Silenzio, desolazione, sconforto, fino all’alba più bella di tutte

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 28,1-10 )

Oggi c’è silenzio grande in tutte le chiese.

Ieri non abbiamo celebrato l’eucarestia perché abbiamo fatto memoria e adorato Gesù Cristo nella sua morte; oggi, sabato, gli apostoli si sono rifugiati nel cenacolo: la loro disperazione si taglia a fette, ribolle in loro la fuga che hanno fatto miseramente dal Calvario, l’abbandono del maestro, la sconfitta senza speranza.

Stanno pensando come fare i funerali, come portarsi al luogo della sepoltura, che pensavano doveva essere la fossa comune dei delinquenti, intoccabile, ignominiosa: dentro si sarebbe sepolta ogni traccia del suo assassinio, della sua morte, della sua condanna.

Solo le donne sapevano dove invece lo avevano sepolto, e avevano predisposto tutto per imbalsamarlo: erano “vecchie del mestiere” le vestali della morte, tocca sempre a loro, alle donne, riportarsi in grembo quel figlio dell’uomo che con tanto amore e cura hanno allevato, fatto crescere, accompagnato.

Scompaiono per un po’ dalla sua vita, ma quando te lo ammazzano, sono ancora loro che rientrano in campo per consegnarlo alla terra.

Questa è la storia di ogni uomo: le donne della piazza di Maggio in Argentina non si sono mai date pace, sono sempre state in attesa di poter consegnare alla terra, almeno nel loro cuore, i figli, i nipoti strappati e scomparsi. 

Il Sabato Santo è il giorno del silenzio, della riflessione, del nostro esame di coscienza e diventerà per tutti il giorno della più grande attesa. 

Ebbene, è un grido solo quello che si ode per i vicoli di Gerusalemme quel giorno dopo il Grande Sabato: hanno portato via il Signore.

Il potere s’è fatto furbo: i funerali sono spesso più pericolosi dell’assassinio; i conti però non tornano: Pilato aveva fatto mettere delle guardie perché non inventassero sublimazioni pericolose, o mitizzazioni deleterie, tormentoni infiniti.

Ma il corpo là non c’è più!

Non solo sono le donne che lo dicono: c’è la “visita ufficiale” diremmo del Papa, di Pietro, che constata l’assenza del cadavere; c’è una deposizione un po’ ridicola presso i carabinieri: ci siamo addormentati ed è venuto qualcuno a portarcelo via.

Ma se dormivate, come fate a dire che qualcuno l’ha portato via?

Sì, perché tu avresti qualche altra soluzione? Dai, lasciaci firmare, per il servizio fatto, che torniamo in caserma: a quello gli ho squarciato il petto io e non ci potrà più nuocere, in giro per Gerusalemme non ne vedremo più nemmeno l’ombra.”  

Invece Lui, Gesù, si fa incontrare vivo: Lo incontrano le donne, lo vede Pietro, lo ascoltano di nuovo tutti gli amici.

È lui, è Gesù, è ancora con noi: è una vita piena.

Non è vero che ce ne dobbiamo ritornare a vivere come prima: Lui alla morte ha riso in faccia, il Padre non lo ha abbandonato, è vero quello che ci aveva detto! 

Ma allora la nostra vita cambia: il nostro dolore ha un senso, non siamo a un eterno ritorno, non viviamo sotto un cieco destino!

Chi consuma la vita nell’amore la continua piena, nuova, definitiva. 

Per la nostra povera umanità italiana e mondiale oggi è ancora un Sabato Santo di attesa, di angoscia, per la vita fisica in grande fragilità; è ancora più fragile per molte famiglie: è un attesa di pace, di prospettiva di ricostruirci una vita serena. 

Supplichiamo Dio che ci faccia sperimentare risurrezione, rinascita, umanità nuova. 

11 Aprile 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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