Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 34- 11,1)
La pace è una aspirazione decisamente superiore a tutte le attese sia personali, sia delle nazioni e delle stesse unità di produzione dove si lavora o di tipo tecnico-meccanico o di tipo culturale: è un bene senza paragone nel creato.
Certo, sentirsi dire da Gesù che è venuto a portare la spada e non la pace ci obbliga ad andare più in profondità di un facile irenismo pacifista, perché Gesù è venuto a portare la pace dei figli di Dio: è una pace che sfida il male, e passa attraverso lotte acute, facendo esplodere laceranti contraddizioni, in cui nascondiamo tutte le nostre ipocrisie.
E’ sempre la pace dell’agnello in mezzo ai lupi: non è la pace di chi si adegua al male, è quella famosa pace del regno di Dio riservato ai violenti – dice Gesù in un altro passo del Vangelo – è la violenza di chi si sacrifica per la pace, di chi si impegna per spuntare anche un solo coltello o di chi con la stessa non violenza paralizza le colonne di carri armati, che non sono stati costruiti per gente pacifica.
La spada che usa Gesù è quella famosa, efficientissima, a due tagli, che usa nel salmo per dividere il bene dal male.
Per chi avesse già messo il cuore in pace, perché si tratta solo di modi di dire sempre esagerati di Gesù, Lui continua sferrando un’altro colpo inusitato, stavolta all’amore naturale, tranquillo di mamma e papà: “Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me”. Mia mamma e mio papà ci resteranno male!
Gesù può non essere amato e ce n’è in giro di gente che lo ostenta pure, ma non può essere amato di meno di un altro: non sarebbe il Signore, da amare con tutto il cuore.
Dio è amore: Se non fosse amato in se stesso non sarebbe Dio e non sarebbe amore!
Di fatto già la sacra scrittura si cimenta con esperienze belle di amore: San Paolo dice – ricordate – “Amo Cristo mia vita, perché Lui per primo mi ha amato e ha dato se stesso per me; alla sua passione per me io rispondo con la mia passione per Lui, sono stato conquistato e anch’io corro per conquistarlo”.
Insomma, l’amore per il Signore non è la devozione per uno dei tanti santi, delle creature sante, dei grandi operatori di miracoli, ma è l’amore definitivo della mia vita e della vita di ogni creatura.
Non solo, ma se è amore vero al di sopra di tutto, immenso, non misurabile, per il Signore, l’amore per i genitori, non lo diminuisce, perché ce l’ha già dentro tutto: i secchi coi quali vuoi amare papà e mamma e che potresti sottrarre dell’oceano dell’amore di Dio, per tanti che siano, sono sempre poca cosa di fronte all’immensità dell’amore per Lui.
Dio amato, diventa la vita di chi lo ama: Se io sono di Lui come Lui per me, mi riempie di amore che contiene ogni mio gesto d’amore.
Fatta questa fatica per capire che non offendo i genitori se amo di più Dio di loro, Gesù ci spinge ancora più in profondità per farci andare oltre. C’è una croce, la tua, perché ciascuno ne ha almeno una, che devi accollarti: è la lotta contro il male che c’è sia in te che nel mondo.
Solo Gesù non ha portato la sua croce, perché ha portato quelle di tutti noi: ciascuno di noi dietro di Lui, come il Cireneo porta la croce di Gesù che in realtà è la nostra su cui egli morirà al posto nostro. Quindi lo seguiamo pure, collaboriamo liberamente alla sua lotta contro il male.
Ci preoccupa la nostra vita? E’ da perdere, perché già per natura sua finisce la nostra vita, ma soprattutto perché se ci fossilizziamo in essa diventiamo egoisti e ne perdiamo il senso vero.
13 Luglio 2020
+Domenico