Oggi è Maria che ci presenta Gesù

Una riflessione sul Vangelo secondo Luca (Lc 2, 16-21)

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Oggi, primo giorno dell’anno nuovo, gettiamo ancora il nostro sguardo sul presepio: il centro è sempre Gesù, e la nostra attenzione a Lui oggi è mediata da Maria, la mamma … è con lei che vogliono solidarizzare i pastori, gente semplice, che conosce il bisogno di una donna che ha appena partorito e le portano senza indugio – dice il Vangelo – con un moto spontaneo del cuore, con l’immediatezza di chi vive nella precarietà e ha come unica soddisfazione la solidarietà, il conforto della loro presenza.

I pastori erano gente disprezzata, poco di buono, randagia, gente che vive di rimedi, che regolava il suo orario sulle abitudini degli animali … ma è sempre fatta di persone che hanno un cuore e una dignità, una coscienza e una sensibilità.

I verbi che usa il Vangelo sono una traccia di cammino anche per noi: “Andarono senza indugio”, non si fermano sul verbo venire che indica sempre che sono gli altri che devono girare attorno a noi. Noi siamo il perno, noi siamo quelli da riverire, noi quelli che non si spostano di un’unghia per nessuno, noi quelli che devono essere serviti, noi quelli che sanno tirare le file per far girare gli altri nella nostra orbita … noi, la chiesa, stiamo troppo comodi in attesa che la gente venga; noi i responsabili del bene comune che forse scambiamo l’autorità per un potere, mentre deve essere un servizio sempre … e il servizio ha come primo moto spontaneo il decentrarsi verso chi ha bisogno: andare, uscire invece che stare.

Videro, udirono e riferirono; hanno aperto gli occhi su quel bambino, hanno scritto nella loro mente i fatti, non si sono fermati alle loro fantasie, non sono stati comodi a costruirsi un virtuale asettico, lontano dalla vita, ma hanno fatto esperienza, hanno partecipato alla gioia e alla dolcezza della famiglia di Gesù.

Hanno aperto gli orecchi, hanno visto la parola fatta carne, hanno messo attenzione all’invito degli angeli e al loro canto del gloria … e non hanno tenuto per sé quel che hanno provato: Lo hanno portato subito agli altri, hanno creato subito quel tam tam che genera comunione tra la gente attorno ai fatti della vita, alle notizie belle.

La comunicazione della gioia della scoperta ha cambiato la loro vita sociale, hanno cambiato la noia della quotidianità in stupore, hanno saputo dire alla gente che si doveva aprire il cuore alla novità assoluta della nascita di Gesù.

Avessimo noi ancora oggi la capacità di andare oltre la nostra preoccupazione giusta, ma spesso troppo disperata della pandemia che ci occupa non soltanto i pensieri, ma ci detta anche i luoghi in cui poter stare, le persone da incontrare, gli spazi geografici da abitare.

Ci sentiamo forse solo prigionieri, ma possiamo andare più in profondità su questa nostra esistenza coatta e veder nascere in essa una solidarietà più profonda con il nostro prossimo, una speranza da offrire e non solo la difesa della paura, un sorriso che dagli occhi vince la barriera della mascherina, con lo stile degli operatori sanitari che osano sempre andare oltre le proprie forze e le proprie deontologie per essere sempre umani con tutti.

Il Vangelo dice ancora “Glorificando e lodando Dio”: Dio va lodato e ringraziato sempre, la nostra vita ha bisogno di gesti gratuiti, di sbilanciarsi per la riconoscenza, di riconoscere che siamo creature e che non tutto deve essere calcolo, commercio, tornaconto.

Lodare Dio è ritrovare il nostro posto nella creazione, è uscire dalla nostra sicumera per sentirci tutti figli amati da Dio e quindi fratelli, ma oggi dobbiamo fare attenzione ad un’altro importante “fatto”, detto, scritto, il messaggio di Papa Francesco, che ci aiuta a celebrare con Maria la madre di Gesù la 54° giornata mondiale della Pace, e ci aiuta a riflettere sulla Pace come “cammino di speranza”, fatto di dialogo, riconciliazione, e conversione ecologica; è la “cultura della cura”, che occorre rinforzare e acquisire: Dio nella creazione ci ha fatti così, Gesù ha vissuto tutta la sua vita in questa maniera, ed è il punto più alto della rivelazione di Dio per l’umanità … e ricordiamo anche brevemente i principi di questa cura: la cura della promozione della dignità e dei diritti delle persone, proprio perchè uomini e donne abbiamo una dignità inviolabile, anche quando fossimo imbarbariti come Caino che uccise Abele, Dio intervenne a salvaguardare la sua vita. La Cura del bene comune – un’altro passo: “Il nostro sguardo deve essere sempre rivolto all’intera famiglia umana”. La cura della solidarietà, amore per l’altro come determinazione di impegnarsi per il bene di ogni creatura … e ancora “La cura e la salvaguardia del creato”, perchè da qui deriva la cura della nostra casa comune, la Terra, che stiamo distruggendo sempre di più. Questa cultura nasce in famiglia, si radica nella scuola e nell’università, si allarga a tutte le religioni e a tutte le istituzioni internazionali.

Non ci sarà mai pace senza una vera cultura della vita.

1 Gennaio 2021
+Domenico

Autore: +Domenico

Domenico Sigalini (Dello, 7 giugno 1942) è un vescovo e giornalista italiano, Vescovo emerito della sede suburbicaria di Palestrina. Una Biografia più esaustiva è disponibile su Cathopedia all'indirizzo https://it.cathopedia.org/wiki/Domenico_Sigalini

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