Gesù insegnava con autorità una dottrina nuova

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1,21-28)

Audio della riflessione

Nel nostro mondo globalizzato, pluralista, in cui ciascuno pensa di scegliere giustamente con libertà la sua religione, ci si domanda spesso: “la nostra religione è quella vera? Vedo tanti immigrati che professano altre religioni e alcuni ne sono molto più convinti di noi. Ci sono comportamenti di persone sagge che danno motivi di  ragionevolezza delle loro scelte, ma la verità … dove sta?”

Alcune di queste domande se le faceva la gente anche al tempo di Gesù: c’era una religione ebraica cui tutta la gente di allora era “fedele” … arriva Gesù e propone un cambiamento radicale, che poi rivoluzionerà tutto il culto (non più sacrifici di animali, ma spezzare il pane e bere il calice dell’Eucarestia – pesate) … il suo Vangelo  sarà un grande perfezionamento del primo testamento, in continuità, ma nella novità assoluta della sua morte e risurrezione.

Come fa Gesù a giustificare tutta questa novità, che autorità ha di fare questo?

Ecco allora quanto è importante che la gente si accorga di come Gesù insegna: “insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi ”, ed anche che Gesù  definisca quanto insegnava … e si dice nel Vangelo “una dottrina nuova insegnata con autorità”.

Quando parlavano gli scribi davano l’impressione di chi inizia un discorso con “mi dicono di dire”, come il presentatore televisivo, che sarà molto brillante, ma ha sempre in mano una maledetta “scaletta” in cui altri hanno scritto quello che deve fare, non solo, ma ha un auricolare attraverso cui gli sparano nell’orecchio anche le battute da dire.

Anche gli scribi avevano giustamente una sorta di “regia” che dovevano seguire: era la regia del riportare fedelmente i versetti della Torah, della legge, di chiosarli con i pareri autorevoli della scuola rabbinica da cui provenivano, ne riportavano le flessioni, i punti e le virgole, portavano a conoscenza la sapienza concentrata nei commentari.

Quando si presenta Gesù invece è tutta un’altra cosa … Lui è diverso: intanto parla in prima persona, non si mette a dire “mi dicono di dirvi” … oppure “secondo i pareri più importanti che sono stati espressi su questo argomento sembra utile” … oppure “tenendo conto delle varie situazioni” … insomma, gli va qualcuno a chiedere se c’è una speranza nella vita e lui non risponde “vediamo che cosa dicono gli altri. Lui dice: Io sono la via, la verità e la vita; Lui parla in prima persona! A chi ha terrore della morte Lui dice “Io sono la risurrezione e la vita” e lo dimostra con la risurrezione di Lazzaro, del figlio unico di quella mamma vedova; soprattutto lo dimostrerà con la sua risurrezione, con la sua vittoria sulla morte.

E per dimostrare che non si arroga una autorità da sè e che quindi lui è il messia compie una azione tipica del messia, cioè dominare i demoni con quel comando perentorio: “Taci, esci da quell’uomo” … “E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte uscì da lui” – dice il Vangelo.

Il primo comando di tacere era importantissimo, per impedire al demonio di essere lui annunciatore della sua venuta: azione astutissima del demonio per far accusare Gesù di essere in combutta con loro, con i demoni, come gli scribi e i farisei in seguito gli rinfacceranno.

Il secondo “esci da costui” è la prova del potere preannunciato del messia di dominarli: quando sarà accusato in tribunale gli negheranno proprio ancora  l’autorità che si era preso nel cacciare i venditori dal tempio.

Insegnare con autorità e dominare i demoni era la dichiarazione più solenne di essere il Messia!

Sono anche contento di ricordare che oggi in tutto il mondo – perché non c’è chiesa dove non ci siano i salesiani o le salesiane, con oratori, scuole, patronati, associazioni di ex alunni –  si fa la festa di san Giovanni Bosco: un santo piemontese che ha rivoluzionato i modelli di educazione e formazione dei ragazzi e dei giovani … alla fine, una figura di prete di rara santità, di profonda obbedienza alla chiesa e di grandi intuiti innovatori di vita cristiana.

Io gli devo molto della luce e forza donatami nella mia vita passata con i giovani: ne invochiamo l’intercessione per tutti i giovani e i ragazzi e per i loro educatori, a cominciare dai genitori.

31 Gennaio 2021
+Domenico

Perché siamo così paurosi? Non abbiamo ancora fede?

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4,35-41)

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Possiamo fare oggi una domanda alla nostra vita, alle nostre paure, alla nostra fede?

Gesù l’ha fatta ai suoi apostoli, dopo una burrasca da brividi, su una barca riempita continuamente di onde per una gran tempesta di vento: Lui c’era, dormiva tranquillamente e viene svegliato da urla disperate, da un rimprovero “cattivo” … “Non t’importa che moriamo?”

Ancora peggio quel che i discepoli di Gesù dicono dopo il miracoloso salvataggio: “Chi è dunque costui?”

Questi apostoli sono con Lui già da vario tempo, hanno risposto alla sua chiamata con generosità, lo stanno seguendo: sono testimoni di guarigioni, di moltiplicazione dei pani, di cacciata di demoni e ancora si domandano “Chi è dunque costui?”

Avrebbero dovuto  farsi qualche domanda su di lui prima, e aver percepito almeno l’amicizia, la bontà, la compassione per  la gente che diceva essere senza guida: potevano aver fede nella sua parola che era molto di più di predica imbonitrice!

I Padri della chiesa – i primi santi vescovi – hanno spesso visto in questa barca, con Gesù e i discepoli nella burrasca, il simbolo della Chiesa: il mare in burrasca è simbolo delle potenze del male e la parola di Gesù una risposta di salvezza a tutte le nostre paure.

Con questo episodio, che in se stesso non è solo la cronaca di una brutta avventura  capitata, ma che vien usato da Gesù proprio come una parabola, Gesù ci fa capire che tutte le tempeste e le paure della nostra vita personale e della vita delle nostre comunità, della chiesa stessa provengono dalla mancanza di fede, il vero motivo per cui possiamo andare “a fondo”: paura e fede non possono stare assieme.

Quante persone oggi dicono che la Chiesa sta andando a rotoli, che non crede più nessuno e che siamo destinati a scomparire, che siamo troppo cattivi e quindi non ci salviamo più, con la gioia degli atei e una cattiva soddisfazione di molti che ne danno la colpa al papa.

Pensiamo con angoscia a questi tempi burrascosi, stiamo diventando tutti pessimisti … Gesù allora ci domanda con meraviglia: “Non avete ancora fede?”

Nella fede in Gesù si supera sempre tutto, se la nostra fede non dorme, anche Gesù è sveglio e ci salva! Quindi ascoltiamo questo messaggio come un appello alla nostra fede, un messaggio di speranza sicura!

Proprio in mezzo alle difficoltà della vita, anche nella nostra dilagante pandemia, come per Gesù, anche per i suoi discepoli, viene il regno di Dio e Gesù ci dice: “Coraggio, io ho vinto il mondo”.

Lui è più forte di tutte le potenze avverse e supera tutte le difficoltà della storia: tutte le nostre angosce e paure dipendono dal fatto che diciamo anche noi “Chi è costui”?

Abbiamo in molti smesso da tanto tempo di domandarcelo, di accostarlo, di metterlo al centro della nostra vita: qui non si tratta di andare a scoprire una idea nuova su Dio o capire una dottrina difficile, impossibile, ma soltanto affidarci, credere alla persona di Gesù, che è la potenza di Dio.

30 Gennaio 2021
+Domenico

La pazienza è la virtù dei forti, non dei morti

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 26-34)

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Alle volte vedendoci agire, impegnati, desiderosi di concludere, portati all’efficienza, sembriamo quasi non normali: abbiamo fretta sempre!

Spesso ci confessiamo perché abbiamo perso la pazienza, abbiamo lasciato indietro qualcuno che ci chiedeva aiuto, perché pensavamo di dover essere già in un altro posto, oppure ci dispiaceva che la lentezza ci facesse perdere una bella occasione per noi.

Quando eravamo bambini e ci facevano fare piccoli esperimenti di semina, ci veniva voglia e purtroppo non solo quella, di tirare il piccolo filo d’erba del frumento seminato in un piattino per aiutarlo a togliersi dal marcio del seme che – secondo noi – non lo lasciava uscire, e rovinavamo tutto.

Così vorremmo fare per il Regno di Dio che è proprio paragonato da Gesù a un seme gettato nel campo: ci dice esplicitamente e in maniera inequivocabile: tu dormi o vegli, di notte o di giorno, quello germoglia e cresce, senza che tu ti preoccupi del come.

Questo seme è il regno di Dio ed è proprio opera di Dio. Tu non intralciarlo, faresti solo danni … noi siamo soltanto servi!

Chi ha in mano la storia, il mondo, il volto della bontà e della giustizia, del suo regno è Lui, è Gesù: è molto difficile da capire, ma deve essere chiarissima, la priorità assoluta di Dio.

Noi potremmo danneggiare il suo piano, il suo regno: affannarsi, preoccuparsi, agitarsi non serve che a complicare la vita. sia fisica, che spirituale.

Mancare di pazienza significa dire a Dio che tutto dipende da me, non avere fede, idolatrare l’efficienza, per aggiudicare al nostro operato il Regno di Dio.

Dobbiamo abituarci, invece, ad avere somma fiducia nel Signore.

Per imparare meglio questo invito di Dio occorre valutare che posto ha la preghiera nella nostra vita. In genere l’impazienza abita in chi prega poco, in chi non sta a contemplare il Signore perché crede che tutto dipenda da sé: è ritenere inutile la preghiera di domanda, di contemplazione, di condivisione dei nostri pensieri con quelli di Dio; è un atto di superbia che fa fatica ad accettare i piani di Dio nella nostra esistenza.

Se poi si lavora con altri, si corre il rischio di giudicare la pazienza per fannullaggine, l’aspettare per disimpegno, il meditare per una perdita di tempo, e quindi offendiamo pure.

Ancora più profondo è stato Gesù, che ha dovuto patire la sconfitta del suo piano quasi fosse una condanna del Padre: la morte di croce poteva sembrare un fallimento del Regno, invece proprio in quel fallimento Dio stava scrivendo il mondo nuovo, la salvezza per l’umanità.

Il suo Regno che non poteva essere la conquista attraverso la rivoluzione degli zeloti, oppure l’ansietà degli apocalittici che già si preparavano al giudizio finale, oppure il disprezzo dei farisei che puntavano ancora sulla restaurazione dell’osservanza minuziosa di una legge senza anima … ma nemmeno la disperazione di Giuda che si è sentito ingannato da Gesù nel suo piano da sicario.

Il regno verrà certamente perché è di Dio e Dio non viene mai meno alle sue promesse!

Nell’attesa paziente si dà più forza alla volontà che nasconderla nell’attivismo saccente e autoesaltante.

Dice un salmo … “Questo risponderò a chi mi insulta: ho fede nella sua parola.”

29 Gennaio 2021
+Domenico

La Parola di Dio: è luce da accogliere in spazi senza limiti

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 21-25)

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Il desiderio di una luce, quando siamo al buio, è naturale; spesso però intuiamo una luce, ma è velata, non rischiara a sufficienza, ci sono dei veli che non le permettono di diffondersi … è come un sole pallido nella nebbia: è un buon segnale, ma non ti permette di viaggiare sicuro.

Questa luce può essere anche una parola che ci raggiunge nella nostra solitudine: allora … o la rifiutiamo, o la accogliamo senza limitarla e ce ne lasciamo inondare e conquistare.

Se la luce è la Parola di Dio e la misura è l’accoglienza e la fede in essa, col Vangelo di oggi siamo destinatari di  un’altra bella parabola di Gesù: questa Parola ci è stata presentata come un seme e la nostra fede doveva essere in grado di accettarne lo svuotamento per dare vita alla grandezza della messe che ne sarebbe venuta in un terreno generoso che l’accoglieva.

Ora Marco ci presenta la Parola come una luce, e questa luce non deve essere nascosta, coperta, ma raggiante in ogni direzione: l’esistenza umana è illuminata e orientata nel suo cammino, e l’uomo non si smarrisce brancolando nel buio come un cieco, perchè la Parola di Dio  ci svela ciò che è nascosto e manifesta ciò che è segreto; ci svela i profondi segreti del cuore di Dio.

Crea in noi, se la ascoltiamo, una nuova situazione e domanda di essere accolta, come una voce viva cui dare risposta … per questo Gesù dice: “se uno ha orecchi per intendere, intenda” e “fate attenzione a quello che udite”, proprio perché “nella misura” in cui sarà ascoltata, si avranno frutti.

Occorre però lasciarsi penetrare, occorre che il nostro essere, la nostra vita sia immersa in essa, creandole spazi sempre più ampi e adatti perché possa crescere e svilupparsi: non basta fare un vuoto dentro di noi per lasciarle posto, ma occorre accoglierla con ogni disponibilità, accettare le trasformazioni che sa donarci, la vita nuova che scatena, le prospettive che ci apre, le proposte che possono destabilizzarci, ma che modellano la nostra esistenza secondo i lineamenti di Gesù.

Tanto più ampio è lo spazio del nostro ascolto, tanto più la Parola di Dio si espanderà, riempirà la nostra vita e la vita del mondo: se ci chiudiamo ci sarà tolto anche quello che abbiamo, perché scivola via, evapora, svanisce, perde ogni consistenza; invece, se lasciamo che in noi si compia il miracolo di una generosa accettazione prorompe un’abbondanza che ne seminerà ancora e ancora.

Ogg ricordiamo San Tomaso d’Acquino, uno studioso, un santo che ha aperto tutta la sua arguta, umile e grande intelligenza a questa Parola e, fedele ad essa e a quanto allargava i nostri orizzonti umani, ne ha fatto dono prezioso all’umanità aiutandoci ad aprire senza misura alla fede le nostre vite e la cultura dell’umanità.

28 Gennaio 2021
+Domenico

Ci basta la tua semente, la tua Parola

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 1-20)

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Fa parte della nostra esperienza di sempre vedere i tempi della semina, gli strumenti di essa, una certa cultura che ci lega al creato, alle piante, alle erbe, ai prodotti del campo: a tutti è capitato di vedere delle sementi, le abbiamo anche piantate tante volte nei nostri orti; abbiamo preparato il terreno, aspettato il tempo giusto, la luna giusta e poi abbiamo lanciato a piene mani o collocato ad arte il seme nella terra e nei solchi adatti. Da bambini li piantavamo in piattini con acqua e carta assorbente sul davanzale della finestra per vederli con dispiacere marcire e poi risuscitare con foglioline verdi e tenaci.

Gesù con un solenne “ascoltate” incomincia a parlare di un contadino seminatore a una folla che stava sulla sponda del lago, stando seduto in barca, che si era leggermente distaccato dalla riva: al centro del suo discorso c’è questo seminatore, in cui identificherà Dio suo Padre, che sparge a larghe mani la semente.

L’attenzione va prima di tutto al seme: è l’elemento più prezioso dell’operazione del contadino, deve essere una buona semente, può essere anche costata al seminatore, quasi sempre proviene da una parte di un raccolto precedente riservata proprio a questo scopo, ne va della continuità dei suoi raccolti.

Quando per qualche carestia non c’è mietitura, l’anno successivo non c’è semente … e pur di non farla mancare a nessun contadino, nella nostra storia di parrocchie di campagna con la mediazione dei parroci, sono nate le prime solidarietà tra proprietari, che hanno messo a disposizione a fondo perduto parte dei propri capitali perché i contadini potessero comperare seme nuovo e seminare, e così il raccolto successivo avrebbe poi potuto dare luogo a restituzione e a un minimo di benessere: è stata la nascita delle banche cooperative.

E che succede alla semente? Che deve marcire, deve essere affidata all’oscurità della terra, così ostile e dura, deve morire come semente e proprio in questo suo scomparire e morire è garantito il raccolto; da questa morte nasce la nuova pianticella, che poi si sviluppa e produce nuove spighe e nuovi raccolti.

Più avanti il Signore Gesù userà spesso questa immagine: “se il chicco caduto in terra non muore non ci dà nessun frutto”.

Pronti allora tutti a rischiare di far marcire nella terra il seme e sperare nella sua forza nascosta per moltiplicarne la quantità. Il seminatore osserva anche la qualità del terreno poi … purtroppo questo prezioso seme incontra tanti tipi di terreno che riducono il prodotto di tutto il lavoro anche ben fatto di semina: sono la strada, un terreno sassoso, un altro terreno bello, ma senza un minimo di profondità.

Siamo tutti noi con le nostre fragilità … e in questi casi anche se il seme è abbondante o non ne nasce niente, o se nasce muore subito, oppure ne nasce in proporzioni diverse.

E’ tanta l’attenzione del seminatore, tanto chiara la qualità del seme, che si raggiunge anche l’impossibile: il 100 per uno. Ogni grano produce spighe che ne danno cioè cento, inaudito!

Si è partiti da un buon seminatore, purtroppo anche da appezzamenti senza speranza, ma Gesù è grande sempre nell’amore e la sua Parola che è rappresentata dal seme produrrà amore senza fine: Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.

La legge della croce compare nella prima parabola di Marco, aprendoci subito alla speranza.

Un pensiero oggi voglio dedicare a Santa Angela Merici, Bresciana, vissuta in un tempo in cui moltissime in quell’epoca erano le donne che non potevano essere ne spose ne monache, che era l’unica forma di vita religiosa femminile allora ammessa: il loro destino era drammaticamente segnato dall’emarginazione dell’abbandono fino alla mendicità, e proprio per loro angela ripropone, attingendola direttamente dalla sacra scrittura, la condizione sociale di “Vergini consacrate nel mondo”, non una “soluzione di ripiego”, ma una libera scelta di vita che risale alle origini della Chiesa, che ha dato vita a quella “compagnia di vergini” di cui ha avuto intuizione fin dalla sua giovinezza; voleva infatti seminare piante di verginità tra le spine del mondo. Oggi sono chiamate “orsoline”, e sono diffuse in tutto il mondo. Il suo corpo è venerato a Brescia nella chiesa a lei dedicata.

27 Gennaio 2021
+Domenico

Agnelli capaci anche di farsi carico dei lupi

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 10, 1-9)

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Ieri abbiamo apprezzato il grande amore di Gesù per san Paolo, che si è convertito a contatto con Gesù, che aveva guadagnato la sua conversione, come del resto ogni conversione, pure le nostre, sulla croce.

Oggi siamo aiutati a vivere la nostra missione di cristiani da due grandi discepoli santi di Paolo, Timoteo e Tito: hanno imparato da Paolo la tensione della missione, la decisione di testimoniare ovunque Gesù, il suo coraggio e la sua dedizione al Vangelo.

«Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi» è la verità nuda e cruda che Gesù dice ai suoi discepoli che dovevano cominciare da soli a predicare il Vangelo, a far nascere anche in tante altre persone la speranza che avevano visto in Lui.

Il bene è sempre osteggiato … il Vangelo che sembra un bel messaggio di pace crea reazioni incontrollate: il male è pronto a soffocare il bene.

La sua parola è una spada, il suo messaggio un fuoco, il regno di Dio una sfida: è il mistero della cattiveria dell’umanità che indica quanto il male si è radicato dentro di noi, nelle nostre relazioni, nei tessuti sociali.

Uno che vive di furti, non accetta chi gli dice che non può rubare; uno che vive di inganni non si adatta a perdere il suo potere; chi ha impostato la vita sullo sfruttamento non accetta di essere richiamato alla giustizia e di cambiare soprattutto comportamento; lo spacciatore cui vengono sottratti i clienti, perché qualche sforzo educativo riesce a far rinsavire i giovani, non perde impunemente i suoi facili guadagni.

Siamo comunque spesso di fronte al rifiuto: l’annunciatore rifiutato, non si scaglia contro chi lo maltratta e rifiuta il dono di Dio, ma dice “ahimè per te”, denuncia il male, ma ne porta su di sé la ferita e realizza in questo modo l’offerta estrema della salvezza, che è data a tutti senza condizioni, anche a chi rifiuta.

La stessa cosa la fece il Signore Gesù in croce, rifiutato da tutti: chi rifiuta si perde, ma questa perdizione si riflette su colui che è rifiutato, sul missionario, sull’apostolo, su Paolo, su Timoteo e Tito.

Il dramma dell’amore non amato, che non rinuncia mai ad offrirsi, è l’orizzonte in cui si staglia sempre la salvezza, negata a nessuno e donata a tutti: così si percepisce e si sperimenta la serietà del dono e la gratuità dell’amore di Dio, che sa perdersi per ogni perduto, dell’apostolo quindi, del testimone, del cristiano in uscita, che si carica sulle spalle il dono della salvezza da impetrare col dono della sua vita per tutti, come ha fatto appunto Gesù.

Quando san Paolo si reca a Gerusalemme per l’incontro con gli apostoli, porta con sé Timoteo il circonciso, insieme con Tito l’incirconciso, ambedue provenienti dal paganesimo, e riunisce nei suoi due collaboratori simbolicamente gli uomini della legge e gli uomini delle genti, rappresentando così il travaglio dell’annuncio e della convivenza con il mondo giudaico dei primi cristiani e dell’apertura a tutto il mondo dell’annuncio della fede in Gesù.

E’ la bellezza della universalità della nostra fede, della apertura del cristianesimo ad ogni uomo o donna e dell’orizzonte di ogni cristiano testimone.

26 Gennaio 2021
+Domenico

Paolo, perchè mi perseguiti? Tu devi portare il Vangelo fino a Roma

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 16, 15-18)

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E’ la figura di san Paolo oggi che ci coinvolge, e la liturgia ci fa saltare alla conclusione del Vangelo di Marco: celebriamo oggi la sua nuova conversione, che lo ha fatto passare da una violenza convinta e professata con sfrontatezza contro i cristiani … a divenire apostolo.

Ricordiamo che non Paolo solo stava a custodire gli abiti dei lapidatori di Stefano, ma dicono espressamente gli Atti degli Apostoli: “Saulo era uno di quelli che approvavano l’uccisione di Stefano” … ed era tale la sua convinzione e la sua azione persecutoria che dopo la sua conversione, i cristiani, che non sapevano di questa, avevano ancora paura di lui.

Dopo quell’apparizione sulla via di Damasco, la sua vita cambiò radicalmente: si lasciò convertire nel più profondo, e divenne un annunciatore infaticabile e addirittura temerario.

Mise in atto senza remore quello che Marco scrive alla fine del suo Vangelo, quando presenta il comando perentorio di Gesù, un comando che destabilizza, che non permette di stare chiusi nel proprio egoismo, ma apre all’inedito di Dio, alla sua novità assoluta …

Il comando è: andate!

Faceva parte della sua natura essere cercatore, scopritore, comunicatore: si fa viandante Paolo, perché ha dentro di sé una forza incoercibile che è quella di far sapere, di comunicare, di rendere partecipe l’altro della gioia che Gesù ha regalato a lui, che era un persecutore dei cristiani.

Di suo già non era fatto per “tenere per sé”, ma per comunicare a tutti, e trova la sua gioia e conferma lo scopo della sua vita nell’andare …

Gli apostoli hanno fatto molta fatica a entrare in questo ordine di idee: già era sembrata di averla scampata bella quando hanno saputo che Gesù era vivo, che il Sinedrio non aveva detto l’ultima parola su di Lui … grazie a Dio lo avevano incontrato risorto, dopo i giorni bui della passione e morte.

“Ecco – si dicono i discepoli – adesso le cose sono state ben sistemate: si sa chi ha colpa, si sa che Gesù è risorto e questo ci dà una grande gioia” … in questo stato d’animo si sarebbero adagiati se non avessero avuto questo comando perentorio: andate!

“Non sono venuto al mondo solo per aggiornare la vostra vita religiosa, sono venuto a portare un fuoco e voglio che divampi. I confini del popolo di Israele sono troppo angusti, occorre prendere il largo: la mia casa è il mondo, la Parola deve correre ovunque, la salvezza è per tutti!”

Gli apostoli capiranno come obbedire a questo comando dalla vita e dalle persecuzioni …

Paolo  che giunse tra i discepoli e gli apostoli dopo la morte e risurrezione di Gesù, che non visse tutta la fatica degli apostoli di entrare dentro questo slancio universalistico, dopo aver girato in lungo e in largo il medio oriente, Grecia compresa, si lancia nel cuore della civiltà di allora che era Roma e lo decide quando in un processo che volevano intentargli i giudei si dichiara cittadino romano e per questo ha diritto di essere giudicato a Roma dall’imperatore e parte per Roma, dove annuncia Gesù, dove il Vangelo prende casa, nel cuore del mondo di allora.

Il mandato di andare è stato per lui la volontà di Dio di non abbandonare nessun popolo, nessuna nazione e di far giungere a tutti il Vangelo del Figlio Gesù.

25 Gennaio 2021
+Domenico

La grande buona notizia di Gesù: il Vangelo imminente e presente

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 1,14-20)

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Di questi tempi stiamo imparando a sognare ad occhi aperti: tutti ci aspettiamo un nuovo svilupparsi di questo anno … consapevoli degli insegnamenti che ci ha dato l’anno precedente.

Abbiamo dentro tutti qualcosa che ci orienta a una nuova impostazione della vita quotidiana, della vita sociale e della vita personale: ciascuno propone il suo modo di vedere, riempie pagine di giornali, talk show televisivi, conferenze in streaming, che non si fermano solo alla critica, ma propongono prospettive, qualcosa insomma che va oltre le emergenze del momento.

Ecco … Gesù, che stando con la gente percepisce una profonda attesa di novità, di presenza di Dio, si misura con la realtà e con le folle che incontra: la vicenda di Giovanni il Battista purtroppo si è conclusa tragicamente, con la sua decapitazione, e Gesù rompe gli indugi, o, meglio, nello stile dell’evangelista Marco, presenta a tutti la scelta da fare, la “vita per il Regno di Dio”, e snocciola gli elementi chiave di tutto il Vangelo:

“E’ giunto il momento” – il primo elemento – “il tempo è compiuto”: Gli ebrei si sintonizzano subito e capiscono, anche se non sempre vi si dedicano, che il futuro nuovo è ciò che hanno previsto i profeti. Con Gesù è finito il tempo dell’attesa, con Lui il futuro è qui! Non c’è più tempo da perdere, non affannatevi più in vane ricerche: la famosa perla preziosa è a portata di mano.

L’altro elemento: “Il regno di Dio è qui”, è il regno della giustizia, della libertà, della pace, dell’abbondanza, della verità, della fedeltà e dell’amore: un cambiamento radicale del regno dell’uomo. Marco lo descrive come vittoria sul male, sulle malattie, sulla sfiducia, sull’egoismo e in fine sulla morte, nel dono della vita; la vita di Gesù – quindi – è l’inizio di questo irrompere del regno di Dio, aperto all’uomo e inarrestabile.

Terzo elemento: “Convertitevi”, a questo regno si accede solo se c’è una vera conversione: essa è più profonda di qualche pio sentimento, è un voltare le spalle a tutto il passato e mettere al centro Gesù, perché è Lui il Regno, è la luce che è apparsa in Lui. Occorre allora orientare decisamente tutta la nuova esistenza, mettendoci sul cammino che Gesù ha percorso. La storia è giunta alla sua svolta definitiva.

… E l’ultimo, avviso: “Credete al Vangelo”. I tre annunci proclamati da Gesù si riassumono in questo. Occorre affidarsi al Vangelo in persona che è Gesù. Non si tratta solo di un atto intellettuale, che pure serve e nemmeno di comportamenti moralistici, è aderire a tutto ciò che si manifesta, realizza, appare, si fa persona in Gesù.

E’ un atto di maturità: aprirsi, fidarsi, rischiare, coinvolgersi con l’uomo Gesù, Figlio di Dio, entrare nella avventura di Dio; percepire e agire di conseguenza che tutta la vita precedente da buon ebreo o da saggio uomo punta sulla vita e la stessa persona di Gesù, è Lui da imitare.

Una impostazione così come quella di Marco impedisce sicuramente che il Vangelo diventi moralismo o ideologia, ma sempre presa di posizione, nei confronti di Gesù, della sua parola, nel seguire i suoi criteri e tutta l’impostazione della sua vita, fino al colle da cui chiamerà gli apostoli e donerà la sua vita per amore.

24 Gennaio 2021
+Domenico

I suoi parenti lo ritengono pazzo

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3, 20-21)

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Per una qualsiasi grande impresa, una volta stabilita la squadra che la progetta e presiede, si aggregano tutte le persone che ne possono condividere gli obiettivi, i passi concreti, le tappe intermedie … insomma, si creano i collaboratori, che sicuramente dovranno comprendere e contribuire al raggiungimento degli stessi scopi e ideali, e lavorare assieme.

Questo avviene anche per la squadra che si è creato Gesù, ma c’è ancora qualcosa da chiarire proprio riguardo a tutti coloro che saranno chiamati a lavorare per il suo regno: essere dentro ed essere fuori … sono due parole semplici che descrivono la riunione in una casa che Gesù fa con tutti i suoi, e che ha la capacità di aiutare a chiarire la posizione di chiunque vuol lavorare con Gesù.

In questa casa si raduna molta folla – dice il Vangelo – in modo che non potevano neppure prendere cibo … perché non possono prendere questo cibo? Teniamo sempre presente che il Vangelo è stato scritto per la Chiesa, cioè per noi, non è mai solo la cronaca di un avvenimento da giornale.

Il motivo per cui non possiamo prendere quel cibo ci viene subito spiegato: intanto la parola cibo è piena di molti significati, che vanno oltre quello del mangiare. Basta richiamare alcune frasi importanti di Gesù … “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” … “vero cibo è fare la volontà del Padre” … “il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo…

Il racconto del Vangelo dice tutte queste parole, e … “I suoi escono per impadronirsi di lui perché pensano che “è fuori di sé” : questi parenti siamo noi, che pur essendo nella chiesa non crediamo alla sua parola, pensiamo che lui sia pazzo, la sua parola è follia per chiunque abbia buon senso.

Noi quindi non possiamo prendere questo cibo che dà la vita ogni qual volta vogliamo evitare la croce in nome del “buon senso”: San Paolo ci dirà che “la follia di Dio è più sapiente degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini”.

Noi quindi ci impadroniamo di Lui quando in noi prevale il buon senso umano sulla sapienza di Dio! Sulla croce di Cristo infatti Dio ha convinto di stupidità e di inutilità tutta la sapienza e la forza umana.

Non basta quindi essere dei suoi, essere cristiani da generazioni e “per tradizione” per prendere quel cibo che dà la vita: bisogna seguire la logica del Vangelo, senza addomesticare o “adattare” il pensiero di Dio al pensiero degli uomini.

Seguiranno poi gli scribi e i farisei, che grideranno allo scandalo che provoca Gesù, quasi sia un demonio, che dà a lui la possibilità di fare miracoli.

Insomma … Gesù è da seguire, e noi dobbiamo accogliere nel profondo ogni sua parola che è parola di vita eterna.

23 Gennaio 2021
+Domenico

La squadra di Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 3,12-19)

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In tempi di “recovery plan”, in cui assistiamo a continue stesure e cambiamenti di progetti, ma soprattutto a vedere come sarà formata la squadra che realizzerà concretamente tale piano di ristrutturazione dell’Italia, come sta avvenendo per ogni nazione europea, riusciamo a farci un’idea di quanto sia importante, non solo il contenuto di un qualche progetto, ma la squadra che si farà carico di realizzarlo.

Non manco di riverenza se immagino Gesù con un piano … con un piano ben preciso in testa, e soprattutto nel cuore, di cambiamento radicale della vita del mondo che lui chiama Regno di Dio, intento a dare dei volti precisi a questa squadra: 12 in tutto come tante erano le 12 tribù di Israele.

Gesù sale sul monte – dice il Vangelo – monte non è solo indicazione geografica, ma richiama il monte Sinai, su cui Mosè ricevette le leggi, la costituente del popolo di Israele: con Gesù si tratta di dare inizio a un nuovo popolo che abbraccerà tutte le genti; monte sarà quello della Trasfigurazione, dove Gesù rivelerà a tre dei suoi apostoli la gloria futura, ma soprattutto monte altissimo, non in senso geografico, ma per la sua assoluta importanza, sarà il Calvario, dove Gesù si spezzerà e si donerà a tutti e manifesterà definitivamente la sua vera gloria: è da questo stesso monte, prefigurato da Gesù, che chiama e forma la sua squadra, è lì dove crea la sua Chiesa, costituita dall’ascolto della sua voce e dall’avvicinarsi al monte della sua croce, che è la croce di ogni vera gloria umana.

Qui possiamo ben capire quali sono le due caratteristiche fondamentali che costituiscono i dodici, nucleo fondante della sua Chiesa:

  1. Devono “stare con Lui” sul monte, ricevere lo stesso battesimo e bere il suo stesso calice: non è solo uno stare fatto di compagnia, di condividere i momenti intimi della sua vita, per conoscerlo da vicino e seguirlo … anche questo, ma soprattutto è compiere le sue scelte di fondo, condividere la sua sorte, stare nella fila dei peccatori, essere tentato e provato, condividere sul patibolo dello schiavo la nostra morte tra i malfattori, irriso e non creduto da tutti quelli che scapperanno da questa scelta perché crederanno di aver bisogno di un liberatore “diverso”.
  2. E l’altra, farsi carico di una missione, che sembra quasi contraddittoria con lo “stare”, ma sono due aspetti della stessa realtà: testimonieranno il Vangelo solo se sapranno stare con Lui. La loro proposta, la predicazione, la forza persuasiva, l’esempio trascinatore avrà un unico vero e necessario pulpito: il legno della croce. Infatti lo spirito del male sarà soggiogato solo sotto di esso, vinto dall’amore di Dio.

Il nostro errore di cristiani di ieri e di oggi è sempre quello di credere che si possa essere inviati a predicare, a scacciare i demoni senza stare fissi con Lui sulla sua croce: così deve essere anche della Chiesa e di ogni cristiano.

Il suo agire e il nostro è misurato dalla contemplazione che viviamo di Gesù, il volto umano di Dio: non c’è altro modo di testimoniare il Vangelo e vincere lo spirito del male.

Gli apostoli sono stati scelti dalla gente comune, con i pregi e i difetti che abbiamo tutti, generosi e paurosi, fedeli e infedeli, forti e deboli, spavaldi e pure traditori – proprio come noi – mistero di infedeltà e di salvezza.

Lo Spirito Santo verrà donato proprio perché bruci ogni nostra infedeltà e dia la certezza della azione di Gesù, vincitrice della morte per sempre.

22 Gennaio 2021
+Domenico

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