Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,30-35)
Fame e sete sono bisogni che assillano ancora molta parte dell’umanità; fame e sete di pane, di nutrimento, di acqua, degli elementi fondamentali della vita umana dividono -purtroppo – ancora l’umanità in ricchi e poveri, in affamati e sazi, in denutriti e obesi.
Parole come pane e acqua in alcuni nostri contesti non dicono niente, in altri sono l’assillo quotidiano: il bisogno di pane e di acqua, la fame e la sete non sono solo di un momento, ma tornano sempre finché viviamo, ci accompagnano per tutta la vita; oltre che necessario nutrimento, sono anche segno di salute, di voglia di vivere.
E Gesù parte da questa esperienza determinante per aprire l’umanità a una prospettiva più ampia nella sua esistenza: c’è una fame e una sete che non passa col cibo e con l’acqua; ci sono dei bisogni profondi che non si possono esaudire con cibo e bevanda; c’è una sorgente di acqua zampillante che è fatta per un’altra sete, un pane che è fatto per un’altra fame: è la sete di felicità, è la fame di amore, è il bisogno di Dio e di contemplazione di un riferimento alto per la nostra vita.
Per questi bisogni occorre un altro pane e un’altra acqua.
Aveva provato – se ricordate – quella donna al pozzo in Samaria a dialogare con Gesù di acqua, di pani, ma Gesù subito la smaschera: “non ti nascondere dietro questi bisogni, tu hai un’altra sete più profonda dentro! Abbi il coraggio di guardarti nella coscienza e di leggere che hai una vita da alimentare con lo Spirito”.
Gesù si pone davanti agli uomini come il pane della vita, il sostegno vero, il nutrimento necessario, normale, quotidiano: “vai cercando felicità ovunque, perché non la cerchi nella Mia vita, nella Mia Parola? Perché non ti decentri dal tuo continuo guardarti addosso e non alzi lo sguardo a me per aprirti alla bellezza di Dio, alla pienezza della felicità?”
Gesù risorto si presenta al mondo proprio così: il pane della vita, il sapore dei nostri giorni, il nutrimento della nostra fame di verità, di gioia, di amore; non solo, ma si rende presente in questo pane e ogni chiesa ne è la casa, la custodia del pane della vita, di quel Dio che non ci abbandona mai.
Resta qualche compito da fare anche alla nostra portata? Credo di si, perché ogni famiglia non deve accontentarsi solo del cibo, ma deve offrire affetto, compagnia, solidarietà, dritte, condivisione, deve “fare famiglia“.
Così anche una amministrazione pubblica deve offrire ai cittadini futuro con il lavoro, sicurezza per la casa, l’ambiente, la vita quotidiana, la convivenza pacifica, progetti che anche a lunga scadenza possono essere utilissimi, importanti per i giorni che Dio ci concederà, con lungimiranza, con disinteresse, amore alla gente e alla propria terra, e anche a chi possiamo ospitare.
Deve pure avere in massimo conto la salute di tutti, gli elementi fondamentali per mantenerla, condividerla e garantirla a tutti, poveri inclusi, ospiti inclusi, barboni inclusi.
28 Aprile 2020
+Domenico