Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 11, 47-54)
Oggi capita molto meno che la disciplina di certi ambienti educativi sia cosparsa di innumerevoli prescrizioni, da appesantire la vita: c’è un ideale da proporre, ma chi ne è responsabile lo soffoca con moltissime condizioni, tanto che non se ne vede più l’obiettivo, non ne risalta più il perché e si resta soffocati da leggi e leggine, obblighi e condizionamenti, prescrizioni …
I farisei in questo erano dei grandi maestri e Gesù che voleva portare serenità, libertà, gioia, non una volta sola stigmatizzò questo difetto, che nasconde non solo sete di potere, ma anche voglia di soffocare; si tratta di esperti della legge, di teologi dei farisei, detentori del potere culturale, che definiscono e programmano quanto altri devono fare per essere salvi, aggravano il giogo della legge attaccandovi a rimorchio un carro di prescrizioni supplementari: è il carico pesante di chi ha la pretesa di salvarsi.
Il giogo di Gesù invece è dolce e il suo carico leggero: la sua misericordia ci alleggerisce sempre di più, svuotandoci di ogni rapina e iniquità.
Le infinite disposizioni che questi cultori della legge escogitano tocca ai farisei portarle. Gesù critica nel – chiamiamolo – “legista” soprattutto il potere culturale: dice e non fa, esercitando il potere su chi fa quanto lui dice.
Mentre i profeti annunciano la parola di Dio, questi cultori della legge, questi legisti, la vanificano, soffocandola in infinite prescrizioni.
Se i loro padri hanno ucciso i profeti per non convertirsi, questi uccideranno la Parola stessa! La loro sapienza è di perdizione: invece di aprire all’invocazione della misericordia, chiude all’autosufficienza della presunzione.
Questi cultori della legge, invece di essere testimoni della sapienza di Dio, portano a consumazione il mistero di iniquità dei loro padri, come loro e come tutti “insensati e tardi di cuore a credere quanto dissero i profeti”.
La sapienza di Dio sa di essere perseguitata e uccisa: è la sapienza della croce, del bene che vince il male, caricandolo su di sé.
Questo capitolo di Luca pronuncia sei “ahimè”, tre per i farisei e tre per i cultori della legge, ma Gesù li ha fatti diventare non un ahimè per loro, ma un ahimè per se stesso, per Gesù stesso, perché se li è caricati tutti sulla croce, dove ha portato su di sé tutta la maledizione della legge e ha pagato il conto per ogni nostro delitto.
Gesù ha iniziato quel “Padre perdona loro perchè non sanno quello che fanno”, che poi ha ripetuto Stefano e tutti i martiri che sono morti per la causa di Gesù Cristo.
15 Ottobre 2020
+Domenico