Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,1-10)
La vita di ogni persona, uomo e donna, ragazzo e ragazza, nonno o nonna, ha bisogno di relazioni, per svilupparsi, per crescere, per arrivare a pienezza: è vera relazione umana sentire di voler bene a qualcuno, dialogare, sognare assieme, progettare vita.
Se le relazioni sono intense ed escono dal sospetto e dalla superficialità hanno bisogno però, a un certo punto, di aprire il nostro cuore e varcare la soglia del cuore altrui per condividere i sentimenti e le nostre intenzioni.
Se poi, la relazione si sviluppa nell’amore ci fa compiere piccoli passi che ci permettono di addentrarci nel vissuto della persona amata, di aprire una porta che ci introduce in un universo nuovo e sconosciuto che è il mondo dell’altro, che progressivamente si svela ai nostri occhi e diventa un tutt’uno con il nostro mondo.
Si ama veramente solo quando si attraversa la porta della vita della persona amata e lì, in quella nuova condizione, ci si impegna con fedeltà e, se occorre, per sempre.
La relazione che vuol stabilire con noi Gesù è di questo tipo: è un pastore che entra per la porta della nostra vita, si prende cura di noi, stabilisce un dialogo, una comunicazione, in cui noi lo sentiamo come più intimo a noi di noi stessi.
Non siamo mai anonimi per Gesù, ma siamo chiamati a uno a uno: Lui scrive la sua presenza in noi da amico; per Lui noi abbiamo un volto, un nome, una dignità.
Ogni cristiano che si spinge nella sua vita verso l’altro, deve imitare sempre Gesù, essere come lui, perché Lui è la porta da cui passare, la porta di ogni profonda relazione umana che veicola la fede in Lui, una vita piena, una vita capace di arrivare fino al dono di sé per il bene degli altri.
Questo atteggiamento di Gesù spiegato ai suoi discepoli, agli stessi apostoli, li metteva in guardia dal diventare usurpatori della vita degli altri, legulei senza cuore, oppressori di coscienze, “ladri di vite” in una parola.
Il mondo religioso di quel tempo si stava intorbidando in queste schiavitù, fatte passare per vita autentica: invece era una vita incatenata; forse anche oggi, quando non passiamo per questa porta che è Gesù rischiamo di imprigionare coscienze invece che liberare felicità vera e pienezza di vita.
Questo ci dobbiamo chiedere noi preti, me lo chiedo io Vescovo, se lo devono chiedere i genitori nei confronti dei figli, gli educatori, oso dire anche gli allenatori di una squadra sportiva di giovani, di ragazzi; questo se lo devono chiedere i maestri di vita, gli stessi amici e ogni esperienza che chiede fiducia.
Varcare la soglia della vita altrui deve essere sempre e solo una profonda imitazione di Gesù, che è sempre la porta della vita; l’entrare attraverso Gesù significa aver davanti chiaro e unicamente il bene di ogni persona, ed impegnare tutte le energie per il suo raggiungimento: è partecipare alla dedizione di Gesù perché si realizzi la felicità vera di ogni persona.
3 Maggio 2020
+Domenico