Una riflessione sul Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-22)
Anche in questa pandemia l’immagine che ci danno radio e televisioni sono sempre di gente fatta di compratori e venditori: giusto che si dia vita al commercio che permette a molte persone di vivere onestamente … si fanno talmente intelligenti le pubblicità che ti diverti pure mentre ti spremono e ti alleggeriscono il portafogli.
Se poi vai in un paese del terzo mondo vedi che tutti vendono e comprano di tutto, in tutti gli spazi possibili delle strade: non c’è catapecchia che non esponga il suo banchetto vendita. La più nobile ci ha pure una vetrinetta per il posteggio delle mosche.
Vendere e comprare è sentirsi vivi, è sperare, e avere relazioni è riempire la vita. Perché non lo dovrebbe essere anche l’esperienza religiosa, questo bisogno profondo dell’uomo, questo lato misterioso della vita umana?
Presso il tempio di Gerusalemme, punto di convergenza di tutto un popolo, crocevia di attese, di sofferenze, di speranze, crocevia di illusioni e di tensioni, rivoluzioni, vendere e comperare era diventato connotazione determinante.
Non andrai davanti a Dio a mani vuote?! Come puoi pensare che Dio ti benedica se sei così spilorcio? La vuoi pagare quella grandine che hai evitato o ti vuoi proprio rovinare senza evitare la prossima? Sarai un poveraccio, ma due spiccioli per un paio di tortore li puoi scucire anche tu.
Non erano preghiere, non erano dialoghi con Dio, non era abbandonarsi nelle sue mani, era “commerciare” con lui, era ridurre Dio a mercante.
Arriva Gesù, non è la prima volta che va al tempio, anche Giuseppe e Maria un giorno si erano comperati un paio di colombi, ma questa volta non riesce più a “sopportare” questo ritratto che fanno del Suo Padre amatissimo. Il Regno di Dio non è fatto così, il povero non ha pedaggio da pagare per farsi ascoltare dal Signore; la religione di Dio, suo Padre, è la religione del cuore non della borsa.
Dio non si compera, ma si ama!
“Avete fatto della casa di mio Padre un mercato” … e butta all’aria tutto. Quando poi gli chiedono che autorità ha di fare questo rincara la dose e lancia una sfida: “distruggete questo tempio e in tre giorni lo riedificherò”. Dire questo era un reato punibile con la morte, e poco dopo gliela daranno con la crocifissione.
Dice il Vangelo che gli apostoli tennero in mente questo che Gesù aveva detto e capirono più tardi che il tempio era il suo corpo, la sua vita, risorto dopo tre giorni.
Il tempio di marmi e ori non avrà vita molto lunga: a parte la distruzione del 70 da parte dei romani nel giro di poco tempo tutti quei sacerdoti dovranno “cambiare lavoro”. Un rapporto di un procuratore romano degli inizi del II secolo dopo Cristo riferirà a Roma che sono in crisi le macellerie: perchè non si sacrificava più nessun tipo di bestiame.
“Voglio misericordia non sacrifici, il cuore contrito non un portafoglio più appiattito!” … e il tempio per incontrare Dio cambierà completamente.
Anche questo cambiamento di modo di mettersi in relazione con Dio verrà caricato sul conto di Gesù: non tocchi mai impunemente i soldi di nessuno, ma ne esce ripulito, più vero, più autentico il volto di Dio Padre.
9 Novembre 2020
+Domenico