Un percorso da lebbroso caratterizza ancora l’umanità

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 17,11-19)

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Per tanti secoli e oggi ancora per troppi anni, le periferie di villaggi, di città, di luoghi di ricco transito di persone sono stati abitati da bande di poveracci in cerca di elemosina, di aiuto, di una minima attenzione. Tra questi sempre purtroppo si sono ritagliati un posto di maggior miseria i lebbrosi: poveri e senza dignità, con scritta nella carne una condanna senza assoluzione alcuna.

Gesù non li trascura si mette a dialogare con loro e dare anche per la nostra umanità di oggi il dono che Lui è. Da loro nasce una invocazione insistente, intuiscono che non passerà come un viandante qualunque … dicono “Gesù, Maestro” ( ne conoscono nome e grande qualità di tracciatore di vie anche per loro)

Gesù risponde, non stigmatizza la loro situazione, li vuol sanare, guarire, riammettere al mondo delle relazioni di tutti: “Andate e presentatevi ai sacerdoti”.

Un ebreo sapeva che guarire dalla lebbra significava avere una sorta di salvacondotto dei sacerdoti del tempio: hanno la fiducia del centurione, perché partono e lungo il cammino guariscono tutti alla grande.

Ci possiamo fare alcune domande anche noi: Dov’è che mi riconosco lebbroso nella mia vita? Che tipo di lebbra mi disarticola il corpo, un possibile percorso, una compagnia con qualcuno? Cosa mi tiene lontano dagli altri, da Dio? Dove ho bisogno di guarigione? Sono capace ancora di una preghiera fiduciosa in Dio? Oso chiedere cose grandi? Oppure sono ormai troppo rassegnato, in fondo sfiduciato nella mia preghiera? I lebbrosi sono guariti strada facendo. Mi fido abbastanza di Dio da intraprendere il cammino, fiducioso che Lui compirà in me quello che non vedo ancora? In questa pandemia mi affido di più alle statistiche, alle previsioni o ci metto anche tutta la mia voglia di vivere e di far vivere sostenuta da un fiducioso abbandono in Gesù?

Tutti contenti i lebbrosi di aver posto fine a quella tragica reclusione dalla vita, uno solo, il meno pio, il meno “praticante”, anzi in contrasto etnico con il popolo di Israele perché è samaritano, riconosce che Gesù è grande, e ne riconosce onnipotente quel Dio che chiama sempre suo Padre.  

Io ho ancora la saggezza di aprire la testa di alzarne gli occhi per vedere l’azione di grazia di Dio in me? Mi costruisco un animo riconoscente ?

Posso ancora essere tra gli altri nove che non tornano, che faticano a riconoscere l’azione di Dio. Siamo tra quelli che prendono l’azione di Dio per scontata, e sono perciò incapaci di riconoscerne la presenza straordinaria in questa dura lotta per la vita che ci accomuna a tutto il mondo. Colgo l’occasione per riprendere il mio cammino di fede?

Allora almeno mi metto in preghiera, in conversazione a tu per tu con il Signore, come un amico parla ad un amico e  trovo la gioia di dirgli grazie perché l’ho ritrovato. Posso fare come il povero che si avvicina a San Martino e ne riceve copertura sotto il suo mantello, accolto e scaldato dall’amore.

11 Novembre 2020
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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