Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv15, 1-8)
Spesso ti assale una certa insoddisfazione: hai l’impressione che manchi un perno, ti pare di girare a vuoto, di sentirti sterile, scontato, di non produrre bontà.
La spia che c’è qualcosa che non funziona, e che è diventata la malattia del secolo, è che perdi spesso la pazienza, che troppe volte t’arrabbi, magari urli, perdi le staffe, vola qualche parola di troppo.
Credi di avere in mano tu la vita, e quando ti sfugge t’arrabbi per cambiarle il corso, invece resta come prima, con qualche coccio da ricomporre.
E’ il punto di partenza che non è corretto! Abbiamo noi in mano la vita? E’ nostra? Possiamo decidere quello che vogliamo? Che cosa è la vita? E’ un insieme di incognite … per noi vivere
- è quell’insieme di sentimenti, di tensioni, di desideri, di gioie e di speranze, di delusioni e di certezze che noi siamo;
- è il nostro corpo col tempo passato nel silenzio dell’anima o stretto tra i molteplici impegni che non ci lasciano respiro o costretto sotto le domande petulanti di qualcuno;
- è il nostro diario interiore, quel sacrario intenso fatto di gusti, di cose da possedere e da amare, di musiche da ascoltare, di sfizi da cavare;
- è l’insieme delle nostre rabbie, del mandare al diavolo tutti, gridato tra i denti, perché non ne possiamo più e tornare comprensivi a fare quel che dobbiamo;
- è l’insieme delle ore passate senza trovare alcun senso alla vita, anche se preghiamo e abbiamo dimestichezza con le risposte della fede;
- è l’insieme dei doppi pensieri che ci abitano, di cui ci vergogniamo e che nessuno dovrà mai sapere;
- è l’insieme dei progetti e dei sogni, delle fanciullaggini che ancora ci troviamo in corpo, delle piccole soddisfazioni che ci prendiamo e che nessuno capisce;
- è sentirsi fatti per cose grandi, ma trovarsi sempre a piedi come polli;
- è star bene, essere su di giri un giorno, avere progetti di grandi cambiamenti e l’altro invece annoiarsi a morire e non trovare più motivazioni;
- è dialogo intenso e intimo con un Dio, amico, ineffabile e personalissimo e sentire il peso di un vuoto inaspettato;
- è volersi esprimere per quello che si è e sentirsi valutato solo per il ruolo che si ha.
Santa Brigida s’è fatta molte volte queste domande prima di farsi prendere dal Cristo, voleva vivere: ha provato a vivere, non ha lasciato intentato niente nella ricerca della felicità; il mistero della vita l’ha presa, l’ha forse sperperata fino a quando ha capito che la vita non era lei, ma lei stessa era un dono della vita.
Non abbiamo in noi il principio del nostro essere: siamo un mistero a noi stessi, non riusciamo a trovare ragioni sufficienti di vita se non in una relazione, nella percezione di una linfa che scorre dentro di noi, dentro di me, e che ha la sorgente fuori di noi, fuori di me.
“Io sono la vita, voi i tralci: se rimanete in me, farete frutti, la vita non sarà vuota.”
La Vita precede il creato e l’uomo: l’uomo è reso partecipe della vita per un gesto di amore libero e gratuito di Dio. Ogni uomo è riflesso del Verbo di Dio. La vita è perciò un bene “indisponibile”; la persona lo riceve, non lo inventa; lo accoglie come dono da custodire e da far crescere, attuando il disegno di Colui che lo ha chiamato alla vita; non può manipolarlo come fosse sua proprietà esclusiva (dal “messaggio per la vita” del 2006)
23 Luglio 2020
+Domenico