Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 20, 24-29)
Ci capita spesso di metterci assieme con amici e in questo stare assieme far nascere voglia di fare, voglia di esserci, desiderio di dare senso alla vita … se poi c’è qualcuno che ha capacità aggregative, ma soprattutto ideali alti, è garantita anche una riuscita.
Il giro degli apostoli era giusto stato messo assieme da Gesù: era un gruppo di persone molto assortito, era una squadra che nessuno avrebbe preso per lavorare assieme verso una meta comune, e la squadra “scoppia” proprio a Parasceve e il giorno dopo si taglia a fette la grande disperazione di tutti per la morte di Gesù, la sua fine miserevole, da bestemmiatore, da nemico di Dio, ma è sabato, il sabato della grande festa pasquale.
Tutto cambia il primo giorno dopo il sabato, diremmo noi domenica sera: la squadra più impossibile che si era formata attorno a Gesù, ne sente il vuoto, la mancanza, la sconfitta e decide di ritrovarsi assieme.
Ma manca Tommaso: è fuori ancora disperato, ancora chiuso nella sua desolazione. Torna tardi entra, li vede tutti esaltati, gli si fanno attorno, non smettono di riferirgli con gli occhi, con il cuore, con il sorriso l’esperienza profonda che hanno fatto del Risorto.
E Lui: “a quel che dite, neanche se mi ammazzate ci credo. Siete tutti esaltati. è una euforia collettiva che vi siete dati per sopravvivere, per eccesso di disperazione.”
Qualche tempo dopo in piazza avrebbero detto di questo entusiasmo degli apostoli che erano già ubriachi di buon mattino.
Ma otto giorni dopo Lui, Gesù, il Cristo ritorna e guarda subito a Tommaso: “volevi mettermi il dito nel posto dei chiodi? Volevi puntarmi la mano nello squarcio della lancia? Eccomi.”
Da una parte Gesù che ama, capisce, si offre, dall’altra noi con la nostra dialettica, i nostri dubbi, i nostri continui ripensamenti, le emozioni contrastanti che oggi ci portano a credere e domani a rifiutare, con il velo pesante dei nostri comportamenti sbagliati che ci tolgono la visione della verità, con le nostre fughe per non pensare, con le nostre fasciature fatte di ricchezze e egoismi, con le nostre intelligenze sviate, siamo li a questionare.
Tommaso, tra gli apostoli, aveva un suo metodo preciso per aderire a Gesù, per accogliere da Lui il dono della fede: cercare, avere fiducia e accogliere il dono senza mezze misure.
C’è posto per tutta la sua carica umana, per tutte le domande anche più inutili, ma poi cambia radicalmente prospettiva, ricerca, impegno e il cuore si allarga all’accoglienza del Risorto, e all’accoglienza di Dio.
E’ un attimo intenso quello di Tommaso: la verità gli scoppia dentro: mio Signore e mio Dio. E’ fede pura, non è soprattutto e solo constatazione.
San Giovanni Paolo II a Tor Vergata ha chiamato questo incontro “laboratorio della fede”: quante volte anche noi dobbiamo attivare questo laboratorio di Tommaso, perché la vita ci presenta sempre domande impossibili e ricerche disperate; non dobbiamo risparmiarci nessuna domanda per noi e per tutti, entrarci anche noi, invocare, attendere, cercare fino ad accogliere il dono della fede, che Dio non ci farà mai mancare.
3 Luglio 2020
+Domenico