Distanza sociale o solo fisica?

Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 18, 15-20)

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Non solo con la complicità della pandemia, ma da tempo si sta instaurando un certo stile di vita in cui si imposta tutta la nostra esistenza possibilmente da “single”: l’altra persona è purtroppo un fastidio in più che è bene evitare; cresce chi vive da solo, chi alla fine della sua vita professionale sogna di poter stare tranquillo, lontano da tutti … si sta da soli incolonnati in automobile, partiti tutti dallo stesso luogo e diretti alla stessa meta, ma rigidamente ciascuno col suo “vestito di latta”; ad ogni studente una stanzetta con bagno e televisione, computer; ad ogni figlio un loculo in cui consumare in solitudine i suoi tempi e interessi, la sua TV, la sua parabolica, il suo telefonino, il suo stereo … così almeno non c’è più da litigare.

Sembrava che la pandemia finalmente potesse scalfire questo isolamento: infatti non ne potevamo più, e abbiamo scoperto che senza gli altri la vita è proprio difficile e impossibile; una distanza fisica necessaria, l’abbiamo fatta diventare “distanza sociale”; i “social” ci hanno aiutato a tessere di nuovo relazioni non solo da gioco, ma anche da lavoro, da progetti, da dibattito, da confronto.

La Chiesa ci ha aiutato a vivere almeno l’essenziale della nostra fede, che è una fede che non si può vivere da soli, ma sempre in comunione con gli altri. Abbiamo patito l’isolamento – lo patiamo ancora adesso – e stiamo lentamente trovando e desiderando la bellezza di vivere almeno la messa assieme, distanti come vogliono le leggi, con la mascherina che non ci permette sufficiente identità, ma almeno la voce, la preghiera, il Padre Nostro detto assieme, il canto, il sorriso, la proclamazione della Parola … la concentrazione dello sguardo di tutti a quell’ostia e a quel calice ci fanno almeno percepire di essere in comunione con i fratelli.

Gesù dice una frase perentoria ai suoi discepoli: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. La Sua presenza nella nostra vita non è nella fantasia, nei nostri pensieri, nelle nostre elucubrazioni solitarie, forse anche in tante nostre preghiere attorcigliate su noi stessi, ma in quel moto tipicamente umano dell’aprirsi all’altro, in quel sentimento basilare di ogni persona di sentirsi bisognosa dell’altro, degli altri, nel suo nome, e di potergli aiutare, nel Suo nome.

Il nostro Dio non è il Dio degli autosufficienti, degli outsider, dei solitari: è il Dio di chi si apre alla compagnia. Anche l’eremita più isolato dal mondo e più sepolto in qualche trappa non incontra e trova Dio se non si porta dietro e dentro, con sé, in Gesù Cristo la maggior quantità di umanità che riesce a pensare, a reggere.

Ogni silenzio che cerchiamo per incontrare Dio rischia di essere uno specchio che riflette noi stessi, le nostre frustrazioni, se non è popolato di volti, di invocazioni, di grida.

Dove è Dio? Spesso ci si chiede …

È lì nella tua vita di coppia, nella tua famiglia, con l’ammalato con cui t’accompagni, coi figli che, man mano crescono ti rubano vita, ma ti danno la presenza di Dio.

Deve esserci anche con le distanze fisiche obbligatorie per evitare il contagio, nel tuo bar dove lavori, con gli amici cui ti apri e costruisci solidarietà.

Che la pandemia non ci distrugga anche questa comunione che in famiglia forse abbiamo scoperto di più, (perché in certe famiglie eravamo come ospiti di un albergo) e che deve essere vissuta sempre in modo nuovo con tutti.

6 Settembre 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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