Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 14, 7-14)
Quante volte nella vita domandiamo con ansia, con curiosità, spesso anche con rabbia: “Dio dove sei? Se ci sei, fatti vedere? Che faccia hai? Che volto mi presenti in questo dramma che stiamo vivendo?”
Dalle ansie e paure, sofferenze e tensioni di questa pandemia ci nasce quasi una pretesa di sperimentare la presenza di Dio: la nostra vita resta sempre quasi sospesa senza una sicurezza e stabilità necessaria per vivere.
E’ giusto continuare a dire che l’esistenza è una ricerca continua di nuove conquiste, di nuovi equilibri, ma questo Dio può farsi vedere una buona volta o la mia vita passerà tutta ad immaginarmelo, senza un minimo di traccia di Lui, oggi che siamo abituati a vedere almeno un sacco di immagini?
Queste domande, in maniera più diretta, le ha rivolte Filippo – l’apostolo – a Gesù dicendo in maniera papale papale: «Signore, mostraci il Padre e ci basta»; nel suo entusiasmo un po’ ingenuo, forse Filippo si aspettava una apparizione di Dio come quelle del Primo Testamento, ma Dio non si rivela attraverso lampi e tuoni, fuoco e terremoto.
Già – onestamente, nel primo testamento – c’è quel bellissimo incontro con Dio del profeta Elia che si affaccia alla imboccatura della caverna in cui aveva passato la notte, perché Dio gli aveva detto: “Esci e fermati alla presenza del Signore”.
Esce, sente, prova e vede vento impetuoso e gagliardo, terremoto, fuoco, ma Dio non era lì: alla fine percepisce il sussurro di una brezza leggera e in essa Dio si presenta.
Nella vita quotidiana, semplice, piacevole Dio si presenta, è più presente a noi di quanto pensiamo: Dio ha preso un volto d’uomo, in Gesù Cristo e da quel momento in poi bisognerà scorgere il volto di Dio attraverso il Suo volto.
Anzi, l’unico modo per “vedere” realmente Gesù, per attingere in qualche modo il mistero, è quello di vederlo nel suo intimo rapporto con il Padre.
Gli apostoli erano rimasti molto meravigliati di come di notte Gesù stesse in dialogo con Dio Padre nella preghiera, tanto da chiedergli di insegnare a loro la Preghiera, il Padre nostro, la preghiera più bella!
Se gli apostoli fossero penetrati più a fondo nella persona e nella vita di colui che è vissuto, come Gesù, nella loro familiarità, già si sarebbero accorti che il fine della vita è il Padre, che la via è il Figlio e che tra loro due c’è una correlazione così stretta che aderire all’uno vuol dire entrare in familiarità con l’altro.
Una conoscenza corretta di Gesù non si ferma alle sue opere esteriori o ai fatti della storia, ma rimanda continuamente al mistero dell’amore e della vita trinitaria.
La conoscenza vera e profonda di Gesù esige un affondo nella fede: non è solo un personaggio storico, è il Figlio di Dio.
9 Maggio 2020
+Domenico