Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 11, 20-24)
Alla fine della vita umana, ci sarà da rendere conto di essa a qualcuno? Il rendiconto porterà con sé anche una condanna? Ogni religione si pone di fronte a questo problema e ogni persona si domanda: l’esito eterno della nostra vita sarà di felicità o no? Abbiamo da chiarirci termini come: minaccia, punizione, salvezza, felicità, inferno, giustizia, libertà umana e libertà di Dio, che io chiamo le parole della vita eterna.
E’ fuori di ogni dubbio che Gesù, dando la vita per i peccatori, rivela il volto misericordioso di Dio suo Padre: le comunità cristiane delle città citate dal Vangelo – Korazym, Betsaida, Cafarnao – sono luoghi dove Gesù ha compiuto prodigi e miracoli, ha lanciato segni inequivocabili di amore; questi segni li usiamo per convertirci a Lui o per difenderci da Lui?
Le “minacce” di Dio sono profetiche con intento pedagogico, come quelle di una mamma: sono un primo avvertimento per chi ancora non ha capito che il male fa male! Sono efficaci quando si avverano, sono un deterrente per tutte le incoscienze che viviamo, rivelano il male come tale e chi ci vuole bene, perché chi ci minaccia, ci avverte, non vuole il peggio, è proteso al mio bene.
L’altra parola, la “punizione”, prevista dalla minaccia, ha ancora un intento positivo: noi pensiamo che se trasgrediamo Dio ci punisce, cioè a obbedienza premio, a trasgressione castigo, fatali e automatici come si fa con un cavallo o con un cane, con una carezza o un pizzicotto a seconda se fa quel che gli diciamo; Solo quando ragioniamo riusciamo a capire che il male fa male da solo, la punizione viene dallo stesso male.
Se invece a punire è colui che ci dà la norma, non c’è fatalità, c’è il potere libero di chi comanda, Dio o i genitori, che possono anche perdonare.
San Francesco Saverio, il santo di una dolcezza infinita, pensate che diceva che preferiva essere giudicato da Dio che da sua mamma, e qui comincia già ad aprirsi uno spiraglio che invoca uno “spazio abitabile” oltre la punizione.
L’altra parola è la “felicità”: è un sogno di ogni persona che non si adatta mai al dato di fatto, al minimo, vuol sempre andare oltre. La vita è piena di limiti, di delusioni, di sogni infranti, di mali … Il male è l’unico problema dell’umanità, e ogni azione che essa fa è per salvarsi dal male.
Sappiamo però a che abissi può giungere il male nel cuore dell’uomo: il paradiso è il regno di nuovi spazi da abitare oltre la cattiveria umana; la stessa umanità lo sogna, la religione tira in ballo Dio al riguardo di questo male che pare infinito, ma non lo è. La relazione con Lui è salvezza, vita, amore, felicità, superamento d’amore dell’egoismo e dell’infelicità.
L’altra parola è l'”inferno”: è sicuramente il non raggiungere la salvezza, la vittoria sul male. Possiamo pensare che sia una minaccia profetica e punizione pedagogica?! E’ l’unico luogo dove non si può parlare di salvezza, e Dio ci salva da ogni male a condizione che conosciamo che è male, e ne desideriamo venir fuori.
L’altra parola è “giustizia”: giudica e punisce il male, però non vi pone rimedio, e sicuramente Dio è giusto, ma non come noi; il suo giudizio è la croce, dove Dio si rivela proprio molto diverso da noi. La sua è una giustizia eccessiva che sicuramente non accresce il male che facciamo. Lì alla croce vince il male portandolo su di sé, e salva ogni malvagio. Dicendo che Dio è giusto, affermiamo che non tollera il male, non lo vuole e non fa l’ingiustizia, che pure c’è; la sua giustizia però è grazia, il suo giudizio è il perdono: è una giustizia superiore.
E quindi veniamo all’ultima parola, la “libertà” di Dio, che è amare così, e la mia libertà non è tale finché non conosco l’amore di un Dio crocifisso per me, che lo crocifiggo.
Sono libero quando so di essere amato senza condizioni!
Alla fine del mondo, quando apparirà il segno del Figlio dell’uomo, la croce, tutti lo riconosceranno e si batteranno il petto, l’empio brucerà dalla vergogna per la sua empietà.
L’inferno è reale, è il male che siamo, ci aiuta a conoscere il bene, ci apre alla misericordia di Dio. E’ utile parlarne perché chi ascolta non fraintenda Dio e non si chiuda in se stesso, come spesso avviene.
14 Luglio 2020
+Domenico