Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 35-41)
Quando siamo depressi e “stritolati” dalle difficoltà della vita, come gli apostoli nella tempesta che si scatenò su lago mentre lo attraversavano in barca, andiamo … a cercare aiuto, vogliamo trovare qualche riferimento che ci permette di stare in piedi, di capire, di dare un senso a quello che ci capita …
Quel Dio che prima ritenevamo un soprammobile, ora lo cerchiamo, lo accusiamo, lo chiamiamo in causa: Ma tu dove sei? Perché mi fai capitare tutto questo?
… e scopriamo che Dio è assente dalla nostra vita.
Abbiamo sempre vissuto come se non esistesse, lo abbiamo ritenuto ininfluente, abbiamo programmato sempre la vita senza di Lui … oppure “dicevamo” ogni giorno le preghiere, ma erano appunto le preghiere, le formule, non LA preghiera.
Abbiamo giocato soltanto, insomma.
I discepoli avevano Gesù a disposizione tutti i giorni, vi si erano quasi abituati: Lui doveva risolvere tutti i loro problemi, quasi si sentivano in diritto di restarne protetti; Invece stavolta non se ne cura, sta dormendo beatamente: E’ assente; non risponde, non risolve un bel niente, è solo un peso.
“Ma che fai? Come ti permetti di giocare sulle nostre vite? Che significa questa tuo assoluto estraniamento?“
E’ la domanda di molti giovani e non più giovani di fronte al male del mondo, di fronte alle sfortune della vita, di fronte alle morti degli amici, di fronte alle ingiustizie.
Molti ragazzi cominciano ad abbandonare la Chiesa, la pratica, la parrocchia perché si ribellano all’assenza di Dio, perché credono che Dio dorma sulle loro vite e le loro vicende.
Il sonno, il silenzio, o l’assenza di Dio suscita in noi paura e disappunto, più che una domanda che va alla radice del problema.
Non abbiamo il coraggio di domandarci prima: ma io credo in Dio?
Ho fede in Lui?
Ho sperimentato la bellezza dell’abbandono nelle sue braccia? So di stare a cuore a Dio? Ci credo davvero? Mi sono mai affidato a Lui con qualche preghiera? Il cero che vado ad accendere per il compito di matematica è scaramanzia, paura, o affidamento?
Ecco .. in questo dolore che si prova Dio è sparito, ma non c’era già più da un pezzo: E’ da una vita che va avanti, questo … tale, senza riferirsi veramente a Lui, senza interpellarlo sul suo futuro, sulla sua vocazione.
Si è già ridotto a pensare la vita come un “destino” e spera di essere “fortunato”: Fortuna si chiama la presenza di Dio, non fede.
Siamo tornati ai tempi della “dea fortuna”, siamo tornati indietro di secoli: Allora, a Palestrina un ragazzino Agapito, il giovane martire prenestino, con la sua tenacia, la sua testardaggine, la sua decisione d’amore per Gesù morto e risorto, aveva cambiato la storia di un popolo: noi la facciamo tornare indietro di diciotto secoli.
<<Lo svegliano e lo rimproverano>>.
No, qui tu non ci stai a farti i fatti tuoi, ci hai tirato dentro e adesso ti dai da fare con noi: Non ti permettiamo di affogare senza accorgerti, devi vedere anche tu la morte in faccia come la vediamo noi.
<<Non ti importa che moriamo?>>
E’ un grido, e un rimprovero, è una disperazione, è una rabbia, è una constatazione e una pressante richiesta.
Tu sei un palpito del cuore di Dio, e vuoi che a me non importi niente di te? Io ti ho amato fino a morire per te e tu credi che Io abbia abbandonato la mia missione? Tu mi sei stato affidato da Dio, mio Padre e credi che Io non sia deciso a fare tutto quello che è necessario per te?
Sono io che dormo o sei tu che non hai fede?
1 Febbraio 2020
+Domenico