Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 4,24-30)
Siamo fortunati – dicono i suoi compaesani – siamo diventati famosi.
La città di Nazareth è nota dovunque … non solo, ma abbiamo lo spettacolo garantito: Tutti sapevano che cosa aveva fatto Gesù sulle rive del lago, glielo invidiarono tutti.
Era come aver padre Pio in casa: Chissà quanta gente sarebbe venuta, quanti affari si sarebbero potuti fare … ma il loro cuore era indurito: credevano di aver a disposizione uno spettacolo, non una provocazione alla conversione.
Gesù aveva cercato di trascinarli nei suoi sogni: chiudendo quei rotoli della torah, della Legge e consegnandoli all’inserviente aveva detto “oggi queste cose si avverano, questo sogno di un mondo diverso di un povero che si apre alla speranza, di un sofferente che salta di gioia io sono qui a renderlo esperienza vera. Ci state?”
Chiede loro una conversione, una condivisione, una passione per i suoi ideali, ma non è questo che loro si aspettano: È un privilegio da godere che si immaginano di poter ottenere.
E Gesù viene a contatto con il primo rifiuto esplicito e provocatorio, e comincia a provare ciò che in piccolo forse anche noi talvolta abbiamo sperimentato: Ho parlato, ho dimostrato il massimo di gratuità e di delicatezza, ho cercato con dolcezza di capire… non solo non mi seguono, ma mi fanno pure del male.
Allora Gesù, come al solito di fronte alla difficoltà non blandisce, non cerca “audience”, non mitiga: va fino in fondo.
Ricordate Naaman, il lebbroso “autosufficiente” di Damasco, invitato a bagnarsi nel fiume Giordano per guarire? Potente, offensivo e sprezzante, si permette di dire: devo bagnarmi in questa fogna? Con tutte le acque termali, le piscine e le acque cristalline di cui posso disporre? Proprio come tutti i senza Dio!
Invece un ragazzetto lo invita a ascoltare il profeta e ha avuto in dono la guarigione dalla lebbra, ed è diventato nuovo: Non soltanto gli ha rifatto i moncherini, ma l’ha ricostruito.
Ricordate la vedova presso cui veniva ospitato Elia? Non era nessuno, non era l’unica che moriva di stenti, in quella carestia … il popolo di Israele viveva ancor più disperato, ma Dio ha salvato lei.
Dio non è legato a nessuna pretesa umana; il suo dono è senza ritorno, ma non può andare contro la nostra libertà.
È così pur ciascuno di noi.
È così per le nostre comunità: il dono di Dio, la fede non è una proprietà, ma sempre un dono; non si può mettere in banca, non è una assicurazione, una polizza: è una continua ricerca, una domanda, una accoglienza, una disponibilità, ma non mai autosufficienza.
Quando tocchi una proprietà ti devi sempre aspettare reazioni dure.
Quando proponi conversione sei davanti ad accettazione o violenza.
E Gesù ha la prova di quel che capiterà più tardi: La strada è in salita!
È la salita della quaresima che stiamo vivendo con Lui e che vogliamo condividere.
In questo, passando in mezzo a loro se n’è accorto: c’è già la preparazione della resurrezione.
16 Marzo 2020
+Domenico