Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 14, 15-21)
Nella vita comune di tutti i giorni, sperimentiamo due situazioni che ricorrono non poche volte: il bisogno di una difesa sicura e la ricerca di una forza consistente.
Infatti, soprattutto se viviamo qualche responsabilità di tipo sociale, o viviamo convinti per un ideale e a questo orientiamo tutta la nostra vita, sperimentiamo malcontento intorno a noi, accuse gratuite, denunce pure, e dall’altra ci sentiamo molto fragili e incapaci a resistere: decisi, ma non sempre efficaci e sicuri, coraggiosi e perseveranti.
Nella esperienza esaltante e coinvolgente della evidenza e del Cristo risorto gli apostoli si trovano a vivere situazioni di questo tipo: la certezza intima di avere incontrato Cristo risorto li riempie di gioia e ridà loro l’entusiasmo della testimonianza e dell’annuncio esplicito.
Stefano, nel suo entusiasmo giovanile, non bada a pericolo, e viene accusato e lapidato; Pietro si sente responsabile di un annuncio che rinfaccia alla classe sacerdotale l’assurdità di aver crocifisso Gesù, ed è responsabile di un minimo di riorganizzazione della vita dei dodici, ma viene messo in galera e diffidato di parlare ancora di questo Nazzareno ormai “liquidato”, e si prende frustate.
Occorre un difensore e una forza corroborante per ciascuno.
Il Vangelo comincia a rendere evidente un grande dono che Dio si appresta a dare alla sua Chiesa, a ciascuno dei suoi apostoli e ad ogni persona che deciderà di seguire Gesù: “Io pregherò il Padre che vi darà il Paraclito“
E’ la promessa dell’irruzione nella nuova avventura cristiana dello Spirito Santo: Lui è il difensore di cui l’umanità ha bisogno e nello stesso tempo il confortatore che rinsalda coraggio e forze per superare ogni fragilità.
Si possono subire accuse infamanti, si possono spegnere litigiosi confronti, si può lasciar correre tempo su calunnie e falsità, ma il ristabilimento della verità deve essere un dono non solo alla persona falsamente accusata, ma anche un debito di verità nei confronti di tutti.
Il processo deve cominciare dall’interno di ciascuno di noi, per purificare e rinsaldare nella coscienza la bellezza della verità e in seguito creare le condizioni perché ciascuno scelga liberamente di stare dalla parte del vero e del bene.
Contemporaneamente lo Spirito è forza, coraggio, consolazione: non si ferma alla difesa, che è sempre un dono necessario, ma si spinge ad essere consolazione.
Questa forza consolante è vera, perché viene applicata all’anima, non al mondo degli istinti: non soddisfa la carne per affliggere l’anima, ma parte dall’anima per portare conforto dall’interno.
E’ una consolazione perfetta, perché non si ferma a turare buchi, ma giunge a ritessere tutto l’ordito della vita: è un dono personalizzato, perché si manifesta nella normalità dell’esistenza di tutti e di ciascuno.
In questa pandemia abbiamo bisogno di tanta verità e di amore sconfinato ad essa: desideriamo che tutti possiamo tornare a fidarci del prossimo.
La distanza che ci viene richiesta è solo fisica, non sociale: manteniamo la comunione con tutti, che parte dal cuore e che si sviluppa e solidifica in famiglia, e si deve sentirne la forza dell’attesa di uno sviluppo nuovo di socialità e di condivisione.
Torneremo – quando ci sarà permesso – a tutti i rapporti sociali, ma non come prima, sapendo che lo Spirito Santo li riempie di verità e di novità.
17 Maggio 2020
+Domenico