Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 19, 41-44)
Ci sono dei giorni in cui stai a guardare il comportamento impazzito di un ragazzo, i giri contorti di un drogato, le abitudini incallite di un alcolizzato, le superficialità di qualche ragazza e dici: dove andranno a finire queste vite? Ne vedi l’esito con assoluta certezza: quello si sfracellerà contro un pilone, l’altro non uscirà più dal giro e lo troveremo senza vita per overdose, l’altro ancora, giallo di cirrosi, l’altra su una strada a vendersi… le previsioni non hanno niente di miracoloso: vorresti intervenire, lo fai pure, ma la libertà mal usata, l’incoscienza prevalgono.
Gesù prevede che capiteranno cose brutte anche di Gerusalemme: Lui è in questa santa città a supplicare la gente di cambiare, di ritornare a Dio perché tutti lo hanno abbandonato. Gli urge come passione travolgente e incontenibile il progetto di Regno di Dio, stabilito nella Trinità: è venuto a portare un fuoco sulla terra e vorrebbe che bruciasse tutto il male che c’è nel mondo, ma chi può e deve dare esempio al popolo lo osteggia, lo ritiene un esaltato, tiene di più al proprio potere che al futuro del suo popolo.
Non è così Lui, che prevede la sua morte e la distruzione di una civiltà che si allontana da Dio: e Gesù piange sul futuro della sua città! Il pianto di Gesù non è frustrazione, non è delusione o gettare la spugna, è amore per una libertà buttata, è desiderio di mettersi al posto di chi sbaglia per pagarne lui le conseguenze.
Fra poco salirà su una croce, vedrà compiuto il disegno di riportare l’uomo a Dio, ma non potrà andare mai contro la libertà degli uomini: continuerà a richiamare la bontà di Dio, difenderà tutti dal maligno, dalla vittoria del male sul bene; lotterà ogni giorno della vita del mondo perché ciascuno riconosca il passaggio della sua visita nella vita di ogni persona. Chiamerà altri a fare la sua parte nel mondo.
Il mistero del male ci sarà sempre, anche se non vincerà, perché Lui ha vinto il mondo.
Proviamo a immaginare Gesù, che si aggira in questi giorni per le nostre città in preda alla pandemia che ci avvelena la vita e distorce il futuro. Gesù piange sui nostri egoismi, sullo sfruttamento del disordine ai fini diabolici dei violenti di ogni tipo e ideologia, sull’abbandono in cui sono lasciati i più poveri, sul “si salvi chi può” di noi benestanti rispetto a un coinvolgimento di tutti nella solidarietà, sia delle nostre colpe che hanno causato la pandemia e la mancanza del nostro mutuo aiuto che tarda a farsi strada percorribile dalle persone sole.
Nella nostra storia ci sono stati sempre pianti di persone buone che hanno guadagnato alla bontà i malvagi, al pentimento i peccatori, alla saggezza e al rinsavimento gli assassini.
Gesù piange su Gerusalemme, perché sa di doverla cambiare in una città santa, la nuova Gerusalemme, quella eterna e indistruttibile, ma invita noi ad appassionarci alla vita di chiunque sta su strade pericolose per aiutarli a cogliere in Gesù un amore garantito, una speranza contro ogni disfatta, una bontà che nessuna pandemia può cancellare.
19 Novembre 2020
+Domenico