Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 11-13)
Spesso abbiamo anche noi voglia di comunicare agli altri quello che ci riempie la vita di gioia, di soddisfazione, di completezza.
Vorremmo che tutti lo sapessero, provassero ciò che noi percepiamo, condividessero con noi qualche passo della nostra esistenza; ma ci troviamo di fronte o a indifferenza, o biasimo, o rifiuto, spesso anche giudizi trancianti da disperazione.
Ebbene Gesù si scontra non una volta sola, con l’incredulità che non viene da valutazione, da disponibilità al dialogo, ma solo da accecamenti, da partito preso, da disattenzione degli stessi apostoli.
Il suo messaggio non è accolto in profondità.
I farisei lo vogliono mettere alla prova, rifiutano ciò che è loro donato dal Signore e pretendono di fissare essi stessi come Dio debba agire.
Sempre con Gesù, non si tratta di restringere lo spazio della razionalità, del cercare ragioni convincenti da ogni punto di vista.
La fede ha buon diritto di stare a confronto con ogni ricerca scientifica, non teme la scienza e quindi non deve essere emarginata dal mondo intellettuale e da nessuna cultura.
Sembra un discorso da specialisti, ma deve stare al fondo di una corretta educazione che vuol aiutare l’uomo a vivere con dignità la sua dimensione religiosa nel mondo di oggi, negli snodi fondamentali della concezione di uomo, di bene comune, di vita, di persona che stanno alla base di tante discussioni e lacerazioni del tessuto culturale della quotidianità.
E’ necessaria una conversione intellettuale, che è propria di chi sa ragionare con la propria testa, cogliendo la ragionevolezza della fede.
L’impegno dei cristiani nella cultura è anche servizio allo sviluppo culturale della città, al condividere con il mondo degli universitari le speranze di un futuro da vivere nel territorio.
La dimensione religiosa dell’uomo ha pari dignità come ogni altra dimensione.
Spesso la fede cristiana è vista come una debolezza culturale e una caduta di tono nel mondo scientifico: Il positivismo è duro a morire sia nelle scuole, sia nei mass media, sia nella coscienza degli uomini di cultura e la Chiesa non può adattarsi a nessun talebanesimo, a nessun fondamentalismo o falsa certezza immotivata.
Nei farisei, ma anche in noi, manca l’apertura, l’umiltà, la fiducia, la libera adesione, le disposizioni per accogliere Cristo.
Gesù che fa? Esce in un grande sospiro e si allontana rispettando la decisione umana, ma fa capire che essa impedisce l’incontro e la salvezza.
A noi comprendere che questa chiusura blocca anche noi che, invece, come Chiesa dobbiamo aprire i nostri cuori e quelli dei nostri contemporanei alla ricerca umile e disinteressata del bene, della verità, della salvezza.
17 Febbraio 2020
+Domenico