Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 12, 35-38)
E’ esperienza tipica della nostra umanità: uomini, donne, ragazzi giovani, adulti e anziani, quella di vivere in attesa. Ci aspettiamo sempre tutti qualcosa o qualcuno.
Il nostro essere desidera, aspetta, si protende verso; non è possibile non aspettarsi niente dalla vita.
L’esperienza credente è una esperienza di attesa: è attesa l’esperienza dell’amore, la tensione verso la propria realizzazione, l’attesa di una nascita, di un traguardo di vita, dello stesso futuro.
Ebbene l’attesa ha la possibilità di definire anche la persona che attende: l’uomo, la donna è ciò che attende. Chi attende la morte, diventa suo figlio e produce morte; chi attende il Signore Gesù, ha la sua stessa vita di Figlio di Dio. L’esperienza cristiana è attesa di colui che deve tornare: lo sposo – dice il Vangelo.
Il tempo dell’attesa però non è vuoto: è il tempo della salvezza, in cui noi chiesa dobbiamo testimoniare il nostro Signore davanti a tutto il mondo. Quella salvezza che ci attendiamo da Lui è affidata alla responsabilità dei credenti.
La storia allora è per tutti noi luogo della decisione e della conversione, della vigilanza e della certezza della sua venuta. Le famose dieci vergini che erano in attesa dello sposo si sono subito divise in due gruppi: chi sapeva attendere e ne era sicura e si era preparata con saggezza e chi, invece, “tirava a campare” e si è lasciata chiudere fuori perché all’appello non c’era, stava cercando scuse per la sua svogliatezza, la sua assenza di tensione verso lo sposo.
Ci è chiesta vigilanza che non è mai uno scrutare nel buio, ma tenere accesa davanti al mondo la luce del Signore, quel che Lui dice e fa, la sua tenerezza, il suo amore senza confini. Quando camminiamo come lui ha camminato, prestiamo i piedi al suo ritorno, di cui nessuno conosce né tempi, né modi, ma gli deve restare in cuore la certezza della sua venuta. Se vogliamo essere suoi discepoli sappiamo che Il Signore è la nostra vita, per noi si fa riposo, cibo e bevanda, gioia e forza. Il Signore si cinge per servirci, noi suoi servi, si mette in mezzo a noi come colui che serve. Non è forse questo il senso dell’Eucaristia, lo spazio dell’attesa e della condivisione della cena della vita, del suo corpo e del suo sangue, il servizio inimmaginabile per ogni uomo e donna che gli si affida?
20 Ottobre 2020
+Domenico