Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 21, 15-19)
C’è bisogno ogni tanto di rifondare le cose più importanti che viviamo: assumiamo un incarico nella amministrazione comunale, sarà bene conoscere meglio la Costituzione Italiana; facciamo parte di qualche associazione di volontariato? sarà utile conoscere bene le disposizioni legislative del terzo settore; sarà importante conoscere oppure facciamo parte della chiesa e vogliamo accostarla con più rispetto e conoscenza o ancor meglio prenderci alcune responsabilità cui siamo stati chiamati, e sarà importante conoscere in senso biblico, cioè fare esperienza concreta della Chiesa.
Ecco, il tempo di Pasqua è stato un tempo molto utile per ricostruire tutti gli elementi fondamentali della vita della Chiesa, e ci sono stati presentati nelle letture della Messa, che avevano sempre gli Atti degli Apostoli, cioè questa entusiasmante vita dei primissimi cristiani a partire anche da quando ancora non erano chiamati così.
E’ in questa ultima settimana che insiste sulla Pentecoste: abbiamo riflettuto sulla bellissima preghiera di Gesù, prima della sua morte e risurrezione, e oggi contempliamo l’ultima chiamata di Pietro, quella del Conclave, cioè il giorno in cui Gesù lo fa responsabile della Chiesa, lo fa il primo papa.
Vi ricordate … o leggete il Vangelo … c’è quel famoso dialogo con tre domande imbarazzanti che fa Gesù a Pietro: “Mi ami? Mi ami davvero? Mi ami più di costoro?“
Ad ogni risposta Gesù gli aumenta la responsabilità sulla Chiesa, fino a farlo papa.
Per dirigere gli altri occorre prima di tutto dare la prova di un amore più grande … però è troppo facile dire “ti amo”: può essere una dichiarazione leggera, pure una dichiarazione sincera, ma che nasce dall’entusiasmo e dalla presunzione di sé.
Pietro, al quale Gesù riserva un ruolo che richiede soprattutto un grande amore e una grande fedeltà, si era imbarcato troppo facilmente nel suo ruolo futuro, giurando una fedeltà e un amore che, alla prova dei fatti poi, si è dimostrata fragile e incerta.
Gesù, con le sue domande, non vuole cacciare in gola a Pietro altri fatti incresciosi: non ha mai chiamato nessuno a rendiconti del proprio operato, ha sempre caricato tutto di perdono, di fiducia, di nuove proposte più impegnative.
Pietro però deve sapere che la sua vocazione al primato pastorale non dipende e non è legata al suo merito, ma alla scelta di lui che il Signore fa, per questo dovrà amare di più.
E’ un episodio questo che avrà sostenuto non un papa solo al momento della richiesta di accettazione dei voti dei confratelli cardinali in Conclave.
Anche il suo rinnegamento è una lezione: non ha disimparato l’amore di Cristo, ha imparato il timore di sé; non ha trascurato la carità, ma ha trovato l’umiltà e la fiducia nella forza di Gesù.
Nella Chiesa tutti noi battezzati abbiamo un posto perché siamo stati scelti da Gesù e quindi senza timore di non essere all’altezza del compito, ma disponibili a farsi correggere.
29 Maggio 2020
+Domenico