Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 6,17-29)
Nella vita spesso occorre fare i conti con le infinite nostre indecisioni: scopriamo il bene, ne restiamo affascinati, lo vogliamo compiere, ci entusiasma la visione positiva che ci è nata in cuore, ma non ci decidiamo mai.
C’è sempre qualcosa che ci blocca: ora un sentimento, altre volte un legame affettivo, spesso la paura di un confronto con gli altri … si tratta di fare i conti con se stessi e con la nostra convinzione: si vuol fare, ma la decisione è coperta da tanti se e da tanti ma.
Erode ha una vicenda matrimoniale fallita in partenza … si crede onnipotente e si prende la moglie del fratello; il fatto crea grande scandalo nella gente: “Se i nostri governanti si comportano così, che legge stanno difendendo? Che esempio possono essere? “
La coscienza del popolo è precisa e la coscienza di Erode è scossa … ascolta volentieri le parole di Giovanni Battista: lui è sincero, dice quel che pensa, la sua parola viene da lontano, evoca dialoghi profondi con Dio; la sua vita austera lo porta a dire sempre l’essenziale, non è implicato con niente e con nessuno; la sua voce è pulita, la sua testimonianza parla.
E’ un uomo che ascolti volentieri, perché, anche se non lo condividi, fa verità nella tua esistenza, e quando sei nel disordine, la verità è l’unico spiraglio di pace che si apre per la tua coscienza.
Erode ascolta volentieri Giovanni: “Vienimi spesso a trovare, tu mi disorienti, mi destabilizzi, ma la tua parola mi sveglia, mi fa sentire vivo.”
Poi intervengono tutti i lacci della vita, la comodità, il tran tran dei rapporti, i sensi che per qualche momento di ubriacatura ti addormentano l’esistenza … e sei vittima degli intrighi, preferisci stare dalla parte del dato di fatto. Come puoi rivoluzionare a questo punto la vita?
Giovanni però è tutto di un pezzo … forse spera di convertire, l’ascolto attento di Erode potrebbe avverare un cambiamento: gli basta poco per un colpo di reni nella sua coscienza … l’animo è sensibile, un po’ di orgoglio onesto ce l’ha dentro.
E arriva la famosa festa, il famoso ballo, il malefico intrigo di Erodiade; lui, Erode, è un entusiasta, in mezzo a tutti questi accomodamenti della vita di corte, nelle pastoie di un potere che sempre più lo ingabbia, si accende una luce, una estasi: la figlia balla troppo bene, sono troppo belli questi ritmi, questa innocenza, questa leggiadria.
Erode si sveglia, quel che di bello in lui c’è di sogno e di ribellione alla routine ha il sopravvento: “vali metà del mio regno, del mio presente, di quello che credo di avere. Te lo do perché lo meriti: mi hai risvegliato orgoglio assopito e addomesticato, finalmente vedo nella mia famiglia un guizzo di novità. Metà del mio regno.”
E invece gli viene chiesta la voce della sua coscienza: il male è più tenace del bene nelle vita perdute, il guizzo di gioia che per un attimo lo aveva portato al meglio di sé si spegne e si frantuma, la piccola speranza di poter cambiare, di scrollare di dosso il giogo di una coscienza continuamente addormentata, la sete di verità sulla vita gli viene spenta.
La testa di Giovanni il Battista è la sua testa, è la testa del suo sogno di pulizia, di bontà desiderata, della sua nostalgia di una vita diversa, è la decisione che gli è sempre mancata di cambiare.
Divenne triste, ma … «non volle opporle rifiuto».
Che ti costava Erode dare un taglio netto alla tua vita sbagliata?
Che mi costa buttarmi senza riserve in quella fessura di luce che mi si è aperta nella vita?
Perché sono sempre capace di sotterrare ogni speranza di cambiamento, di negare ogni voglia di bene?
Non voglio più essere anche io una trappola di me stesso, come lo è stato Erode.
29 Agosto 2020
+Domenico