Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 13, 47-53)
La rete raccoglie pesci buoni e pesci cattivi: la rete è una icona del Regno di Dio.
Il regno aggrega tutti senza discriminazione: la chiesa, che ne è una immagine, non sceglie chi è bravo, chi è bello, chi è buono, non nega la fraternità a nessuno.
Nella nostra stessa interiorità ci troviamo a dover fare i conti con una serie di doppi pensieri, di cui ci vergogniamo e che ci vengono alla coscienza non si sa da quale sorgente: nella nostra famiglia convivono bene e male, nella nostra comunità cristiana ci sta il buon seme e il seme cattivo.
La tentazione da affrontare immediatamente è quella dello sradicare il male, per poter avere omogeneità di vite, di pensieri, di tensioni: occorre sradicare, purificare, togliere le mele marce, distruggere, fare piazza pulita, bruciare la terra sotto i piedi al nemico.
Spesso ci assale un santo zelo di purificazione, di pulizia interiore, di ordine esteriore, di cose al loro posto, e vorremmo che la famiglia, la comunità cristiana fosse pura, senza difetti, ma i maggiori disastri derivano proprio dal tentativo di eliminare le persone ritenute cattive: è la teoria della violenza sacra che “a fin di bene” compie somme ingiustizie, perché la chiesa non dev’essere una setta di puri.
Il male è nella nostra stessa vita, non nella vita di quello che abita a due isolati, non al di là del muro, non in oriente, se noi siamo a occidente, non nei Sud del mondo, se noi siamo al Nord, viene nel nostro mondo, nella nostra interiorità, nella nostra famiglia, nella nostra comunità.
Non siamo nati oggi, abbiamo alle spalle i tanti disastri che si sono compiuti nella storia dell’uomo con questo sacro furore, irresponsabile, esteriore dell’andiamo a strappare.
Le radici del male sono troppo forti, sono troppo intrecciate con il bene, con la vita; per cui devi inventare non un sacro furore, ma mettere in atto la misericordia: non è la spietatezza, né l’accondiscendenza che risolve i problemi della compresenza costante di bene e male, ma la capacità enorme che Dio ha dato all’uomo di vincere il male con il bene, perché la presenza del male accanto al bene, rende più vero il bene, più cosciente l’uomo di aver bisogno di Dio, più convinto che è solo con l’aiuto di Dio che possiamo vivere una vita bella, beata e felice.
Se Dio ha fatto il mondo bello, il male è l’occasione per renderlo migliore, il presente è sempre il tempo della pazienza, che – ricordo sempre – essere figlia della fede e sorella della speranza: nasce dalla fede e si accompagna familiarmente alla speranza.
La comunità cristiana – dico sempre – non è una setta di puri, ma nemmeno una banda di malfattori: la misericordia è verso l’altro, verso di noi ci vuole vigilanza e discernimento, sforzo continuo di fedeltà alla parola e disponibilità a fare la volontà di Dio. La misericordia non è da imputare a se stessi per vivere nelle dissolutezza, per garantirci la nostra impunità nel male. Anche questo convivere con il male è il prezzo della libertà che Dio vuole assolutamente garantire ad ogni persona.
30 Luglio 2020
+Domenico