Fede e annuncio della risurrezione: il centro della vita cristiana

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 16,9-15)

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Come ci comportiamo nei confronti della risurrezione di Gesù? 

È fede vera? È tentativo di capire, ma non sempre? È linguaggio incomprensibile perché risurrezione non è esperienza che si può provare o definire, o scientificamente dimostrare, non la si può “falsificare” direbbero in gergo scientifico i logici matematici? È un modo di dire … dopo la certezza di una morte da cui non si torna mai indietro?

Possono essere tante le domande che ci assillano: per questo ci facciamo aiutare da come gli apostoli, i primi che hanno fatto esperienza del risorto, si sono convinti o hanno comunicato con il Signore risorto e vivo. 

All’inizio, i primissimi cristiani non si preoccupano tanto di provare la risurrezione per mezzo di apparizioni: per loro la fede nella risurrezione era così evidente e viva che non c’era bisogno di prove. 

Le prime comunità, disperse e fragili in mezzo all’impero romano, che era immenso, erano una prova viva della risurrezione: erano poi talmente in pochi e uniti che erano ritenuti ancor meno di minoranze nel mondo romano o nel mondo pagano, senza nessuna rilevanza pubblica, al di fuori del mondo ebraico da cui quasi tutti si erano allontanati … e Marco ci presenta una lista di apparizioni che terminano con una puntigliosa incredulità degli apostoli: altre liste di apparizioni cominceranno a spuntare più tardi, nella seconda generazione, per ribattere le critiche degli avversari. 

La prima apparizione della lista di Marco è quella di Maria Maddalena, ma gli altri apostoli non le credettero, e a ragione Gesù aveva affidato a una donna il primo annuncio della Risurrezione, rivoluzionando la mentalità del tempo che non dava alla donna – in quanto tale – nessuna possibilità di una testimonianza riconosciuta in nessun fatto.

Anche con questa apparizione vuol passare dalla debolezza e non dalla certezza, il Signore.

Gesù poi appare ai due discepoli “mentre erano in cammino verso la campagna” – dice il Vangelo – si tratta sicuramente dei due discepoli  di Emmaus, ma anche di questi Marco dice: “gli altri non credettero nemmeno a loro”. 

Gesù stesso, quando appare agli undici discepoli, li rimprovera per la loro resistenza nel credere alla testimonianza di coloro che hanno sperimentato la risurrezione sua, e questo perché doveva far loro capire che la fede in Lui passava sempre attraverso la fede nelle persone che ne avrebbero dato testimonianza: questo avrebbe sempre fatto emergere dei dubbi o dei momenti di incredulità, che nascono nel cuore, di cui non ci si doveva assolutamente scandalizzare e abituarsi a superarli nella vita della comunità.  

Insomma, sostanzialmente il cristiano deve far capire a tutti che essere credenti nella risurrezione di Gesù non è una dabbenaggine o una imperdonabile ingenuità, ma un percorso severo e profondamente umano di ragione e di cuore, di ascolto e di affidamento, di accoglienza e di rielaborazione vitale in ciascuna coscienza, in piena accoglienza del dono della fede, che non è mai un conquista razionale dell’uomo. 

Ecco perché al termine del Vangelo Marco dice “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”: è il compito esaltante di ognuno di noi cristiani, che ci rinforza nella fede in Gesù Risorto, donandola, e la doni quando doni te stesso nella tua professionalità, nella tua onestà, nella tua accoglienza, dedizione, apertura.

Le doti dei tempi dell’epidemia. 

18 Aprile 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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