Né commercio, né pretesa con il Signore

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 20, 1-16)

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Se c’è una logica che ci caratterizza tutti è la logica del possesso e della pretesa: questo è mio; ho un diritto sacrosanto di essere pagato; questo  mi spetta e non devo chiederlo a nessuno…

Il Vangelo di oggi, che tratta di lavoratori chiamati a lavorare in vari momenti della giornata e alla fine la sorpresa di essere pagati tutti allo stesso modo … questo Vangelo non è un trattato di economia, ma inscrive nella nostra mentalità un atteggiamento diverso di fronte alla vita, che non può essere mai ridotta a commercio o a scambio.

Davanti a Dio nessuno può vantare titoli di credito per ciò che è puro dono di grazia: è in contrasto con l’etica del capitalismo, materiale o spirituale.

Non è contro la legge o la giustizia: infatti agli operai della prima ora e a tutti gli altri viene dato ciò che è stato pattuito. Siamo però invitati a capire che la legge e la giustizia di Dio è quella dell’amore e della liberalità; la sua retribuzione eccede ogni merito: è un  premio dato a tutti per misericordia.

Nel nostro mondo a modello commerciale, dove quello che più conta è la capacità di barattare, di stabilire accordi, scambi vantaggiosi, condizioni favorevoli, sfruttare l’occasione, intuire le debolezze del compratore per fare guadagni, farsi creativi nel collocare la nostra merce, pensiamo che il nostro rapporto con Dio sia un grande commercio.

L’idea forse la danno anche certe nostre pratiche di rapporto con le cose sacre, con i sacramenti, con le offerte, con i servizi liturgici, con gli oggetti sacri, le visite ai santuari … spesso li facciamo diventare luoghi di commercio anziché di incontro tra la nostra povera vita e la grandezza di Dio.

Crediamo di poter commerciare la nostra salvezza, di comperare la sua misericordia, di sostituire l’amore vero profondo, con le nostre cose, di tenerci il cuore e di dare a Dio solo le cose che abbiamo … e allora accampiamo diritti, rimproveriamo Dio perché non tiene conto di quello che abbiamo fatto, riteniamo di esserci guadagnati il paradiso, una vita bella, felice, solo perché noi abbiamo dato, abbiamo fatto, abbiamo vissuto in un certo modo.

Sono tanti nel Vangelo gli episodi e le parabole che ci mettono in guardia dal trattare Dio come un commerciante, dal vedere la vita credente come un investimento di potenza e di mezzi, come  insomma un grande “do ut des”, ti do perché tu mi dia, un baratto con pretese e furbizie: è così la vita del tempio, quando Gesù rovescia le bancarelle dei cambiavalute che hanno fatto diventare la casa di Dio una spelonca di ladri, una borsa di contrattazione; è così quando Gesù mette al centro i bambini come segno di una vera appartenenza al regno di Dio; è così con la parabola dei lavoratori che vengono pagati tutti allo stesso modo dal padrone a partire da quelli che secondo i nostri calcoli hanno lavorato di meno, hanno meno diritto di essere ricompensati di altri.

Gesù qui è molto deciso: “Prendi il tuo e vattene, devo chiedere a te come posso usare la mia bontà, vuoi essere tu a regolare il fiume della mia carità, l’irruenza del mio amore? Sei tu che butta sangue da ogni poro della mia pelle per amore di questi uomini? Credi che ci sia un prezzo per la vita che io volentieri do per tutti? Ti sei fatto un qualche diritto sul mio sangue, sulla mia gioia di dare senza riserve?”

Gesù non è ingiusto e l’amore suo per noi non ha misura: dobbiamo esserne solo contenti!

19 Agosto 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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