Il buon pastore è Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 10, 11-18)

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Abbiamo sempre bisogno di un riferimento per la nostra esistenza, un punto – insomma – a cui guardare nelle difficoltà che incontriamo.

Non sempre viviamo in tempi tranquilli, con orari ripetitivi, occasioni ricorrenti, futuri intuiti, già segnati e tranquilli: di fatto stiamo uscendo – per esempio – a fatica da questa pandemia che ci ha scombussolato i nostri giorni, ha cancellato le nostre abitudini, ci ha obbligato a inventare ogni giorno qualcosa di impensato perché ci ha tolto dal nostro tran-tran, che senza saperlo ci creava forse noia, ma non certo insicurezza e ansia.

Stiamo ore ad ascoltare le previsioni, i comunicati, la protezione civile: ci dicono che va meglio, ma non del tutto, che occorre non far lavorare troppo la fantasia; ci siamo radicati nella ricerca di riferimenti più sicuri, persone di cui avere fiducia che non ci ingannano, e che non speculano sulla nostra fragilità. 

Forse, senza rifarci a visioni bucoliche antiche (hanno pure usato, in questo Covid-19, il tema del gregge, di cui molti che vivono in città non hanno nemmeno l’immagine), e riusciamo a capire la figura del pastore che Gesù si attribuisce: abbiamo cioè dentro la necessità di una guida per la vita, di qualcuno di cui ci possiamo fidare.

E Gesù ci dice proprio «Io sono il  buon pastore», e ci offre alcuni criteri per riconoscerlo:  Egli dà la vita per le sue pecore, ha cioè il massimo disinteresse per se stesso e si mette in gioco completamente per il nostro bene, costi quel che costi. 

Non è assolutamente obbligato a fare questo, ma lo sceglie lui liberamente; non nasconde dietro le sue parole incertezze e soprattutto inganni – diremmo oggi fake news – addolcimenti per captare fiducia: è in gioco la sua vita per noi. 

Ancora, Gesù conosce a fondo le sue pecore: la sua conoscenza di noi è nel senso biblico, molto di più di qualcosa di mnemonico o di intellettuale, ha con noi una relazione personale, intima, di profonda conoscenza di noi e della nostra situazione personale, o anche comunitaria; richiama una comunanza di vita fondata sull’amore, una conoscenza esistenziale che permette di giungere alla nostra persona come essere vivo, di entrare nel mistero profondo del nostro cuore. 

E ancora Gesù si preoccupa dell’unità e di radunare il suo gregge: questo è ancora più importante, perché il pastore va alla ricerca delle sue pecore; è Lui che va alla ricerca: Gesù cerca il suo popolo, anche se il suo popolo abbandona. 

E’ Gesù che ci cerca, ancor prima che ne avvertiamo la presenza e nasca nel nostro cuore il bisogno di Lui; è Lui che ci mette assieme, che non fa della distanza sociale una distanza anche del cuore e degli affetti, della compagnia e della solidarietà.

Il dono della fede è sempre una iniziativa divina: a noi basta che ci facciamo accogliere.

Ho altre pecore che non sono di questo ovile, anche queste devo condurre: Le nostre iscrizioni alla sua amicizia non vengono respinte per nessuna incapacità di accoglienza da parte sua.

Per Lui non c’è mai soprannumero, non ci sono code kilometriche da fare in notturna, anche se la sua porta è stretta, perché desidera un cuore innamorato: e allora noi decidiamo di stare con lui, il nostro buon pastore. 

4 Maggio 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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