Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 6,51-59)
Che cosa si fa quando in una città arriva un personaggio importante? Come minimo l’amministrazione pubblica fa pulire le strade, rimette a posto l’asfalto, rimuove i cassonetti dei rifiuti … la gente addobba le finestre, espone i fiori, stende da un capo all’altro della strada strisce colorate … per l’ultimo tratto si adagia un tappeto.
C’è un gesto semplice che ancora oggi è rimasto come segno di grande onore per qualcuno che passa: dei bambini, possibilmente quelli che hanno fatto nell’anno la prima comunione, con dei cesti spargono per terra petali di fiori al passaggio del prete che porta l’Eucaristia nella festa del Corpus Domini, oggi appunto.
In molte città si tratta di un meraviglioso tappeto di fiori – si chiama infiorata – predisposti con cura a rappresentare quadri di vita di Gesù, scene simboliche, rappresentazioni di santi.
Tutto per un giorno – ancora di meno – tutto per un passaggio.
È una tradizione secolare che si rapporta al momento più drammatico della vita di Gesù: ricordate quella cena d’addio consumata nell’atmosfera di un tradimento e nell’anticipo della crocifissione? “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Io sono il pane vivo: Hai fame? Ti senti in corpo un insaziabile desiderio di vita? Non c’è nessuna carne che ti può saziare, tornerai sempre a cercare e ad avere fame. Se vuoi avere la vita, ebbene è qui: Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”.
Certo è un discorso è duro da capire, difficile da immaginare: è provocatorio! Dire a un ebreo che occorre bere il suo sangue è blasfemo, va contro tutte le norme del suo vivere; ma sangue è sinonimo di morte, è riferimento alla sua crocifissione, è necessità di confrontarsi con il suo dono fino all’ultima goccia, e con l’amore che sta dietro questo dono.
Il discorso è duro, ma su questo Gesù non transige: è pronto a restare solo.
L’Eucaristia è una esperienza necessaria per la vita del cristiano, sia come rapporto con Dio, sia come modo di impostare la propria vita, sia cioè come modo di comunicare con il Signore, sia come modo di incarnare il suo messaggi; e dirà più tardi ai suoi discepoli che rimanevano esterrefatti come la gente che lo ascoltava: “volete andarvene anche voi? Qui occorre fare quel salto di qualità che spesso vi chiedo: è un dono che supera non solo le leggi della natura, ma anche la fantasia degli uomini”.
Quando non sai che strada prendere nella vita: Io sono con te;
quando hai bisogno di ritrovare senso e gusto nel vivere, Io sono con te;
quando cerchi una speranza vera, Io te la posso far incontrare nel mio essere pane per te, perché speranza vera nasce quando uno si dona all’altro per amore fino in fondo.
I suoi apostoli in seguito si rifaranno all’Eucarestia per avere speranza in ogni situazione di vita.
Gesù non sta facendo un bel discorso metaforico edificante, magari in una piazza, utilizzando tutti gli accorgimenti della retorica, ma sta anticipando nel clima di una cena l’estremo dono di sé fino alla morte.
Noi cristiani chiamiamo tutto questo Eucarestia: Eucarestia è questa certezza di aver una presenza, un nutrimento, un centro che ci aiuta a condividere ogni giorno la sorte di Gesù per avere vita; mangiare e bere quel pane e quel vino, quel corpo e quel sangue, ci costringe a riconoscere Dio nella concretezza della umanità di Gesù: una vita donata, come tutte le vite di ogni vero cristiano, a partire da quelle dei nostri genitori, che hanno costruito le nostre esistenze.
14 Giugno 2020
+Domenico