Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 15,1-2.10-14)
C’è sempre una tentazione semplificatrice riguardo alla vita religiosa, quella di pensare che la salute interiore dello spirito, la vita religiosa, la vita stessa di fede sia regolata da pratiche completamente esteriori: ci si illude che lavarsi le mani abbia conseguenze nella purificazione dei pensieri, recitare qualche formula ripetitiva purifichi o allontani la malizia che abbiamo in cuore, ripetere certe formule sul cibo che si mangia lo santifichi e faccia bene all’anima e tante altre stranezze basate su vecchi detti o antiche tradizioni.
In uno stato ierocratico, cioè comandato da leggi religiose come Israele, si pensava che le macchie dell’anima si potessero mondare con esterne abluzioni: scribi e farisei avevano finito per crederci, vittime come erano dei loro esterni formalismi; si credeva che certe tradizioni ormai avessero il valore di precetto e di conseguenza la loro omissione significava peccare.
E’ naturale che a Gesù, che comincia ad essere visto come nemico della religione dei Padri, questi maestri ciechi preparino il solito tranello con una domanda insidiosa: «Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!?».
Gesù, come sempre coglie il tranello, ma non disdegna la domanda e da essa prende occasione per andare più in profondità a vedere e a preoccuparsi di quello che veramente sporca l’anima, che sicuramente non è cibo o bevanda, ma cattiveria del cuore, pensieri di vendetta, parole di offesa, linguaggi dispregiativi e offensivi.
Chi non svela la vera radice del male, se è una guida della gente, deve riconoscere la sua cecità e capire che una guida cieca può portare anche i buoni su strade sbagliate e se ne deve assumere la responsabilità.
Il puro e l’impuro, il lecito e l’illecito, il bene e il male ciò che crea comunione e ciò che opera per la divisione o il contrasto, ciò che porta felicità o infelicità dipende sempre dal cuore stesso da cui partono pensieri, prospettive dialoghi, opere di bene.
Vorrei dire che partono anche da un cuore che prega, non che recita orazioni, un cuore che si affida e ti affida a Dio e alla sua grande misericordia. Allora è importante per noi che pensiamo veramente alla profondità del cuore: non continuiamo a fare esteriorità, che delle volte ci appagano, perché ci sono delle foto, trasmettiamo youtube, facciamo qualche altra cosa, no … la fede è qualcosa di profondamente interiore, che ha anche delle espressioni, ma soprattutto è il cuore che conta.
4 Agosto 2020
+Domenico