Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 8, 23) dal Vangelo del Giorno (Gv 8, 21-30)
<<E diceva loro: “Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo.”>>
Un difetto piuttosto diffuso caratterizza chi è nato in contesti religiosi e cristiani e accoglie il dono della fede attraverso l’ambiente sociale in cui vive: a poco a poco crede di poter guardare Dio negli occhi e lo abbassa al livello delle sue pulsioni, dei suoi desideri, delle sue miserie.
Se non è come noi, poco manca: senza accorgerci … perdiamo il senso della sua alterità, della sua grandezza, della sua irriducibilità alla nostra vita.
Sappiamo che Dio si è fatto uomo, e lo fissiamo nel nostro mondo: tentiamo continuamente di rendere “passabile”, ragionevole ogni Parola di Dio.
Allora facciamo fatica a capire il Vangelo: lo vorremmo ridurre al diario di un uomo, e tutto ciò che vi si racconta è … che noi “non possiamo fare” o essere”, lo diciamo solo “fantasia e devozione”, mito e leggenda.
Guardiamo al mondo, lo vediamo cattivo e sconvolto, e pensiamo che Dio abbia sbagliato qualche conto e gli chiediamo ragione del male: lo mettiamo alla sbarra, come si fa con un qualsiasi delinquente.
Il criterio di verità che usiamo è il nostro, il criterio di giustizia è il nostro, l’esperienza dell’amore è solo quella che a noi pare bene vivere.
Invece, spesso, nel Vangelo e nella Bibbia si fa notare che c’è una assoluta diversità, che il farsi uomo da parte di Dio è per elevare l’uomo alla grandezza di Dio, non per ridurre Dio all’orizzonte umano.
Le Mie vie non sono le tue vie.
C’è una apertura, bella, verso l’oltre, che deve sempre aprire la nostra intelligenza: il mondo che il Vangelo ci presenta sta stretto, sempre, nelle nostre eventuali realizzazioni di esso.
Questa alterità di Dio era molto avvertita dal “pio ebreo”, tanto che di Dio non si poteva fare nessuna rappresentazione iconografica e non si poteva pronunciare nemmeno il suo nome: erano persino esagerati, proprio perché dovevano combattere l’idolatria, la elevazione di se stessi e delle creature a divinità.
Noi pensiamo sempre a queste idolatrie come … a delle statuette, che rappresentano qualche Dio, ma l’idolatria più vera è quella che … noi viviamo nei confronti del del denaro, nei confronti di tutti i vizi che siamo stati capaci di mettere assieme.
Noi oggi non siamo tentati di costruirci idoli verso i quali esercitare un culto, ma … in maniera molto più furbesca, facciamo diventare Dio le cose, il denaro, il divertimento, il successo.
Ci facciamo una religione su misura.
Ma Dio … non è di questo mondo: Lui non ci abbandona mai, non per livellarci al ribasso, ma per esaltarci e portarci nella sua pienezza.
31 Marzo 2020
+Domenico