Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 8, 14-21)
Mi fa pensare stamane la domanda sferzante che fa Gesù agli apostoli: avete il cuore indurito?
Nessun uomo indurito nel cuore ha mai raggiunto la salvezza, a meno che Iddio misericordioso, come dice il profeta, non gli abbia strappato il cuore di pietra e gli abbia dato un cuore di carne.
C’è in noi un male dell’anima, detto “durezza di cuore”, che per noi praticamente è l’«essere molto occupati», «essere troppo presi dal lavoro»; e non lo consideriamo affatto un male dell’anima, anzi, ne siamo pure orgogliosi perché noi siamo molto bravi a occuparci di così tante cose; di agire come se, per noi, la giornata avesse 48 ore.
E così non si vive, «Tutti muoiono, ma pochi vivono».
E’ angosciante che la vita scorra senza consapevolezza che in questo estraniarsi dalla nostra interiorità, chiudiamo la nostra anima a tutte le sollecitazioni positive della vita, perché ci assorbono solo i nostri interessi.
Che cos’è dunque un cuore di pietra? È quello che:
- non s’incrina perché si priva di minimi pentimenti,
- non s’addolcisce nella pietà,
- non si commuove alla preghiera;
- Non serba riconoscenza per i benefici,
- è recalcitrante ai consigli,
- è spietato nei giudizi,
- è sfacciato nelle volgarità,
- è spavaldo nei pericoli,
- è insensibile con gli uomini e temerario con Dio;
Dimentica il passato, trascura il presente, non provvede al futuro: del passato ricorda solo le ingiurie, del presente non gli interessa nulla, e del futuro gli preme solo la prospettiva o la preparazione di qualche vendetta.
E, per riassumere in poche parole, un cuore duro
non teme Dio né rispetta l’uomo.
Abbiamo un cuore di pietra!
Sopprimere il proprio cuore di carne e sostituirlo con un cuore di pietra: ecco il peccato che l’uomo commette contro se stesso, contro Dio e contro il prossimo … e lo commette immergendosi nelle mille occupazioni che non gli lasciano più il tempo e il modo di vedere la bellezza del mondo, di dedicarsi agli affetti disinteressati, di coltivare la propria anima e di evolvere verso la luce della verità.
Non si tratta tanto di una riduzione quantitativa del tempo in cui facciamo posto ai sentimenti di amore, di amicizia, di solidarietà o alla preghiera, anche questo; ma soprattutto perdiamo qualità della vita, perché il primo effetto negativo dell’eccesso del fare è quello di perdere la sensibilità affettiva e di mercificare il tempo.
I primi ad accorgersi sono i bambini che vengono sommersi di regali e non accolti con affetti e abbracci.
18 Febbraio 2020
+Domenico