Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 21, 1-4)
Abbiamo sempre bisogno di sintesi … delle nostre conoscenze, delle nostre esperienze, sia solo umane e concrete, ma soprattutto spirituali e determinanti la nostra esistenza.
I Vangeli sono sempre una miniera di doni che Dio ci fa se lo vogliamo contemplare e dare alla nostra vita un respiro sempre più ampio e più veramente umano.
Se volessimo fare una sintesi del messaggio di Gesù, Luca,ci aiuta a farla così: pone all’inizio della sua vita pubblica la figura di una donna ammalata – la suocera di Pietro – che viene guarita e si mette a servire, e alla fine prima di affrontare la Croce, prima di fare discorsi che preludono al futuro del mondo e della storia, ci presenta un’altra donna: una povera vedova che getta nel tesoro del tempio due monetine, che sono il tutto della sua vita.
Il maestro se ne va, ma non ci abbandona ci lascia questa povera donna che continua a tenerci la lezione fondamentale del Figlio dell’uomo: la sapienza del Vangelo è diversa da quella degli scribi, appena fotografati prima nel loro gettare monete risuonanti nel tesoro del tempio, magari anche con un codazzo di ammiratori: il loro sapere è funzionale all’avere e al farsi notare, al ritenersi primi davanti alla gente e al Signore e quindi affermano la loro potenza; la vedova invece afferma la grandezza e la signoria di Dio sulla sua vita e sulla vita del suo popolo: rende a Dio quello che è di Dio, perché quelle monete sono tutta la sua vita e la rimette nelle mani del Signore.
In questa figura di donna si manifesta il vangelo vivo, il buon profumo di Cristo che diffonde nella storia la tenerezza di Gesù: queste due donne che non contano, rappresentano il principio e il fine del suo servizio fatto all’umanità, riconoscono con il servizio e il dono della vita, il loro Signore che per primo ha dato la vita e l’ha posta al servizio dell’umanità. La potenza del verbo di Dio si sposa con la povertà della vedova e non ha nulla a che fare con la sapienza dei ricchi.
I discepoli di fronte a questi fatti concreti sono chiamati a scegliere: interesserà a loro ciò che prende valore agli occhi degli uomini o ciò che vale agli occhi di Dio? Diventeranno padroni della fede delle persone cui annunceranno il Vangelo o collaboratori della loro gioia?
Non posso qui non ricordare che il mio motto episcopale è proprio “collaboratori della vostra gioia”, scritto in italiano, anche se non è secondo il linguaggio araldico. In latino però avrebbe tradito il vero senso del Vangelo, sarebbe stato “adiutores gaudii vestri”, aiuto della vostra gioia e non collaboratori come dice il testo greco.
Mi serve spesso ricordarlo per esaminarmi e chiedere perdono a Dio se non ho sempre realizzato il mio motto.
Insomma Luca ci vuol dire che alla scuola dei poveri e degli ultimi, frequentati con assiduità e devozione da veri discepoli, la chiesa impara come conoscere e riconoscere il maestro buono: l’unico Signore della vita di ciascuno.
Al posto del sacerdote del tempio che doveva annunciare a tutti la quantità dell’offerta e l’intenzione, Gesù stesso guarda, valuta, stima e dichiara il valore, la consistenza e l’intenzione di quanto essa – questa donna – in silenzio ha gettato nell’ultima delle cassette schierate per raccogliere le offerte.
Questa donna è la personificazione della sapienza del Vangelo, opposta alla stoltezza mondana: è l’amore che vince l’arraffare egoista degli scribi e dei farisei e, Dio non voglia, del nostro arraffare.
23 Novembre 2020
+Domenico