nel sentirsi trattati come amici e fratelli di Gesù, nel toccare con mano  il futuro di Dio.

Quello che sarete non lo potete nemmeno immaginare; ora siete nella tristezza, ma verrà lo Spirito e vi darà la vera gioia.

La vita cristiana è l’invito a una festa di nozze, per le quali lo stesso sposo anticipa la sua presenza nel mondo.

Sono venuto perché abbiate vita in abbondanza, chi segue me non cammina nelle tenebre, voglio che la vostra gioia sia piena, oggi sarai con me in paradiso, io sono pane di vita che produce eternità, chi crede in me non avrà più fame…  

Si potrebbero moltiplicare tutte le frasi di Gesù, tutte le sue promesse e i suoi doni effettivi. Lui è il sole della vita, la gioia dell’esistenza.

Soltanto quando lui non c’è abbiamo da soffrire, ma Lui non manca mai dall’orizzonte della nostra storia.

Vivere da cristiani è avere questa certezza.

Per questo i martiri attendevano con gioia la morte, passavano attraverso supplizi indicibili con il sorriso sulla bocca: andavano incontro allo sposo. 

Sappiamo tutti che nella vita la felicità non è messa in dubbio dalla fatica, ma dalla disperazione.

Noi non siamo disperati perché Dio non ci abbandona mai. 

28 Febbraio 2020
+Domenico

Seguire Gesù è togliersi quindi dal centro che siamo sempre noi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 9, 22-25)

<<“Il Figlio dell’uomo”, disse, “deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”. Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”>>.  

E’ bello camminare nella vita, è bello avere davanti una strada che percorri con sicurezza, che hai deciso di intraprendere; dopo non pochi tentennamenti ti si è fatto chiaro nella coscienza dove vuoi arrivare e ti metti in cammino; è bello non stare fermi ad aspettare che gli eventi ti cadano addosso, ma è ancor più bello sapere che su questa strada c’è qualcuno che ti precede e che tu continuamente vedi davanti a te e ti dà forza, ti stimola a non fermarti, continua a chiamarti, ti esorta  a continuare: Gli vai dietro convinto che quella è la strada.  

Gesù proprio così dice: chi vuol venire dietro a me.

Il cristiano è colui che va dietro a Gesù, che lo segue, che si mette nel solco dei suoi passi, nella strada da lui aperta, nella direzione che lui tiene con decisione. Il cristiano risponde alla sua chiamata: vieni, seguimi.

Questo verbo lo ripete spesso a chi incontra per strada, seguimi, seguitemi, non lascia a se stesso nessuno.

Seguire Gesù è anche far decidere a Lui la meta, è fidarsi del suo progetto, è inscrivere nei nostri pensieri, nelle nostre attese la sua visione del mondo, il suo rapporto intimo con il Padre, la  vocazione trinitaria che lo ha mandato su questa terra.

Ci dobbiamo decentrare da noi, dal nostro criterio di verità e di bene, dalla nostra sicumera, dallo stesso orgoglio che spesso ci mette contro Dio e collocarci con fiducia dietro di Lui. 

Rinnegare se stessi per seguirlo, non è annientare la bellezza della coscienza, dell’intelligenza, dell’amore che Lui ci ha dato, ma  toglierci dal centro in cui continuamente ci collochiamo, per mettere Lui, la sua vita, il suo vangelo, il suo progetto di salvezza, la sua passione per gli uomini, il suo amore struggente per il Padre.  

Così scopriamo che la strada è in salita, perché occorre portarla con la propria croce, che prima di essere un supplizio è il luogo del massimo amore che Gesù ha per noi e che noi volgiamo avere per Lui.

Non c’è altro modo per il cristiano di realizzarsi: togliersi dal centro, donare la propria vita, non tenere per sé niente, non pensare di guadagnare il mondo, ma di orientare tutto se stesso a Dio.

Passare per le strade di questo mondo che spesso si perdono nel nulla, tenendo dietro a Gesù, perché anche lui ama le nostre strade, ma sa orientarlo al cielo, a quel cielo che non è mai vuoto 

27 Febbraio 2020
+Domenico

Il tuo specchio è l’occhio di Dio e di nessun altro

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 6,1-6.16-18)

<<Quando invece tu fai l`elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa>>.  

[Audio]

Il culto della immagine è una sorta di malattia del secolo, anche se, per come ce ne parla il Vangelo, è una tipica trappola tesa ad ogni uomo di ogni tempo.

Fare del bene per farsi vedere, fare gesti buoni per accreditare una immagine bella di sé, fare elemosina per commuovere e ottenere riconoscimento, pregare per dare l’idea di essere religioso, evidentemente solo là dove questo atteggiamento è valorizzato.  

La tentazione costante è quella di uscire da sé non per altruismo, ma per un bisogno di riconoscimento.

Se non hai l’approvazione di chi sta fuori di te non ti muovi, non osi andare controcorrente, tutto deve essere omologato da altri.

E’ la tentazione di un adolescente che sta ore allo specchio per immaginare che cosa gli altri penseranno di Lui, che non riesce ad andare contro la banda.   

E’ una vita controllata, senza interiorità, senza spazio intimo di crescita e di dialogo con la propria coscienza, con quel sacrario interiore che giudica la nostra vita nella sua profondità.

E’ un atteggiamento subdolo di idolatria, perché si mette al centro se stessi e a se stessi si sacrificano tutti i nostri pensieri e per il nostro vantaggio si intessono relazioni e calcoli.

E da idoli, si subiscono i ricatti degli altri che diventano tiranni da servire. 

Gesù è di altro avviso: <<non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra>>; <<quando fai elemosina non suonare la tromba>>, quando digiuni non presentare una faccia triste, ma <<profumati il capo e le vesti>>.

Non è l’occhio dell’altro il tuo specchio, ma l’occhio di Dio, quello che ti penetra fin nel midollo, quello che sprofonda nella tua interiorità.

Noi dobbiamo scegliere da chi farci giudicare.  

Non sono le lapidi l’attestato del nostro operare e della nostra vita: Quelle servono forse a fare la storia dei grandi, ma non il tessuto d’amore che tiene assieme la vita del mondo.  

Siamo sempre chiamati a stare davanti a noi stessi e a stare davanti a Dio. Lui è il nostro giudice, Lui è da contemplare per avere luce e discernimento su ogni nostra azione, Lui è il Signore di tutto e di tutti, Lui è la nostra felicità, Lui è anche la nostra strada della vita.

Lui ha detto: io sono la via la verità e la vita.

Non è un riferimento esterno, una indicazione di come orientarci, ma la certezza di una compagnia nell’esistenza di tutti i giorni.

E’ il cielo aperto su di noi e dentro di noi sempre. 

26 Febbaio 2020
+Domenico

I problemi non si accantonano, ma si affrontano

Una riflessione dal Vangelo secondo Luca (Lc 9,43b-45)

<<Mentre tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, disse ai suoi discepoli: “Mettetevi bene in mente queste parole: Il Figlio dell`uomo sta per esser consegnato in mano degli uomini”. ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento>>.

Su molti dei nostri giorni incombe spesso la paura di qualche evento tragico, tanto siamo abituati alle disgrazie, a sentire cattive notizie, a sperimentare una estrema fragilità della nostra esistenza.

Questo sentimento ci prende soprattutto quando pensiamo a persone care in pericolo. 

Gesù viveva una intensa amicizia e godeva di una grande fiducia da parte degli apostoli, che gli si erano stretti attorno e condividevano anche i suoi progetti: Quel giorno che disse loro che doveva essere messo nelle mani di gente che l’avrebbe ucciso si rifiutarono di capire, ma rimase in loro questo sentimento di paura, che veniva ad interrompere la lor spensieratezza e la certezza di aver scelto una strada definitiva per la propria vita.

Ma la strada definitiva del cristiano passa sempre attraverso la croce.

Loro non lo sapevano: L’avrebbero imparato entro una grande fragilità, che ha provocato la loro fuga al momento del supplizio di Gesù.

Avevano paura ad affrontare l’argomento “croce”, come abbiamo paura spesso noi quando andiamo a visitare gli ammalati e riempiamo la bocca di tante false promesse, di tanti modi di dire e non abbiamo mai il coraggio di passare assieme a chi soffre attraverso il suo dolore dalla parte della speranza, della consolazione vera, della apertura alla morte redentrice di Cristo.

E’ così anche per noi, per il nostro vivere quotidiano: abbiamo paura di soffrire.

Ed è giusto, ma non possiamo perdere la speranza noi cristiani, perchè la sofferenza non è mai l’ultima parola sulla nostra vita, come non lo è stata per Gesù, che ha condiviso in tutto eccetto il peccato la nostra condizione umana.

Il dolore è un misterioso evento che cambia il nostro cuore, che mentre fa soffrire redime, rinnova, dà saggezza e pace.

Soprattutto se lo viviamo unti al dolore di Cristo.

Quando soffriamo abbiamo una certezza: siamo in compagnia sempre di Gesù, che ci apre il cielo per dare senso alla nostra terra e ci offre un tempo per aggregare le nostre sofferenze alle sue perché diventino speranza certa  per tutti.

25 Febbraio 2020
+Domenico

Fede e preghiera sono la guarigione dell’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 9, 14-29)

Suscita sempre una grande curiosità in fedeli e non credenti l’intervento di Gesù su un indemoniato e in genere il tema degli esorcismi, cioè di quelle preghiere volte a scacciare il demonio dalla vita di una persona.   

Gesù, dopo la Trasfigurazione, scende dal monte con i tre apostoli e gli si concretizza, davanti  un ragazzo indemoniato: E’ una scena tragica   per il ribrezzo, per il disagio che desta, e ancor più difficile perché gli apostoli non sono riusciti a cacciare il demonio … quasi un fallimento dei suoi apostoli che erano stati mandati da lui ad annunciare la buona novella.  

Gesù si accorge che c’è molta incredulità attorno a lui, la gente non ha fiducia in lui non crede al suo amore, non si abbandona al suo mistero: è sempre la sua grande missione che non viene capita e allora ritrova la sua calma e osserva tutto il contesto.  

Certo il malato è il ragazzo, ma la sua attenzione va al papà addolorato e disperato, lo fa parlare e  dal suo cuore viene finalmente fuori una invocazione, una preghiera umile di invocazione di aiuto: «Ma se tu puoi aiutaci, mosso a pietà di noi! ».

«Hai detto, se posso; ma tutto è possibile a chi crede! ». 

Quasi a dire “c’è qualcosa che puoi fare anche tu”; in altri termini: “stai chiedendo qualcosa che devi cominciare a fare tu”.

Il padre capisce e grida: «Credo, aiuta la mia fede! ».  

Mostra l’apertura, il desiderio di essere aiutato, è un umile atto di fede, e insieme un riconoscimento di essere ancora molto indietro, di avere bisogno di qualcosa d’altro. 

E questo diventa un monito che nella comunità viene ripetuto agli esorcisti imprudenti e spavaldi: “Attenzione! ci vuole molta fede per operare tali grandi cose; non crediate di essere onnipotenti, ma riconoscete a fondo la vostra debolezza e chiedete aiuto”.  

E Gesù conclude: questa specie di demoni in nessun modo si può cacciare se non con la preghiera». 

A livello dell’esorcista, era, appunto, l’invito a non presumere di sé, ma a pregare, a riconoscere che il potere è di Dio e non proprio e per il fedele l’invito a pensare che solo attraverso la preghiera, l’affidarsi totalmente a Lui, il chiedere umilmente a Lui, avrebbe potuto superare le proprie difficoltà. 

Gesù stesso  invita tutti noi a pregarlo per ottenere la forza di fare tutte le cose difficili, per vincere tutte le difficoltà apparentemente insormontabili che ci sono richieste, e ci dice che Egli è venuto per aiutarci a superarle. 

24 Febbraio 2020
+Domenico

Essere cristiani non è rispettare un galateo, ma amare pure i nemici

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 38-48)

Se c’è una maschera intollerabile ai nostri giorni, è quella del perbenismo, del politicamente corretto.

Non bisogna stare da nessuna parte, possibilmente sempre in mezzo, cioè né di qua, né di là.

Non si deve offendere la sensibilità, non si deve esagerare, occorre tenere i piedi per terra, avere il senso della realtà, regolare la vita con il cosiddetto buon senso. 

Religiosi sì, ma non troppo; buoni sì, ma non sempre, altrimenti ti prendono per buono a nulla; convinti sì, ma non senza riserve, altrimenti passi per talebano; cristiani sì, ma trattabili su tutto e per tutti.  

La religione cristiana è vista come un galateo che regola la buona educazione: Essere educati in un tempo in cui  tutti si sforzano, e ci riescono troppo bene, ad essere zotici e villani, non è proprio un difetto, ma essere cristiani non è una atmosfera tiepida, non è un aggiustamento per andare tutti d’amore e d’accordo, non è fare la media dei comportamenti e collocarsi sempre in zona mediana.

Sono venuto per portare fuoco su questa terra e ardo dal desiderio che si accenda e bruci.

Il punto di arrivo dove è? Siate perfetti come il Padre vostro celeste che sta nei cieli.

Non è cosa da poco, Gesù non ci chiede il minimo, ma il massimo.  

Essere Cristiani non è adattarci alla media dei comportamenti delle persone per bene, ma essere in certo mondo trasgressivi. 

Non si tratta di dire tanti rosari al giorno, cosa del resto meritevole, ma di far sperimentare a tutti come l’essere credenti cambia veramente il modo di pensare, di vivere, di rapportarsi con tutti.

Amare gli amici, fare dei favori a chi ti vuole bene, essere cordiali con chi ti è simpatico, star bene con i buoni, invitare chi ti può a sua volta ricambiare è quello che fanno tutti; amare i nemici, porgere l’altra guancia, rimanere fedeli anche nella prova, amare i figli anche quando ti fanno soffrire, mettere in secondo piano le nostre difficoltà pur di salvare la famiglia, resistere nella fede anche quando non vediamo niente e ci sembra di essere abbandonati … Amare il marito o la moglie anche quando ti fanno soffrire, essere capaci di perdonare le offese..  ecco, questi sono gesti che si avvicinano all’essere cristiani.

Oggi o si è cristiani fino in fondo o non val la pena di esserlo. 

Solo una vita così porta speranza al nostro mondo appiattito.

Occorre però sapere dove sta la sorgente di questa speranza: in Gesù di Nazareth  

23 Febbraio 2020
+Domenico

Che ti dice di Gesù “la cattedra” da cui parla Pietro?

Una Riflessione dal Vangelo secondo Matteo (Mt 16, 13-19)

Abbiamo da poco riflettuto su chi è Gesù per ciascuno di noi.

Oggi il Vangelo ritorna a farci la stessa domanda fatta a Pietro, perché la sua risposta è unica, da quando Pietro venne a Roma come papa della Chiesa di Gesù.

C’è una cattedra, la sedia da cui chi ha autorità parla, incastonata nella pala della Basilica di san Pietro e sotto c’è un altare detto appunto della cattedra.

Indica una delle funzioni più importanti del papa: l’insegnamento della fede vera, del vangelo vivo, della verità della fede cattolica; e noi oggi vogliamo risentirci dire quello che papa Francesco dalla sua cattedra impiantata nel Sinodo dei giovani ci ha detto:

Contempla Gesù felice, traboccante di gioia. Gioisci con il tuo Amico che ha trionfato. Hanno ucciso il santo, il giusto, l’innocente, ma Egli ha vinto. Il male non ha l’ultima parola. Nemmeno nella tua vita il male avrà l’ultima parola, perché il tuo Amico che ti ama vuole trionfare in te. Il tuo Salvatore vive. Se Egli vive, questo è una garanzia che il bene può farsi strada nella nostra vita, e che le nostre fatiche serviranno a qualcosa. Allora possiamo smettere di lamentarci e guardare avanti, perché con Lui si può sempre guardare avanti. Questa è la sicurezza che abbiamo. Gesù è l’eterno vivente.  Aggrappati a Lui, vivremo e attraverseremo indenni tutte le forme di morte e di violenza che si nascondono lungo il cammino. Qualsiasi altra soluzione risulterà debole e temporanea. Forse risulterà utile per un po’ di tempo, poi ci troveremo di nuovo indifesi, abbandonati, esposti alle intemperie. Con Lui, invece, il cuore è radicato in una sicurezza di fondo, che permane al di là di tutto. San Paolo dice di voler essere unito a Cristo per « conoscere lui, la potenza della sua risurrezione » (Fil 3,10). È il potere che si manifesterà molte volte anche nella tua esistenza, perché Egli è venuto per darti la vita, «e la vita in abbondanza»  (Gv 10,10).  Se riesci ad apprezzare con il cuore la bellezza di questo annuncio e a lasciarti incontrare dal Signore; se ti lasci amare e salvare da Lui; se entri in amicizia con Lui e cominci a conversare con Cristo vivo sulle cose concrete della tua vita, questa sarà la grande esperienza, sarà l’esperienza fondamentale che sosterrà la tua vita cristiana. Questa è anche l’esperienza che potrai comunicare ad altri giovani. Perché “all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva ” 

22 Febbraio 2020
+Domenico

La croce è strada difficile, ma certa, sicura

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 34-9,1)

E’ bello camminare nella vita, è bello avere davanti una strada che percorri con sicurezza, che hai deciso di intraprendere; dopo non pochi tentennamenti ti si è fatto chiaro nella coscienza dove vuoi arrivare e ti metti in cammino; è bello non stare fermi ad aspettare che gli eventi ti cadano addosso, ma è ancor più bello sapere che su questa strada c’è qualcuno che ti precede e che tu continuamente vedi davanti a te e ti dà forza, ti stimola a non fermarti, continua a chiamarti, ti esorta a continuare.

Gli vai dietro convinto che quella è la strada.

Gesù proprio così dice: <<chi vuol venire dietro a me>>.

Il cristiano è colui che va dietro a Gesù, che lo segue, che si mette nel solco dei suoi passi, nella strada da lui aperta, nella direzione che lui tiene con decisione.

Il cristiano risponde alla sua chiamata: vieni, seguimi.

Questo verbo lo ripete spesso a chi incontra per strada, seguimi, seguitemi, non lascia a se stesso nessuno.

Seguire Gesù è anche far decidere a Lui la meta, è fidarsi del suo progetto, è inscrivere nei nostri pensieri, nelle nostre attese la sua visione del mondo, il suo rapporto intimo con il Padre, la vocazione trinitaria che lo ha mandato su questa terra.

Ci dobbiamo decentrare da noi, dal nostro criterio di verità e di bene, dalla nostra sicumera, dallo stesso orgoglio che spesso ci mette contro Dio e collocarci con fiducia dietro di Lui.

Rinnegare se stessi per seguirlo, non è annientare la bellezza della coscienza, dell’intelligenza, dell’amore che Lui ci ha dato, ma toglierci dal centro in cui continuamente ci collochiamo, per mettere Lui, la sua vita, il suo vangelo, il suo progetto di salvezza, la sua passione per gli uomini, il suo amore struggente per il Padre.

Così scopriamo che la strada è in salita, perché occorre percorrerla con la propria croce, che prima di essere un supplizio è il luogo del massimo amore che Gesù ha per noi e che noi vogliamo avere per Lui. Non c’è altro modo per il cristiano di realizzarsi: togliersi dal centro, donare la propria vita, non tenere per sé niente, non pensare di guadagnare il mondo, ma di orientare tutto se stesso a Dio.

Fare la strada di Gesù per noi è passare per le strade di questo mondo che spesso si perdono nel nulla, tenendo dietro a Gesù, perché anche lui ama le nostre strade, ma sa orientarle al cielo, a quel cielo che non è mai vuoto.

21 Febbraio 2020
+Domenico

Chi è Gesù per me?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 27-33)

E’ una domanda che dobbiamo farci tutti.

A Gesù interessa molto, non certo per bisogni affettivi, saremmo noi invece che ha questi bisogni.

E’ una domanda che va al centro della nostra fede.

Non è soltanto un “chi dite che io sia” che abbia curiosità teorica, ma domanda che decide una relazione totale, completa, fatta di accoglienza da parte nostra e di dono infinito d’amore da parte di Gesù, Figlio di Dio.  

Stava a cuore a tutti i padri e i giovani presenti al Sinodo di due anni fa.

Prendiamo allora le risposte che ha dato papa Francesco: <<Anzitutto voglio dire ad ognuno la prima verità: “Dio ti ama”. Se l’hai già sentito, non importa, voglio ricordartelo: Dio ti ama. Non dubitarne mai, qualunque cosa ti accada nella vita. In qualunque circostanza, sei infinitamente amato. Posso dirti con certezza che puoi gettarti in tutta sicurezza nelle braccia del tuo Padre divino, di quel Dio che ti ha dato la vita e che te la dà in ogni momento. Egli ti sosterrà saldamente e, nello stesso tempo, sentirai che rispetta fino in fondo la tua libertà.  La seconda verità è che Cristo, per amore, ha dato sé stesso fino alla fine per salvarti. Quel Cristo che ci ha salvato sulla croce dai nostri peccati, con lo stesso potere del suo totale dono di sé continua a salvarci e redimerci oggi. Guarda la sua Croce, aggrappati a Lui, lasciati salvare, perché « coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento ».65 E se pecchi e ti allontani, Egli di nuovo ti rialza con il potere della sua Croce. Non dimenticare mai che «Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito. 

C’è però una terza verità, che è inseparabile dalla precedente: Egli vive! Occorre ricordarlo spesso, perché corriamo il rischio di prendere Gesù Cristo solo come un buon esempio del passato, come un ricordo, come qualcuno che ci ha salvato duemila anni fa. Questo non ci servirebbe a nulla, ci lascerebbe uguali a prima, non ci libererebbe. Colui che ci colma della sua grazia, Colui che ci libera, Colui che ci trasforma, Colui che ci guarisce e ci conforta è qualcuno che vive. È Cristo risorto, pieno di vitalità soprannaturale, rivestito di luce infinita. Per questo San Paolo affermava: «Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede » (1 Cor 15,17).”  

Queste tre verità su Gesù figlio di Dio ci riempiono la vita di gioia, di certezza, di verità, di libertà, di accoglienza, di amore. Gesù tu sei questo per me, non guardare alle  mie carognate, ma trasforma i dubbi in atti nuovi di amore per te, trasforma, la mia incostanza in desiderio di non cedere, cambia la mia noia nella tua gioia.

Questo sei per me. 

20 Febbraio 2020
+Domenico