Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 17, 12-13) dal Vangelo del giorno (Mt 10-13)
Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».
Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.
Ci possiamo ribellare fin che vogliamo, possiamo stare giorni interi a discutere, possiamo mettere in atto tutte le nostre intelligenze e difese, ma con il dolore tutti nella vita dobbiamo fare i conti: è scritto nel nostro DNA. Si chiama fatica, si chiama malattia, si chiama offesa subita, ingiustizia, sopruso, si chiama pena o disagio interiore … può essere causato da noi o subìto da altri, sta di fatto che non lo si può ignorare!
Anche nella vita di Gesù, nel suo desiderio solo di far del bene a tutti, di spendersi con generosità per la felicità di ogni uomo, di ogni donna, di ogni malato o disperato, deve mettere in conto la sofferenza: il figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro.
Il gruppetto dei discepoli molto presto si accorge che chi sta con Lui non avrà vita facile, che chi lo segue si troverà prima o poi a dover affrontare solitudine e disprezzo, ingiuste accuse e patimenti.
Non siamo facilmente irenici, tutto sorrisi e emozioni positive: avvento non significa che stiamo aspettando la soluzione di tutti i problemi, che stiamo dimenticando le nostre pene quotidiane, ma solo che abbiamo una sicura compagnia nel viverle, una forza invincibile nell’affrontarle.
Avvento significa essere avvertiti del futuro che ci aspetta e aiutati a trapassare con dignità la vita e i dolori nella compagnia dolcissima di Gesù, il figlio di Dio: è certezza che Dio nel suo misterioso disegno non ci lancia una corda o un galleggiante di salvataggio, dall’alto della sua posizione di superiorità e imperturbabilità, ma si immedesima nella nostra vita, ci sta fianco a fianco a costruire un futuro di salvezza e di senso.
Con Gesù, dentro nei meandri della nostra vita, possiamo sentire sempre la paternità di Dio, la fratellanza con Gesù stesso, e possiamo intravedere il vero futuro di beatitudine di questa umanità: Le guerre, le sofferenze, i mali del mondo sono ridotti a brevi episodi, a spazi di purificazione, a rinascita di una umanità nuova, cui noi possiamo dare il nostro contributo … e la sofferenza non sarà più una condanna, ma una solidarietà e un abbraccio per la vita nuova, perché può contare sempre sulla immedesimazione di Dio nella nostra vita.
Oggi non possiamo dimenticare la mitica apparizione della Madonna di Guadalupe a quel simpatico san Juan Pablo sul Tepeiac, ai loro discorsi semplici e pieni di cura, alle meraviglie che la Madonna apparsa come una meticcia ha espresso per la salvezza degli indios, degli Aztechi passati alla gioia della vita cristiana, in un giorno importante per la loro religione, che era il solstizio d’inverno,segnato ancora al 12 dicembre secondo il calendario Giuliano, e che ha trovato nella Madonna la bellezza dell’essere cristiani, figli di Dio e fratelli di Gesù.
Ed è proprio così che Dio non ci abbandona mai.
12 Dicembre 2020
+Domenico