Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 7-15)
Bellissima questa descrizione della missione, questa proposta – o questa proclamazione meglio – che si va facendo strada, perché camminando si apre cammino: non si offre una ideologia, ma una strada su cui camminare in compagnia, perché la casa dell’apostolo è la via.
L’annuncio del Vangelo non è per la immobilità, per la chiusura, per imbottigliare nessuno, ma è un messaggio di gioia che mobilita la coscienza prima e in seguito il corpo, il comportamento, l’orizzonte: ecco perché i primi a cui fare attenzione sono gli infermi, coloro che non stanno in piedi, che sono piegati dalla malattia e le persone che sono inferme nello spirito, sotto il peso dell’egoismo.
Risvegliare i morti è ancora più urgente; mondare lebbrosi, scacciare demoni sono segni di un mondo nuovo che strada facendo si realizza per la potenza di Dio: vuol dire scacciare lo spirito della menzogna, liberare dalla lebbra del peccato e soprattutto essere pienamente convinti che questo Regno di Dio è frutto di generosità diffusa, perché l’apostolo dona quello che a sua volta ha ricevuto e lo fa gratuitamente; è come ogni dono vittoria sul possesso, sull’interesse, sul rendere la bellezza della vita il risultato obbligato di una vendita o di una compera.
Ancora di più: se l’apostolo si presenta povero, senza casa, senza sicurezze, può ricevere in dono di essere accolto; la povertà dell’annunciatore del Regno è la libertà dal dio di questo mondo, segno della gratuità e della possibilità di regalare la buona notizia, il Vangelo che è Gesù e che è la felicità che la persona cerca.
Quando san Francesco d’assisi propose la regola ai suoi frati di vivere di elemosina, di andare di porta in porta a supplicare un pezzo di pane, quel poco di cibo che ognuno è capace di condividere con il più debole, era davvero un cambiamento di paradigma.
Poi – non si sa come mai – la chiesa, invece di chiedere l’elemosina per aprirsi a tutti, spesso è funestata da uomini che vogliono solo fare soldi per se stessi o farsi immagini per presentare se stessi o – Dio non voglia – trarre in inganno il debole e il fragile.
Sull’onda di queste parole di Gesù possiamo ben delineare la figura degli annunciatori del Vangelo anche di oggi: li chiamiamo “operatori pastorali” e in questo nome papa Francesco colloca tutti coloro cui sta a cuore l’annuncio del Vangelo, della gioia del Vangelo; si vede continuamente espressa una figura di persona, giovane o vecchio che sia, ragazzo o bambino pure, che si relaziona con tutti in modi gratuiti, nuovi, senza schemi prefissati, capace di condividere e di rischiare, di obbedire e di sforare per eccesso di amore, di sopportare la povertà per non creare nessuna barriera con i più fragili, lebbrosi e appestati compresi.
Dice papa Francesco: “C’è una predicazione informale che si può realizzare durante una conversazione ed è anche quella che attua un missionario quando visita una casa: essere discepolo significa avere la disposizione permanente di portare agli altri l’amore di Gesù e questo avviene spontaneamente in qualsiasi luogo, nella via, nella piazza, al lavoro, in una strada “.
Non luoghi, ma percorsi continui … strada facendo.
9 Luglio 2020
+Domenico