Una riflessione sul Vangelo secondo Matteo (Mt 21, 24-27) dal Vangelo del giorno (Mt 21, 24-27)
Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».
Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».
Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Non è sempre facile riportare la vita all’essenziale: nasciamo nudi senza difesa, torniamo alla terra senza poterci attaccare a niente, ma riempiamo bene la nostra esistenza di tutto e di più durante il nostro percorso che ci auguriamo il più lungo possibile.
La pandemia sembra che ci voglia caricare di tante preoccupazioni oltre che quella della salute: c’è un meccanismo perverso che ci stritola, occorre consumare di più per aiutare la produzione a decollare, produrre di più è lavoro, lavoro è sicurezza e possibilità di comperare e il cerchio sembrerebbe chiuso se non ne scadesse la nostra qualità della vita che ingrassa troppo in tutti i sensi e si appesantisse in maniera insopportabile, e se non dessimo un altro colpo mortale al creato che non sopporta di essere continuamente depredato senza scampo.
Nel cuore di questo periodo forse ancora di luci e di consumo, ma di grande speranza, attesa e tensione positiva si inscrive, forse per qualcuno fastidioso, ma sicuramente controcorrente, la figura di Giovanni il Battista: per noi il Battista è nome ben definito, autentico, non indicativo di ruolo o missione o per lo meno, lavoro e compito.
Invece significava soltanto e unicamente un’azione controcorrente: battezzatore.
Me l’immagino presentarsi così: “gente, non siete stufi di tutti gli orpelli con cui vi state ingessando la vita? Non vi pare che a furia di fondo tinta, di casual, che sembrano il massimo della semplicità e invece c’è gente impiegata a fare gli strappi e i buchi in punti strategici, di piercing e di brillantini che fanno della vostra testa un “busto da museo”, non riusciate più ad essere voi stessi? Non vi sembra di lavorare più per spuntare al meglio fuori dalla mascherina che per voi stessi? Non riuscite più a far pace con voi stessi e vi riempite di cose. Venite un po’ nel deserto dove abito io, vestito di peli di cammello, un po’ troppo rozzo forse, ma vivo perché mi devo continuamente grattare: toglietevi tutto e buttatevi in quest’acqua rigeneratrice, come quel liquido amniotico del ventre di nostra madre. Verrà dopo di me chi vi riempirà la vita: Ridate allo Spirito il suo posto, che tentate sempre di nascondere e cancellare.”
Dio si attende nella sobrietà e nella essenzialità, anche durante la pandemia: non sarà solo l’attesa del Natale, ma l’attesa di tutta la vita, di ogni vita.
Un posto al bambino Gesù lo stiamo preparando nei nostri pensieri, nelle nostre paure, nei nostri aneliti di pace e serenità, nelle nostre stesse sofferenze? Abbiamo una certezza: per Gesù il presepio non è una melodia o un sogno, o una sacra rappresentazione o una serie di sentimenti infantili, ma è la decisione di stare nella nostra umanità e Lui non ci abbandona mai.
14 Dicembre 2020
+Domenico