Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 8,1-4)
La malattia della lebbra non fa più parte delle nostre conoscenze popolari: è malattia che a noi da ragazzi veniva spesso presentata, perché figure di uomini santi e donne sante li hanno sempre curati – questi lebbrosi – con grande dedizione e seppero sensibilizzare le società di quel tempo perché non segregassero questi malati dal mondo civile e dalle stesse nostre nazioni.
Ricordo san Damiano de Veuster, nell’isola di Molokai, tutte le iniziative che convergono alla giornata dell’ONU per debellare la lebbra, inventata praticamente da Raoul Follerau.
Gesù li sa confinati al di fuori della comunità giudaiche per motivi di contagio, rifiutati dai benpensanti, ritenuti peccatori e castigati da Dio … e Gesù sceso dal monte quasi novello Mosè, porta al popolo di Israele non più le dieci parole, i dieci comandamenti, ma la forza risanatrice del corpo e dello spirito attraverso dieci azioni, dieci miracoli, che portano salvezza a dodici destinatari come se fossero le dodici tribù di Israele, e il primo di questi miracoli è l’ascolto accorato e immediato di un lebbroso, l’impuro per eccellenza.
Nella sua carne progressivamente mangiata dal morbo è visibile la condizione di ogni persona da quando si nasce. La vita – se volete – è l’unica malattia incurabile, anzi mortale, perché finisce.
Il lebbroso è un morto civile e religioso che non può aver parte con gli altri per non infettarli. Questo lebbroso invece si avvicina senza nessuna mediazione, adora Gesù e lo chiama Signore, che non è un titolo di cortesia come lo si usa tra noi, ma una professione di fede.
Vuole guarire: lo chiede al Signore, non lo pretende, lo attende dalla sua libera volontà … e allora Gesù tende la sua mano: lui è sempre dono che attende chi lo accoglie.
Lo tocca: Gesù tocca l’intoccabile; Lui è Dio proprio per la sua grande misericordia.
La fede è toccare, meglio … essere toccati da Gesù.
Dio non è legge che vieta il male e divide buoni da cattivi, non è nemmeno coscienza che rimprovera, ma è padre e madre vicino sempre ai bisogni del figlio.
Gesù ti tocca dentro, ti cambia l’esistenza, con la sua parola ti tocca il cuore e te lo rifa nuovo.
“Se vuoi, puoi mondarmi”: “Lo voglio, sii mondato”.
Come con la sua parola Dio ha creato l’universo, così quel lebbroso subito fu mondato dalla lebbra ed ogni persona è mondata dal suo peccato.
Il tocco interiore della sua parola, ci libera dalla morte, ci guarisce, ci fa figli e fratelli in un processo che dura tutta una vita. Con Gesù non siamo più schiavi della paura della morte che domina la vita, ci libera dal veleno del peccato.
Quell’invitare il lebbroso guarito ad andare dal sacerdote del tempio è mettersi nel solco del compimento della legge, e Gesù è un buon ebreo e non salta mai il dettato della Torah, della legge, ma la apre a un suo compimento più largo, più profondo, nuovo come la sua vittoria sulla morte, come l’effusione sulla comunità dello Spirito Santo.
26 Giugno 2020
+Domenico