Il pianto di Gesù si cambia in un grido liberatorio

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni dal Vangelo del Giorno (Gv 11, 1-45)

<<Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: “Dove l`avete posto?”. Gli dissero: “Signore, vieni a vedere!”.  Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: “Vedi come lo amava!”. Ma alcuni di loro dissero: “Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?”. … E, detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”. Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: “Scioglietelo e lasciatelo andare”.>>

La morte resta sempre un mistero inquietante: di fronte alla morte siamo tremendamente impotenti, la nascondiamo più che possiamo, ma è l’unica certezza che sperimentiamo per tutti.

Gesù si trova di fronte alla morte di un amico: è Lazzaro, colui che con le sue sorelle dà vita a una casa accogliente, dove Gesù passa spesso a riposare per tirarsi fuori dalla bolgia delle feste che si vivono al tempio nel frastuono, nei subbugli, nelle diatribe.

Due atteggiamenti vengono messi in risalto da parte dell’evangelista Giovanni: il primo è commozione profonda e turbamento, fremito del cuore e dell’intelligenza … e sdegno.

La morte, il male, la condanna che viene dal maligno è ancora lì a punire, a deturpare, a squassare la vita, il bene sommo di cui Dio è Signore.

Nella potenza tragica della morte si annida il male oscuro e cieco dell’umanità.

Gesù ha quasi una ribellione nei confronti di questa potenza beffarda che gli ha tolto l’amico Lazzaro, come tutti noi che non riusciamo a comprendere la morte dei nostri cari.

La morte continua ad essere uno scandalo, un controsenso, una realtà incomprensibile: quando capita a noi, ai nostri amici o ai nostri cari facciamo sempre fatica a darcene una ragione. 

L’altro atteggiamento che sottolinea l’evangelista Giovanni è il pianto: è lo sfogo dell’amico, il pianto liberatorio della partecipazione a questo evento, la solidarietà con il dolore.

Gesù è un uomo con tutti i più ricchi e delicati sentimenti delle esperienze più belle dell’umanità.

L’amicizia è proprio una di quelle: è la compagnia, il sostegno, lo scambio, il riferimento, l’affidarsi vicendevole, il farsi coraggio a vicenda.

Ora, l’amico dei ritorni snervanti dalla vita di Gerusalemme non c’è più: Non risuona più la sua voce che lo rincuorava e gli dava forza per riprendere poi all’indomani un’altra battaglia nel tempio. 

Ma il pianto si cambia in lotta, in un grido liberatorio.

Dice il Vangelo <<Gridò a gran voce>> perché tutti lo sentissero, anche quelli che stavano a dirgli: bell’amico che sei stato … non ti costava niente se lo salvavi prima? Ormai …

Ecco la “parolaccia” che non dobbiamo mai dire: per Gesù non c’è nessun ormai, la vita deve sempre scoppiare e Lazzaro riprende vita e si sciolgono le bende.

Gli ha ridato vita, ma per dare un segno di quella vita infinita che dopo la sua risurrezione diventerà patrimonio di tutti, patrimonio di quel cielo che lui abiterà per dare alla terra la luce esplosiva del Risorto.

29 Marzo 2020
+Domenica
 

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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