Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 12, 28-34)
Purtroppo non di rado ci sono “attacchi” a papa Francesco sul fatto che – secondo loro – il papa ha perso la fede, e lo deducono dal suo continuo ricordarci questo unico e preciso criterio della fede cattolica che è amare il prossimo sempre insieme all’amore di Dio.
Ma chi dice questo ha visto papa Francesco penitente di fronte al Crocifisso in quella piazza san Pietro vuota, sotto la pioggia, a caricarsi della pandemia del mondo davanti a Dio? Ha forse partecipato a qualche messa a Santa Marta la mattina alle 7? Proprio per dire che il papa non ha fede bisogna essere proprio molto intelligenti …
Il secondo comandamento nasce dal primo e ne è come il frutto: non c’è altro comandamento più importante di questi, perché il vero amore del prossimo nasce dall’amore di Dio; ma è consolante il fatto che spesso l’amore di Dio si cela in un amore del prossimo non egoistico, non di apparenza, ma operante come un principio primario.
Se forse nel primo Testamento si diceva che l’espressione fondamentale dell’Alleanza era l’amore supremo di Dio e ricordava l’amore del prossimo, nel secondo testamento bisogna andare oltre: occorre conoscere come Dio ci ama in Cristo e amare come Cristo stesso ci ama.
Amare è donarsi, è vivere nell’altro: vi è un solo amore che abbraccia l’Amore increato e le sue creature.
Essere cristiani è essere presi dall’amore di Dio per noi e di noi verso Dio e verso il prossimo e non separarlo mai: le separazioni sono tutte un tradimento!
Molti si rifugiano in un astratto amore di Dio che non tiene conto del prossimo, che taglia fuori tutti in un isolamento che non è contemplazione di Dio, ma adorazione di sé; molti altri invece si danno da fare per il prossimo, ma su un orizzonte chiuso, su orizzonti ristretti, e non permette loro di volare, di stimare il vero bene dell’altro.
Se non hai come orizzonte Dio, non riesci a fare il bene massimo dell’uomo: ci si adatta troppo ai condizionamenti, si abbassa la guardia, e un esempio di questa necessità è proprio quel “filantropismo”, che non bada troppo a limitazione delle nascite con qualsiasi metodo, a soppressione di vite prima di nascere, a limitazioni di fertilità attraverso mutilazioni o sterilizzazioni, a disprezzo della cultura dei poveri … a maggior ragione, quando le impone come condizioni per poter mettere a disposizione qualsiasi aiuto.
Ma Gesù, con molta determinazione, ci ripropone il grande precetto di Israele, con questa accentuazione sul prossimo che diventerà il distintivo di ogni cristiano: da qui nasce il perdono, da qui la dedizione fino alla morte, da qui il famoso esame finale della nostra vita.
“Non mi avete dato da mangiare, non mi avete dato da bere, non mi avete visitato“
Quando mai Signore? Noi ti abbiamo adorato, abbiamo cantato le tue lodi, ti abbiamo fatto posto tra le nostre case.
“Quello che non avete fatto ai più piccoli è a me che non lo avete fatto.”
La vita cristiana è della massima coerenza che per nostra fortuna ha alle spalle la grande misericordia di Dio, perchè tutti avvertiamo le falle della nostra fragilità.
4 Giugno 2020
+Domenico