Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 17-19)
Prima o poi anche il cristiano più distratto si fa delle domande della serie: “da dove viene la religione che io vivo? Che storia ha alle spalle? Chi è questo Gesù? E’ un fiore improvviso nato al mondo così forte da aver cambiato la mentalità del mondo? Che storia ha alle spalle la religione che mi hanno trasmesso i miei genitori o che io mi sono scelto?” E veniamo a sapere che Gesù è nato nella “pienezza dei tempi”: la fede cattolica ce lo ha sempre presentato come un grande, è il figlio di Dio, che ha tentato di intervenire sul suo popolo, perché il modo di incontrarsi con Dio del suo popolo era stato tradito.
Occorreva mettere un poco più di ordine e di verità nella fede del popolo di Israele, a partire dalla riscoperta di un Dio che parla, e che bisogna ascoltare, di una fede che opera un grande cambiamento nella persona, soprattutto di una grande novità.
Quella Parola che Dio aveva continuamente aiutato il popolo a trovare la strada vera della vita, si era fatta carne, aveva cioè sconvolto i piani asfittici dell’umanità che però con le sue grandi infedeltà non lo aveva accolto.
Gesù si presenta come suprema novità:non abolisce niente della vecchia Torah, della vecchia legge, ma ne impone un diverso modo sia di esprimerla che di completarla.
Ecco allora il Primo testamento che ha bisogno di entrare nel secondo testamento: l‘ebreo medio è da Gesù invitato a fare una conversione a U, a riscrivere alla luce della figura di Gesù le stesse domande del primo Testamento, a mantenere rispetto e sana continuità tra le generazioni.
Gesù ha fatto piazza pulita di tante minuziose prescrizioni o proibizioni, che avevano imbarbarito la torah – la legge – ed erano opera di tradizioni contorte su se stesse. Il rispetto però del primo testamento, che varrebbe la pena di non chiamare antico, quasi che si debba cancellare e non averne un necessario ascolto – dicevo – la prima cosa che varrebbe la pena di tenere, ci viene richiesta proprio da Gesù: è una continuità nella novità che Gesù ci invita a mantenere e a ravvivare.
Così è del rispetto di tutte le leggi e le norme proposte dai testi sacri.
In un mondo che punta sempre sulla spontaneità è importante dare un posto doveroso alla legge, al comandamento; per Gesù l’oggetto non sono le leggi, ma la volontà del Padre: è il piano di Dio da realizzare, il ritorno alla perfezione dell’amore che lui ci ha proposto.
Del resto seguire delle norme vuol dire avere un presidio di libertà, di comunione, di costruzione della propria identità personale: ci permettono di non essere vittima delle nostre pulsioni e di progettare percorsi di crescita e di collaborazione e corresponsabilità ecclesiale.
Ci permette anche di capire che l’Eucaristia è un modello e una forza di questa dedizione e di questa comunione.
Un arbitro in una partita ci vuole: se non c’è nessun arbitro e non ci sono le regole, come si fa a giocare?
10 Giugno 2020
+Domenico