Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21,33-43)
Chi si immaginava che la sua vita e la vita del mondo in cui vive sarebbe stata una lenta costante graduale evoluzione verso un mondo sempre migliore, ordinato, tranquillo, o per lo meno verso una completezza e armonia più pervasiva, si deve ricredere: gli sconvolgimenti che i fatti impongono, le migrazioni inarrestabili, la scomparsa di confini per la correttezza delle informazioni, le finanze, i popoli rimettono sempre in dubbio ogni buona meta o aspirazione.
La nostra sicumera di avere in mano tutto e di soffrire solo perché ci stavamo annoiando della vita è stata messa a dura prova dalla pandemia: la tua stessa identità che hai cercato di costruirti a fatica, quando vedi che non è più spendibile o nel lavoro o nel campo dei tuoi affetti, ti sta addosso come un peso e vorresti avere agilità per cambiarla.
In questo gioco entra sicuramente anche il tuo mondo interiore: ti sembrava di aver trovato qualche certezza, di aver sistemato anche questa zona “religiosa” della tua esistenza con qualche buona lezione di catechismo e qualche buona abitudine, invece vedi che tutto questo non regge più.
La fede si porta dentro istanze di rinnovamento, esigenze non solo di restauro intelligente, ma di rifondazione. Invece tu la lasci andare alla deriva, nella insignificanza.
Così accade nella coscienza dei singoli, così accade nella famiglia, nella stessa comunità cristiana che cambia radicalmente volto: ci si abitua tra di noi come al colore delle pareti, si tiene in piedi qualche vecchia tradizione e si soffoca o annega in una sorta di “modernità liquida”, perchè ogni slancio profetico, ogni invito al rinnovamento, ogni tentativo di colpo di reni risolutivo … non c’è!
“Perciò io vi dico: vi sarà tolto il Regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare”. Mi pare di vedermi davanti Gesù, che dopo tutti i tentativi possibili di far svegliare l’elefante, di far scattare la corsa, ci saluta e va altrove; è il padrone della vigna, che s’aspettava uva pregiata e invece deve fare i conti con qualcosa di selvatico e di insipido.
Certo Dio è fedele al suo popolo, a ciascuno di noi, alla sua Chiesa, ma non al punto di annullare il suo disegno di amore per l’umanità o di mettere da parte le sue esigenze di verità e giustizia.
Se i cristiani rifiutano, se l’occidente gli volta le spalle, se la cosiddetta civiltà cristiana lo rinnega o lo rifiuta, troverà altri che l’ascolteranno e farà vivere la sua Chiesa, la sposa inseparabile, altrove.
Ecco … sentirci dire questa minaccia oggi che celebriamo la festa di san Francesco, un dono inimmaginabile che Dio ha dato alla nostra vita, alla nostra Chiesa, alla nostra società, alla nostra patria, e anche alla nostra stessa natura, alla sua creazione ci deve far riprendere forza, coraggio, speranza, visioni di mondo belle come il suo cantico di lode che deve ritmare la nostra ripresa di fede, di vita e di cura del creato.
Torniamo a dire … a cantare contenti, e a vivere la vita di ogni giorno “Laudato sì mi Signore”, a risentire Dio nella nostra vita, la sua tenerezza, il suo amore, la sua bellezza.
4 Ottobre 2020
+Domenico