Una riflessione sul Vangelo secondo Marco (Mc 4, 1-20)
Fa parte della nostra esperienza di sempre vedere i tempi della semina, gli strumenti di essa, una certa cultura che ci lega al creato, alle piante, alle erbe, ai prodotti del campo: a tutti è capitato di vedere delle sementi, le abbiamo anche piantate tante volte nei nostri orti; abbiamo preparato il terreno, aspettato il tempo giusto, la luna giusta e poi abbiamo lanciato a piene mani o collocato ad arte il seme nella terra e nei solchi adatti. Da bambini li piantavamo in piattini con acqua e carta assorbente sul davanzale della finestra per vederli con dispiacere marcire e poi risuscitare con foglioline verdi e tenaci.
Gesù con un solenne “ascoltate” incomincia a parlare di un contadino seminatore a una folla che stava sulla sponda del lago, stando seduto in barca, che si era leggermente distaccato dalla riva: al centro del suo discorso c’è questo seminatore, in cui identificherà Dio suo Padre, che sparge a larghe mani la semente.
L’attenzione va prima di tutto al seme: è l’elemento più prezioso dell’operazione del contadino, deve essere una buona semente, può essere anche costata al seminatore, quasi sempre proviene da una parte di un raccolto precedente riservata proprio a questo scopo, ne va della continuità dei suoi raccolti.
Quando per qualche carestia non c’è mietitura, l’anno successivo non c’è semente … e pur di non farla mancare a nessun contadino, nella nostra storia di parrocchie di campagna con la mediazione dei parroci, sono nate le prime solidarietà tra proprietari, che hanno messo a disposizione a fondo perduto parte dei propri capitali perché i contadini potessero comperare seme nuovo e seminare, e così il raccolto successivo avrebbe poi potuto dare luogo a restituzione e a un minimo di benessere: è stata la nascita delle banche cooperative.
E che succede alla semente? Che deve marcire, deve essere affidata all’oscurità della terra, così ostile e dura, deve morire come semente e proprio in questo suo scomparire e morire è garantito il raccolto; da questa morte nasce la nuova pianticella, che poi si sviluppa e produce nuove spighe e nuovi raccolti.
Più avanti il Signore Gesù userà spesso questa immagine: “se il chicco caduto in terra non muore non ci dà nessun frutto”.
Pronti allora tutti a rischiare di far marcire nella terra il seme e sperare nella sua forza nascosta per moltiplicarne la quantità. Il seminatore osserva anche la qualità del terreno poi … purtroppo questo prezioso seme incontra tanti tipi di terreno che riducono il prodotto di tutto il lavoro anche ben fatto di semina: sono la strada, un terreno sassoso, un altro terreno bello, ma senza un minimo di profondità.
Siamo tutti noi con le nostre fragilità … e in questi casi anche se il seme è abbondante o non ne nasce niente, o se nasce muore subito, oppure ne nasce in proporzioni diverse.
E’ tanta l’attenzione del seminatore, tanto chiara la qualità del seme, che si raggiunge anche l’impossibile: il 100 per uno. Ogni grano produce spighe che ne danno cioè cento, inaudito!
Si è partiti da un buon seminatore, purtroppo anche da appezzamenti senza speranza, ma Gesù è grande sempre nell’amore e la sua Parola che è rappresentata dal seme produrrà amore senza fine: Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo.
La legge della croce compare nella prima parabola di Marco, aprendoci subito alla speranza.
Un pensiero oggi voglio dedicare a Santa Angela Merici, Bresciana, vissuta in un tempo in cui moltissime in quell’epoca erano le donne che non potevano essere ne spose ne monache, che era l’unica forma di vita religiosa femminile allora ammessa: il loro destino era drammaticamente segnato dall’emarginazione dell’abbandono fino alla mendicità, e proprio per loro angela ripropone, attingendola direttamente dalla sacra scrittura, la condizione sociale di “Vergini consacrate nel mondo”, non una “soluzione di ripiego”, ma una libera scelta di vita che risale alle origini della Chiesa, che ha dato vita a quella “compagnia di vergini” di cui ha avuto intuizione fin dalla sua giovinezza; voleva infatti seminare piante di verginità tra le spine del mondo. Oggi sono chiamate “orsoline”, e sono diffuse in tutto il mondo. Il suo corpo è venerato a Brescia nella chiesa a lei dedicata.
27 Gennaio 2021
+Domenico