Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 14,1-12)
Quante volte il confronto tra giovani e adulti è a scapito delle giovani generazioni; si dice infatti: “I giovani non capiscono niente, i giovani sono dei bastardi perditempo, i giovani sono senza morale … insomma potremmo anche continuare … mentre gli adulti … noi tutto sommato sono passabili; non siamo stinchi di santo, però siamo più a modo insomma, amano vivere in pace, possibilmente non disturbati.”
Ma non è proprio così.
Giovanni il battezzatore, il battista, è un uomo giusto, deciso, tutto d’un pezzo, una persona di cui c’è bisogno per offrire all’umanità saggezza, discernimento, orientamento alle cose vere della vita: ha aperto una strada nuova nella storia del popolo di Israele, ha cominciato a dare speranza alla gente che lo seguiva sulle rive del Giordano, ma viene decapitato come premio di un ballo. Una vita bella, piena, decisiva per l’evoluzione spirituale del popolo di Israele, ma che viene annullata come se niente fosse. Un ideale, un capolavoro dell’umanità che viene distrutto per un niente.
E sembra tutta colpa di una ragazzina.
Concentriamo l’attenzione su questa figlia di Erodiade, donna che Erode s’è portato a casa rubandola al fratello; è una adolescente, entusiasta, balla da dio, è una vita che esplode, ha voglia di sfondare, sogna continuamente un futuro bello, vuole conquistarsi un suo posto; finora abita nella reggia perché Erode per avere la madre ha dovuto tenersi in casa anche questa mocciosa di una figlia, è poco più che un incomodo e la riuscita di un ballo che le è stato proposto le può cambiare la vita. La ragazza è cresciuta, balla così bene che il re non capisce più niente ed è disposto a darle metà del regno, tutto quel che vuole insomma, basta che dica.
E lei la ragazzina che fa? E’ inesperta ancora, non conosce tutte le malizie del mondo e si fida di sua madre: chissà sua madre che cosa le propone … un adulto stravede per i suoi figli, li pensa sempre ben collocati, al top di ogni classifica, per lo meno una mamma spera che la figlia abbia più fortuna di lei.
E lei, la mamma, l’adulto, la persona per bene, saggia, amorevole, tutta casa e figli che le dice? La testa di Giovanni il battista: il tuo futuro è il mio odio, fatti portare su un piatto d’argento la testa di quel profeta.
Povera ragazza, sbagliatissima madre: non solo è egoista e autocentrata, non solo è cattiva dentro, non solo cova odio, ma non riesce a pensare a niente da donare a sua figlia se non la sua sanguinaria soddisfazione.
Spesso noi adulti siamo una generazione che si comporta così con le giovani generazioni, non abbiamo il minimo rispetto, ci devono solo soddisfare. Dove possono trovare una speranza per la loro vita? La nostra vita quotidiana è abitata ancora da tanti di questi drammi.
Mi piace pensare a san Paolo VI, dentro il dramma di questa nostra umanità capace di tutte le efferatezze, ma con il seme di una speranza che ha la forza di farsi largo: lui ci ha insegnato a orientarci a una grande stima per l’umanità, a rispettare e far crescere e a dare le coordinate necessarie per la faticosa strada della salvezza. Mi piace pensarlo di fronte alla tragica storia del male che distrugge le persone migliori. Ricordiamo tutti il suo grido accorato e drammatico a Dio ai funerali di un uomo giusto, barbaramente assassinato, più che amico, come lo era stato Aldo Moro: “Tu o Dio non hai esaudito la nostra supplica …”
Ricordiamo anche il suo affidarsi a Dio, il suo consegnarsi a Lui che non ha risparmiato suo Figlio per rispettare la nostra libertà di uomini, scommettere sulla nostra dignità e così portarci a salvezza.
“Questo disordine non immobilizza la mano di Dio che può intervenire e può trarre un bene nuovo dal male causato dalla cattiveria della sua creatura”.
“Fa che noi tutti raccogliamo nel puro sudario della sua nobile memoria l’eredità superstite della sua dritta coscienza, del suo esempio umano e cordiale, della sua dedizione alla redenzione civile e spirituale della diletta nazione italiana” … così Paolo VI parlava di Moro.
E vogliamo ricordare la visione di speranza per la nostra umanità di quella bellissima omelia del 7 dicembre 1965 al termine dell’ultima sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II; dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo …
“Questo augusto senato della Chiesa ha considerato la miseria e grandezza dell’uomo, il suo male profondo innegabile, da se stesso inguaribile, e il suo bene superstite, sempre segnato da arcana bellezza e invitta sovranità”.
E non era un umanesimo a buon mercato come qualcuno ha tentato di dire, era radicato nella contemplazione di Dio: “Dio è. Sì. E’ reale, è vivo, è personale, è provvido, è infinitamente buono, anzi, non solo buono in sé, ma buono immensamente altresì per noi, nostro creatore, nostra verità, nostra felicità, a tal punto che quello sforzo di fissare in Lui lo sguardo e il cuore, che diciamo contemplazione, diventa l’atto più alto e più pieno dello spirito, l’atto che ancor oggi può e deve gerarchizzare l’immensa piramide dell’attività umana.”
San Giovanni Paolo II questa contemplazione ha richiamato alla chiusura del Giubileo: “E trovo giusto chiudere queste semplici riflessioni ricordando a noi tutti e soprattutto a chi si carica della grave responsabilità della guerra il suo desiderio di pace, come l’aveva affidato all’ONU: Uomini procurate di essere degni del dono divino della pace. Uomini siate uomini! Uomini siate buoni, siate saggi, siate aperti alla considerazione del bene totale del mondo. Uomini siate magnanimi. Uomini non pensate a progetti di distruzione e di morte, di rivoluzione e di sopraffazione: pensate a progetti di comune conforto e di solidale collaborazione. Uomini pensate alla gravità e alla grandezza di quest’ora, che può essere decisiva per la storia della presente e futura generazione. Uomini ascoltate mediante l’umile e tremante voce nostra, l’eco sonante della Parola di Cristo: Beati i mansueti, perché possederanno la terra; beati i pacifici perché saranno chiamati figli di Dio”
1 Agosto 2020
+Domenico